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CINA
il buddhismo segreto

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Siamo nel cuore della provincia dello Shanxi, tra monasteri sospesi su precipizi, maestose pagode di legno e grotte sacre. Qui l'antica religiosità cinese si è conservata intatta. Un buddhismo delle origini a cui Mao aveva proibito ogni espressione. Per la prima volta, Gulliver apre la porta di questo universo dimenticato...

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Cart_Shx.jpg (35262 byte)Timido il sole proietta i primi raggi della giornata sulle costruzioni di cemento. Le strade sono deserte a immerse in un silenzio assoluto. La città sembra abbandonata. Girato l'angolo, alcune figure umane si muovono lentamente, come inuna sorta di danza al rallentatore. I loro movimenti sono sincronizzati e armoniosi, silenziosi come ombre. Senza produrre altro rumore se non un impercettibile fruscio, un gruppo di persone è intento nella pratica mattutina del Taiji. Ecco la prima immagine che Datong, antica città di frontiera nella provincia dello Shanxi, offre di sé. Diventata la capitale cinese del carbone, questo centro minerario delta Cina orientale è il punto d'inizio del viaggio in una delle zone dove più antico è il culto a più radicata la pratica del buddhismo: il Wutaishan.
Datong è poco più che una noiosa cittadina di regime con il suo traffico convulso che, già poco dopo il sorgere del sole, asfissia a ingorga a intasa le sue strade, con veicoli vecchi e fumosi. Basta fare quattro passi nella piazza principale per rendersene conto: gli edifici in stile sovietico circondati dai numerosi tavoli da biliardo disposti all'aria aperta, dove si gioca a tutte le ore e in tutte le stagioni. E tutto intorno, biciclette. Se ne vedono a migliaia, sia nelle strade che nei posteggi. Le loro cromature splendono a riverberano al sole. La città oggi vive delle sue ricchissime miniere di carbone che, assieme a quelle della provincia, soddisfano un terzo del fabbisogno nazionale di questo minerale. Ma queste terre, che sono da sempre una roccaforte del socialismo, costituiscono al tempo stesso un unicum nell'immenso territorio della Cina Popolare: sono sempre state, anche nei momenti più duri a oscuri della rivoluzione culturale, e sono tuttora il centro religioso più attivo e vitale del paese.

II destino di scavare la roccia

Negli Anni 30 il partito comunista organizzò la resistenza agli invasori giapponesi, poi nel '49, preso il potere, cominciò in grande stile lo sfruttamento delle miniere. In virtù della fedeltà al regime dimostrata dal popolo dello Shanxi, il governo preferì chiudere un occhio sulle credenze buddhiste degli abitanti della provincia, a non ci fu repressione. La convivenza tra socialismo a buddhismo si materializza chiaramente una decina di chilometri fuori dal centro, lungo la falesia di Wuzhoushan, dove l'ingresso dello stabilimento di una miniera quasi fronteggia le grotte di Yungang. Sembra quasi che scavare, la roccia o il carbone, sia il destino della gente dello Shanxi. Le grotte sono ricavate da una cinquantina di anfratti lavorati a cominciare dal 450 d.C., durante la dinastia dei Wei settentrionali. L'imperatore voleva regalare al suo popolo un luogo di culto, così diede ordine di scolpire nella roccia decine di statue di Buddha. Anzi, migliaia, se è vero che oggi se ne contano circa 50 mila, di dimensioni che vanno dai pochi centimetri ai 20 metri. Per accedere alle grotte si deve prima superare un variopinto sbarramento umano, composto da gente indaffarata nei più disparati commerci. Si passa tra indovini, cantastorie, proprietari di cammelli per foto ricordo, bancarelle varie e militari con fidanzate.
Una volta entrati, lo spettacolo è notevole. Nella grotta numero cinque troneggia un enorme Buddha seduto, alto 17 metri, scolpito in un corpo unico nella roccia, il volto dorato, le labbra rosse e i capelli color indaco. Intorno, splendidi bassorilie vi raccontano dell'illuminazione di Sakyamuni, il nome con cui Siddhartha è conosciuto dai suoi seguaci, e che significa «il silenzioso saggio del clan dei Sakya». Nella grotta successiva si trovano ancora tre statue di Buddha, molto ben conservate, e alle pareti la storia, rappresentata in 33 scene, che racconta il cammino di Sakyamuni fino al raggiungimento del Nirvana. Le grotte di Yungang, assieme a quelle di Luoyang a di Dunhuang, sono probabilmente i più antichi luoghi di culto dedicati al buddhismo esistenti in Cina. Nei secoli successivi, il concetto di tempio rupestre fu sostituito dal tempio in legno o muratura e dalla pagoda.
Datong fu per secoli città di confine: la Grande Muraglia corre pochi chilometri più a nord, e anticamente segnava il confine con la Mongolia. A Deshengbu i resti di quella immensa fortificazione sono ancora visibili. II villaggio, che un tempo ospitava una guarnigione, oggi è solo un umile borgo rurale, abitato da poca gente. I vecchi nelle case, i bambini che corrono nelle strade e gli adulti a lavorare nei campi di sorgo battuti dal vento, che soffia evocando un passato di invasioni a conquiste.

Capolavoro d'ingegneria

A Yingxiang, 60 chilometri a sud di Datong, si innalza la Pagoda di Legno, una delle più antiche di tutta la Cina: i lavori di costruzione sono cominciati addirittura nell'XI secolo. Tra le varie forme di tempio buddhista, la pagoda è certamente quella che desta maggiore ammirazione. Probabilmente furono importate dall'India nel I secolo a.C., e spesso erano costruite per ospitare documenti o oggetti sacri, oppure per commemorare avvenimenti. Si dice che la Pagoda di Legno sia stata costruita con una particolare tecnica a incastro: non sarebbero stati utilizzati nemmeno un chiodo o una vite, un vero capolavoro di ingegneria. I suoi 97 metri di altezza, esaltati dalla pianura circostante, la portano a perdersi tra le nuvole, che in Cina si trovano ovunque a bassa quota e costituiscono uno degli elementi fondamentali della pittura paesaggistica tradizionale. Nelle vicinanze di Hunyan si trova un altro capolavoro: il Monastero Sospeso. Il tempio è appollaiato sulle pareti a picco del Jinlong Canyon: pali altissimi e sottili ne puntellano dal basso le parti costruite a sbalzo, in modo the l'effetto sia quello di una costruzione che galleggia nel vuoto. II vento soffia raffiche fredde che scendono dalle gole del canyon e si insinuano negli stretti corridoi del tempio, risparmiando le sale che custodiscono le statue delle divinità, protette e riscaldate da grosse stufe. In una di queste, la Sala delle tre fedi, sono conservate le effigi dei fondatori di taoismo, confucianesimo e buddhismo. Pioggia fitta, umidità e aromi mistici vaporizzati nell'aria accentuano la sacralità del luogo. A metà strada tra Datong e Taiyuan, dopo un lungo tragitto e tortuosi saliscendi dove l'asfalto lascia spesso il posto allo sterrato, il villaggio di Taihuai è il cuore del Wutaishan, l'ombelico di questa enclave del buddhismo Mahayana, una delle due scuole in cui si divide questa fede. A differenza della via Hinayana, detta anche «dottrina degli anziani» o «Piccolo Veicolo», diffusa a Sri Lanka, Myanmar, Laos e Cambogia, e che vede il cammino verso il Nirvana come una conquista personale, la via Mahayana, o «Grande Veicolo», contempla che tutte le esperienze personali rientrino in un disegno globale, e che il destino individuale faccia parte di un destino collettivo. La scuola Mahayana è la corrente buddhista di Vietnam, Giappone, Tibet, Corea, Mongolia e Cina. Quella del Wutaishan è una Cina antica, quasi arcaica, lontanissima dalla Cina del nuovo corso visibile nelle grandi città come Pechino, Shanghai, Canton. È una Cina che si è riappropriata delle tradizioni messe al bando ai tempi di Mao a della Rivoluzione culturale, che peraltro da queste parti giunse molto stemperata nei suoi contenuti. Oggi che professare una fede non è più reato, circa il 20 per cento dei cinesi è seguace di qualche religione. Di questi, l'80 per cento è di fede buddhista. Tradotto in cifre, vuol dire un coinvolgimento di circa 200 milioni di praticanti. II Wutaishan è una delle quattro zone sacre ai buddhisti cinesi. Letteralmente significa «montagna sacra dei cinque picchi». II massiccio, the supera i 3000 metri d'altitudine, ha in realtà una forma caratterizzata da quattro pinnacoli, il più alto dei quali, il Yedufeng, è considerato il tetto della Cina settentrionale. Ognuna delle vette rappresenta uno dei punti cardinals, che in Oriente sono cinque: oltre ai quattro in uso da noi, c'è anche il centro. In mezzo alla valle che si trova ai piedi della montagna, il villaggio di Taihuai ospita una quindicina di templi. Enorme nei suoi 50 metre di altezza e completamente tinto di bianco, lo stupa del tempio di Tayuan è visibile da qualsiasi angolo del paese, a serve come punto di riferimento.

Sette file di padiglioni

Costruito durante la dinastia Ming, nel XVI secolo, il tempio di Tayuan originariamente era parte del confinante tempio di Xiantong. Ouest'ultimo, uno dei più grandi, oggi ospita la biblioteca dei Sutra. Costruito in sette file di padiglioni, conta circa 400 stanze. Una piccola collina sovrasta il complesso templare. In cima, su una terrazza, una pagoda bronzea dalle pareti completamente intarsiate da centinaia di figurine del Buddha è considerata un vero capolavoro dell'arte sacra del periodo Ming. Ai piedi della pagoda si tengono le cerimonie di preghiera. L'immagine dei monaci dal cranio rasato, le tuniche nei colori arancio-porpora, ordinate in fila indiana, viene sfumata dai vapori delle lunghe stecche d'incenso che ardono nei bracieri. Poco più in alto, su una collina, al termine di una ripida scalinata di 108 gradini, troneggia il tempio di Pusa Ding. II numero 108 è un motivo ricorrente nell'impianto del tempio e della religione buddhista: 108 sono i grani del rosario e altrettante sono, secondo le credenze cinesi, le pene dell'anima. Con i suoi muri rossi, il tetto giallo-verde e i padiglioni orientati secondo le regole geomantiche del Fengshui, il tempio di Pusa Ding racconta la sua storia di monastero che fu nel corso dei secoli refugio per viandanti, ospedale e luogo d'incontro per le genti di passaggio. Ai piedi della ripida scalinata, ancora oggi resiste l'usanza del piccolo mercatino dove si vendono articoli religiosi e cianfrusaglie: lunghissime stecche d'incenso, rosari dai grani di noci, pellicce di volpe sintetica, consumati libretti rossi coi pensieri di Mao. Unica concessione alla modernità, che qui arriva col contagocce, le lattine di bibite occidentali. II flusso di pellegrini è ogni anno più abbondante, anche se si mantiene su cifre piuttosto modeste. Dai pullman di visitatori scende in maggioranza gente dagli occhi a mandorla: la figura del turista occidentale è ancora piuttosto rara. II tempio di Puhua, il più elevato di tutti, ha la rampa d'accesso formata da 1080 gradini. Vista dal basso, la fiumana di gente che sale con movimenti ondulatori ha l'aspetto di chi vuole purificarsi attraverso la sofferenza. La pace e il silenzio circondano il tempio di Longquan, il più raccolto. I suoi cortili sono i preferiti dagli anziani che, ancora vestiti alla maniera maoista, si danno convegno per sfidarsi a dama, lontani da occhi indiscreti. II tempio di Nanshan ospita nel padiglione principale uno dei tesori del Wutaishan: 18 splendide figure di Buddha a grandezza naturale. Isolato dal resto del mondo dai canonici 108 gradini, il tempio è in una posizione meravigliosa, immerso nel verde, con vista sul fiume che taglia in due la valle. Poco fuori dal paese, il tempio di Bishan è nascosto da un boschetto di conifere che profuma l'aria di aghi di pino. Piccoli padiglioni di mattoni rossi ospitano una bella collezione di statue sacre del periodo Qing, l'ultima dinastia imperiale cinese, tra le quali fa bella mostra di sé un Buddha dormiente in giada bianca, dono dei fedeli birmani. Grossi bracieri consumano le barre di incenso tra i canti e le musiche dei monaci in festa. Nonostante questa forte dominante mistica, anche la vita terrena di Taihuai è interessante. II villaggio è costituito di case a un piano in mattoni di cotto dipinti di grigio, secondo l'usanza cinese, tra le quali cominciano a sorgere piccole attività legate al turismo. Molto curiosi i ristorantini all'aperto specializzati in noodles, gli spaghetti cinesi fatti a mano lavorando una treccia di pasta the con abilissime mosse diventa un groviglio di sottilissimi fili. Abbandonato il Wutaishan, le tortuose strade scendono verso valle, lasciandosi alle spalle cime e nuvole e dirigendo verso Taiyuan, l'ultima tappa del viaggio nelle montagne sacre di quello che fu il Celeste Impero. Due milioni di abitanti, un'aria ligia a severa di capitale di provincia, Taiyuan è un ímportante polo industriale. Ma, come Datong, tra palazzoni a ciminiere, nasconde tesori. II tempio degli Antenati (Jinci), merita una visita attenta. Innalzato mille anni fa sulle rive del fiume Jin in onore del Principe Shuyu, è immerso in un parco di alberi millenari. In città, il tempio di Chongshan (Chongshan Si), del XIV secolo, conserva tre preziose statue: la figura centrale rappresenta Guanyin, la dea della pietà dalle mille mani. Ma qualcosa è cambiato rispetto al mondo antico del Wutaishan, simbolo di una Cina in via di estinzione: davanti all'ingresso, un giovane accende sul braciere il suo fascio di incensi. Poi si ode uno squillo, e il ragazzo si allontana: deve rispondere al cellulare.

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IMMAGINI

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Campana
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Bambini
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Monaco
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Statua di Buddha
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Tempio di Tayuan
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Offerta incenso
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Monache
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Yungang
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Pusa Ding
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Tempio Jinci
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Wutaishan
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Biliardo a Datong
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Tempio sospeso
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Monaci
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