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SAGGI

La Pittura Cinese tra modernità e tradizione

di Carmelita Pippa

1. La decadenza della pittura tradizionale

Il XIX secolo fu un periodo di decadenza non solo civile e politica, ma anche culturale della Cina. In quello scorcio, infatti, del regime imperiale l'apparato statale, compromesso dalla dilagante corruttela e da una sempre più massiccia ingerenza delle potenze occidentali, precipitò in una crisi che coinvolse tutti gli aspetti della società. In questo clima di generale decadimento, anche la figura del pittore, da sempre ospite onorato delle corti1 , declinò al ruolo di semplice servitore di palazzo.

Gli alti valori etico-estetici che da sempre avevano contraddistinto e animato gli artisti delle precedenti dinastie si degradarono dando luogo a mere ripetizioni dei canoni tradizionali, mentre faceva la sua apparizione la pittura ad olio occidentale della quale venivano eseguite pedisseque copie.

L'arte occidentale, importata dai missionari gesuiti, era conosciuta in Cina già dal XVII sec.2 . Mentre allora l'introduzione delle tecniche artistiche occidentali, quali la prospettiva e il chiaroscuro, avevano sì incuriosito ma non intaccato la ricca tradizione della zhongguohua3 , nel XIX sec. questi stessi elementi, col dilagare della occidentalizzazione a tutti i costi, vennero trasposti e pedissequamente integrati nella pittura cinese. Così in questo periodo si assiste ad una produzone di dipinti, in gran parte acquerelli su carta o seta e olii su tela, in cui il pittore cinese unitamente alle proprie conoscenze dell'arte figurativa, inseriva i nuovi espedienti tecnici occidentali.

I risultati erano talvolta gradevoli ed originali dal punto di vista estetico ma, privi come erano di qi yun4 , la "risonanza dello spirito" considerata essenziale per la validità artistica di un dipinto cinese, di scarso valore artistico.

Gli autori di tale produzione, rimasti per lo più sconosciuti, erano attivi nelle zone costiere e nei cosiddetti "porti aperti"5 . Essi dipingevano su commesse di stranieri, mercanti, ufficiali di marina e funzionari di dogana che gravitavano attorno alle zone aperte dai trattati.

Di contro, a Pechino, centro del potere e roccaforte del tradizionalismo e del conservatorismo, si continuava a dipingere alla maniera della Scuola Ortodossa rappresentata dai maestri Wang Shimin (1592-1680), Wang Qian (1598-1652), Wang Hui (1632-1717), Wang Yuanqi (1642-1715), detti anche "I Quattro Wang", e Yun Shouping (1633-1690).

La tendenza all'eclettismo di questi maestri fu sostanzialmente mantenuta invariata dagli ambienti letterari-artistici di corte per tutto il sec. XIX e oltre.

"Prendi il pennello e l'inchiostro dei maestri Yuan, dipingi le colline e le valli dei maestri Song, fondi il tutto con lo spirito e la risonanza dei maestri Tang, solo così otterrai la completezza"6 . Questo l'insegnamento di Wang Hui, precetti che troviamo immutati secoli dopo, come ben rivela, ad esempio, la produzione di Pu Xinyu (1896-1963), artista appartenente alla famiglia imperiale e parente stretto dell'ultimo imperatore Pu Yi. In essa, all'impronta classica dell'esecuzione, sono sempre associati temi stereotipati.
Questo modo descrittivo e acritico di fare arte, definito "accademico", era destinato a scomparire unitamente al decadere del potere imperiale.

2. La "Scuola di Shanghai"

Mentre a Pechino la pittura tradizionale languiva in un'arida iterazione accademica, a Shanghai il panorama artistico appariva quanto mai vivo. Numerosi artisti e letterati, infatti, affluivano a Shanghai, attratti dall'atmosfera cosmopolita di quella città ricca di industrie e di contatti con l'estero, protesi alla ricerca di nuovi spazi culturali e di nuove idee.

Tutto ciò, paradossalmente, permise il rifiorire della cultura classica cinese, affatto intaccata dall'aspetto capitalistico e filo occidentale della città, ma anzi da questo rinvigorita, in una contrapposizione dinamica alla cultura di importazione.

La difesa delle proprie radici culturali, supportata anche dall'arte popolare, fu di primaria importanza per l'unità nazionale del Paese e, in quest'ottica, la "Scuola di Shanghai", come successivamente verrà chiamata, ebbe un ruolo di primo piano.

In pittura la "Scuola di Shanghai" si distinse per lo sviluppo dello stile xieyi7 , in particolar modo quello dei pittori individualisti e degli Otto Eccentrici di Yangzhou8 . Tale stile si contrapponeva a quello accademico per il modo di porsi di fronte all'oggetto della rappresentazione: non più riproducendone l'aspetto reale e fisico, ma quello ideale e intimo.

Lin Yutang traduce il termine xieyi con "espressionista": "il termine espressionista è appropriato poiché, a detta dei maestri Ni Zan e Su Dongbo, dipingere vuole dire esprimere un sentimento e la pittura non deve essere ne copia nè schiava della realtà" (9 ).

Caratteristica comune dei dipinti della "Scuola di Shanghai" è la correlazione che intercorre tra l'iscrizione e il dipinto10 , tra segno calligrafico e segno pittorico che, assieme all'uso del colore, rappresenta il principale elemento di ricerca estetica della scuola.

Le opere di Wu Changshuo (1842-1927), uno dei maestri fondatori della scuola, ben rappresentano tale ricerca: in esse, infatti, sono presenti molti degli elementi peculiari della scuola stessa, non ultima la tecnica meiku. Questa tecnica, il cui nome letteralmente significa "disossata", si caratterizza per l'uso di inchiostri molto diluiti e, a differenza dello stile gongbi, non usa contorni nè tinte piatte. Lo stile xieyi può essere considerato un'evoluzione di questa tecnica da cui si differenzia per la radicalizzazione astratta delle forme e per l'estrema stilizzazione del segno.

Wu rivoluzionò anche la composizione, servendosi in maniera originale di spazi vuoti e spazi pieni, riscontrabili soprattutto nei rotoli verticali, espediente questo che venne usato poi anche in Occidente ad opera degli impressionisti. L'apporto più importante, però, che questo artista diede alla "Scuola di Shanghai" sta nella valorizzazione del colore: nei suoi dipinti, infatti, spesso i pigmenti hanno maggior risalto dell'inchiostro, sia per il particolare modo di fissarli sulla superficie con pennellate una a fianco all'altra e sia per l'utilizzo di colori brillanti quali il rosso, il giallo e il blu. Negli ultimi anni della sua vita Wu Changshuo raggiunse la perfezione stilistica in soggetti di natura floreale come fiori di susino, crisantemi, fiori di loto.


Nel genere paesaggistico tra i pittori della "Scuola di Shanghai" va ricordato Huang Binhong (1863-1954): a lui si deve l'evoluzione e il rifiorire di questo genere, dopo oltre tre secoli di rifacimenti su modelli paesaggistici dei maestri Yuan e dei "Quattro Wang". Huang fu, al pari del suo contemporaneo Qi Baishi (1863-1957), uno dei pochi pittori a riempire album di schizzi eseguiti en plein air, schizzi che poi sviluppava in studio.

Benchè il suo stile non sia propriamente xieyi, esso riflette parimenti spontaneità espressiva nell'esecuzione sciolta e libera. Con efficace paragone egli usava dire che "il lavoro del pennello deve ricordare il lavoro dei portantini nelle strade affollate di una città. Devono essere agili e decisi e allo stesso tempo devono districarsi dal caos della folla. Non devono scontrarsi nè danneggiare il passeggero, nè tanto meno fare movimenti o percorsi inutili"11 .

Tra i pittori della "Scuola di Shanghai" il più atipico e versatile fu Ren Bonian (1840-1896). La sua scarsa educazione culturale per ragioni di carattere sociale lo rese libero dall'imitare gli antichi maestri e da vincoli stilistici troppo rigorosi. La sua produzione spazia dal genere xieyi, alla pittura huaniao (lett. "Fiori e Uccelli") dell'epoca Song fino al più sobrio stile degli Individualisti. In questo egli si serve di trasparenze e tonalità di colore molto simili alla grafica decorativa dell'Art Nouveau.
Ren Bonian non fu pittore speculativo al pari di altri artisti della scuola. I suoi dipinti non emanano nessuna atmosfera contemplativa nè alcuna carica espressiva poichè la scelta dei soggetti fu in gran parte condizionata dai committenti, appartenenti alla media borghesia, più attenti alla resa formale che ai contenuti.

La "Scuola di Shanghai" non si limitò ad operare nella sola regione del Jiangxi ma si estese anche oltre; sull'onda della campagna per la libertà di espressione in arte e contro la massificazione di essa teorizzata da Lu Xun e della quale si dirà appresso, lo stile della scuola raggiunse anche gli ambienti artistici conservatori di Pechino, grazie a pittori quali Huang Binghong, Xu Beihong (1895-1953) e Qi Baishi.

Pittore di fama internazionale, nonchè tra i più popolari in Cina, Qi Baishi rappresenta emblematicamente il valore dell'arte pittorica cinese zhongguohua e la sua attualità nel panorama artistico internazionale12 .

Il successo gli venne da uno stile rappresentativo del tutto personale, che univa gli insegnamenti stilistici della "Scuola di Shanghai" agli elementi dell'arte popolare, retaggio del suo passato di contadino.
Qi esegue i suoi fiori con poche e rapide pennellate alla maniera meiku, così come le foglie sono rese con pochi tocchi di pennello inchiostrato più o meno fluidamente. Spesso nei suoi dipinti si notano spazi bianchi lasciati volutamente e detti feibai, o "bianco volante". Nell'uso del colore le trasparenze del rosso e del nero esaltano il gioco della luce.

Attraverso la conoscenza delle opere di Wu Changshuo, Qi affinò il proprio segno calligrafico e pittorico, assottigliandolo e dando ai suoi celebri gamberi e soprattutto alle loro antenne la parvenza di mobilità e di vitalità.

Le opere appartenenti al periodo della sua maturità artistica rivelano la perfezione della sintesi del segno e della resa impressionista del colore nella migliore interpretazione dello stile xieyi.
Un altro pittore della scuola, Wu Zuoren (1908-vivente) va ricordato per il tentativo di conciliare la pittura tradizionale cinese con la pittura a olio di stampo occidentale.

Ciò è riscontrabile nei numerosi ritratti e nella sua produzione più vasta, dominata da soggetti quali paesaggi stepposi delle regioni ad ovest della Cina e animali originari di quelle zone come cammelli e yak. Le immense distese di quelle terre ben si prestavano all'utilizzo degli spazi vuoti all'interno dei dipinti dove, per contrasto vuoto-pieno, i corpi degli animali si stagliano, nonostante siano appena abbozzati da poche pennellate di diversa gradazione. Wu usò per dipingere carta dalla grana grossa e dal colore giallognolo, particolarmente adatta ad assorbire gli inchiostri acquerellati che spesso usava unitamente al colore seppia13 .

3. L'influenza dell'arte occidentale

Nel primo ventennio del secolo XX, Pechino ritorna sulla scena culturale in una fase storica molto delicata caratterizzata da anarchia politico-economica e da una sempre più massiccia oppressione straniera: in particolare in questi anni il Giappone approfitta del coinvolgimento delle forze europee nella 1a Guerra Mondiale per avanzare indisturbato sul territorio cinese.

È dalle università di Pechino che parte il movimento di riforma letteraria generatosi all'interno della rivista Xinqingnian14 allo scopo di semplificare lo stile letterario appesantito dal pedante studio dei classici. Lo stimolo e i suggerimenti a questo cambiamento venivano in parte dal mondo occidentale. In quegli anni molti studenti ritornavano da lunghi soggiorni di studio in Europa, arricchiti di nuove esperienze artistico-letterarie. Il dilemma di allora era se accettare in toto la cultura straniera per essere moderni e ripudiare la tradizione classica oppure realizzare un compromesso tra le due.

Mentre a Tokyo l'arte e la letteratura occidentali avevano attecchito tanto da creare le condizioni per l'apertura di corsi di arte europea, in Cina questo approccio fu più lento e sofferto. In seguito ai fatti del 4 maggio 1919 il mondo degli intellettuali apparve diviso in due gruppi: quello degli innovatori e quello, dei sostenitori del vecchio stile letterario.

Questi ultimi, attaccati alla tradizione, si opponevano a qualsiasi riforma timorosi che una trasformazione dello stile letterario avrebbe fatalmente causato la decadenza della cultura cinese15 .
A Pechino durante quegli anni, Cai Yuanpei (1868-1940), rettore dell'Università di Pechino, diffuse gli ideali di una nuova libertà intellettuale prendendo spunto dalle correnti artistiche straniere. Egli tenne un corso di arte occidentale e fondò una società artistica che più tardi divenne l'Accademia Nazionale d'Arte sotto la guida di Xu Beihong.

Negli anni successivi alla 1a Guerra Mondiale, molti cinesi partirono alla volta di Parigi e nella stessa Shanghai si crearono atmosfere bohémiennes non solo tra i pittori ma anche negli ambienti del teatro e della prosa.

L'arte divenne una curiosa combinazione di elementi pittorici tipici della scuola parigina, in particolare l'impressionismo, ma ben pochi artisti riuscirono ad andare oltre la semplice riproduzione del ritrattismo e del realismo fotografici propri della tradizione pittorica francese.

Xu Beihong viene considerato, a buona ragione, il migliore ritrattista della Cina moderna. In Europa egli studiò la pittura realista con chiari riferimenti al simbolismo dell'Art Nouveau e anche la pittura a olio. Della sua produzione pittorica è possibile distinguere due fasi: la prima di acquisizione della maniera rappresentativa occidentale, in particolar modo la tecnica ad olio realistica nel ritratto, la seconda, dagli anni trenta in poi, che segna la maturità, caratterizzata dal ritorno alla tradizione pittorica cinese integrata da elementi della tecnica occidentale.

In questo modo egli allargò gli orizzonti della tradizione classica arricchendola con lo studio della forma, del disegno, dell'anatomia, della prospettiva, del chiaroscuro e non ultimo dello scorcio.
Per la prima volta, infatti, nella pittura tradizionale cinese, gli elementi della composizione compaiono ritratti di scorcio conferendo così profondità al dipinto. Effetto insolito nell'arte figurativa cinese, dove da sempre gli elementi raffigurati vivono uno spazio bidimensionale in una narrazione figurativa sviluppata a guisa di scrittura lineare.

Xu era convinto che i tradizionali mezzi espressivi non fossero sufficienti a raffigurare il soggetto pittorico e che la zhongguohua potesse svilupparsi solo se arricchita di elementi di importazione. Il suo stile ebbe successo proprio per il felice incontro tra l'insegnamento dell'arte europea e il genere xieyi dei pittori della "Scuola di Shanghai".

Meno convincenti sono invece i dipinti di Xu eseguiti a olio e marcatamente occidentali; come lui altri pittori in quegli anni sperimentarono lo stile realistico europeo spinti più dalla curiosità che da scelte estetiche precise.

Li Fengmian (1901 - ?) come Xu Beihong è interprete di questa fase innovativa della pittura moderna cinese; a lui va il merito di avere sviluppato uno stile personale con chiari riferimenti all'arte francese. Nei suoi nudi femminili la raffigurazione bidimensionale, come pure i contorni lineari del corpo, ricordano non poco l'arte di Matisse. Ma mentre nei dipinti di Xu gli elementi della tradizione pittorica occidentale sono integrati nel genere raffigurativo cinese, in Li Fengmian le due tradizioni coesistono mantenendosi ben distinte.

Furono molti i pittori che intorno agli anni '30 e '40 presero spunti dalla pittura francese di inizio secolo; il dibattito sull'arte in quegli anni verteva sulle affinità tra i due insegnamenti e sulla loro interazione. In particolare modo venivano prese in considerazione le opere di Gauguin, Matisse e Modigliani, che rappresentavano il corrispettivo occidentale dello stile decorativo orientale nella loro bidimensionalità, assenza del chiaroscuro e uso del segno lineare per racchiudere le forme16 . Le affinità tra le due arti derivavano dal fatto che gli stessi pittori impressionisti, a loro volta, si erano avvicinati all'arte orientale e da essa avevano preso nuovi spunti per superare la tradizione realista.

Anche i pittori post-impressionisti sembravano avere affinità con l'arte pittorica cinese. I paesaggi di Cézanne agli occhi dei pittori cinesi evocavano atmosfere introspettive a loro familiari.
"La grande regola delle metamorfosi del mondo è - per usare le parole del pittore francese – che dipingere non vuole dire riprodurre secondo realtà, bensì ricercare l'armonia dei vari tipi di relazioni"17 .
Il contenuto del pensiero di Cézanne ricordava ai pittori cinesi lo spirito dell'opera di Shi Tao (1641-c. 1717)18 : "La pittura esprime la grande regola della metamorfosi del mondo, la bellezza essenziale dei monti e dei fiumi nella loro forma e nel loro impeto, l'attività perenne del creatore, l'influsso del soffio vitale dello yin e dello yang"19 .

Molto più marcate sono le influenze dell'arte occidentale sull'opera del pittore Fu Baoshi (1904-1965); allievo di Xu Beihong, studiò alcuni anni presso il Collegio Imperiale di Arte di Tokyo dove sperimentò le applicazioni degli stili occidentali sulla pittura giapponese. Ritornato in Cina nel 1936 si dedicò interamente alla pittura cinese tradizionale; il suo modello preferito erano Shi Tao e i pittori individualisti.

4. Realismo e propaganda

Nel 1929 il Ministro per l'Educazione Wang Shizhe, nell'inaugurare la prima esposizione di Arte Nazionale, esortò gli artisti ad uscire dal loro isolamento e a mescolarsi con la gente comune e i problemi del loro tempo. Nello stesso anno venivano pubblicati quattro volumi intitolati "Glorie nel Regno dell'Arte" e dedicati all'arte xilografica internazionale, in cui l'autore, lo scrittore e saggista Lu Xun teorizzava la funzione socio-politica dell'arte realista e di Passa.

Lu Xun (1881-1936) introdusse il concetto di riproducibilità dell'arte e l'incisione xilografica ben si adattava a tale proposito. Essa era il mezzo ideale per educare e propagandare i principi di una coscienza nuova civile e nazionale, sia perchè vantava in Cina una lunga tradizione popolare e sia per la sua intrinseca capacità comunicativa.

Il fattore di riproducibilità venne considerato essenziale non solo per l'arte moderna cinese, ma anche per far conoscere a tutti l'arte del passato: lo stesso Lu Xun eseguì delle riproduzioni con procedimento a calco di lastre tombali dell'epoca Han.

Le prime produzioni xilografiche del nuovo corso denotavano chiare influenze dello Stile realistico-satirico tipico delle incisioni russe, stile che nel corso degli anni venne in parte abbandonato. Anche la scelta dei soggetti ebbe una evoluzione, passando da scene di lotta collettiva o di umanesimo appassionato alla Kathe Kollowitz a immagini di vita quotidiana o a scene edificanti del socialismo.
Importanti per la comprensione del dibattito sullo sviluppo dell'arte figurativa cinese furono gli scritti che Lu Xun pubblicò negli anni '30, dove egli comparava il peso della tradizione con le moderne istanze del mondo dell'arte. I contenuti del suo programma erano la revisione critica delle formule estetiche della pittura tradizionale, la nazionalizzazione dei canoni estetici di importazione, la soppressione del concetto di avanguardia artistica e infine la fruizione di massa del prodotto artistico20 .

Tuttavia nell'opera di Lu Xun rimase insoluto il problema di fondo sul come e su quali principi estetici il patrimonio artistico nazionale dovesse poggiarsi ed evolvere.

È importante sottolineare che quando Lu Xun parla di arte tradizionale non si riferisce alla zhongguohua, da lui peraltro ignorata più per l'assenza di contenuti sociali che per precise finalità estetiche, ma a quell'arte figurativa che più di ogni altra possedeva caratteristiche popolari, ovvero l'illustrazione di libri e l'immagine di capodanno nianhua21 .

Per quanto concerne le considerazioni di Lu Xun in materia di arte occidentale, egli riconobbe la superiorità nella forza espressiva della caricatura e del disegno satirico in generale, ma si dichiarò netto oppositore delle tendenze formaliste proponenti il concetto di "arte per l'arte".

Con l'avvento al potere dei comunisti (1949) si ebbe un incremento della produzione pittorica a olio, la quale proprio per la sua resa ottica venne massicciamente impiegata per immortalare soggetti realistici altrimenti inadatti alla tecnica figurativa cinese, come ritratti di personalità del mondo politico, luoghi storici, opere di propaganda, scene di massa per i quali si richiedeva una trattazione rigorosamente realista.

Ciò che traspare osservando questi dipinti è un'arte asservita non già ad una ricerca estetica ma a valori preconcetti dettati dal potere politico22 .
Questo genere di produzione, infatti, veniva suggerito dagli organi dirigenti solo per scopi puramente strumentali propagandistici. Il pittore veniva spesso inviato in zone agricole o nelle province per trarre ispirazione, ma a causa della sua scarsa adesione alla vita del luogo si trovava a dover affrontare non poche difficoltà di ordine creativo.

Negli scritti che spesso gli autori pubblicavano a commento delle loro opere, sovente affiora il rammarico di non aver saputo rappresentare il soggetto nella sua pienezza emotiva e concettuale e se ne scusa con lo spettatore.

Lo stesso Mao Zedong (1893-1976) nei famosi "Discorsi di Yan'an" (1943) su arte e letteratura distinse chiaramente il contenuto dalla forma, specificando che il compito di quest'ultima fosse solamente quello di esprimere il contenuto nella maniera più efficace. Mao impose in maniera drastica la funzione didascalica dell'arte, limitandola al tempo stesso al solo ambito politico e non a quello morale, e lo fece in maggiore misura di quanto abbiano mai fatto i teorici sovietici.

Diventa perciò evidente come in quel periodo storico i pittori che continuavano a dipingere in stile non realista venissero più tollerati che incoraggiati se non addirittura perseguitati23 .
Negli anni '60, infatti, durante la cosiddetta "Rivoluzione Culturale" e il predominio della "Banda dei Quattro", si ebbe una vera e propria repressione mossa ai danni di tutti quei pittori che perseguivano la zhongguohua e che frequentavano gli ambienti culturali filo-occidentali: molti di questi pittori vennero imprigionati, addirittura torturati e condannati ai lavori forzati. Chi riuscì fortunatamente a fuggire continuò a dipingere all'estero.

5. La politica di apertura e i suoi riflessi nell'arte

Il predominio delle tendenze realiste in arte persistette fino a che la Cina ebbe una politica di stretta osservanza dei principi socialisti.
In seguito alla caduta della "Banda dei Quattro" e alla conseguente svolta verso una politica più liberale e di apertura verso l'esterno, l'arte figurativa cinese vide allargare i propri orizzonti creativi. Abbandonato totalmente lo stile realista zdanoviano della pittura a olio si cercò di recuperare tematiche e stili della tradizione, allargando però la scelta dei soggetti.

Il dibattito teorico di questi anni si sviluppò attorno ad alcune riviste di grande tiratura specializzate in arte e verteva principalmente sull'utilizzo dell'arte occidentale e sulle nuove direttive ufficiali in campo artistico. Crebbe l'interesse per la cultura e l'arte straniera, venuto meno dopo gli anni '30.
La ricerca in quel periodo si articolava su tre posizioni ufficiali: primo lo studio e l'applicazione dell'arte occidentale a prescindere dai suoi contenuti ideologici, una seconda tendenza riprendeva i rigidi principi enunciati da Mao nei "Discorsi di Yan'an" sulle modalità di interazione con la cultura straniera e una terza posizione più moderata sostenuta da artisti e critici amanti della pittura zhongguohua, contrari all'arte occidentale più per motivazioni di carattere formale che ideologiche. Questa posizione riteneva infatti le differenze tecnico-stilistiche delle due arti incolmabili24 .

A parere di questi ultimi, alcuni elementi della pittura occidentale quali lo schizzo dal vero, la prospettiva, l'uso di supporti e di materiali fondamentalmente diversi da quelli usati dai pittori cinesi avrebbero soffocato la natura stessa della pittura cinese minandone i principi basilari come l'esecuzione spontanea, l'essenzialità della forma e la risonanza dello spirito. Il naturalismo e il formalismo a cui l'arte occidentale tendeva dovevano essere assolutamente evitati: il naturalismo in quanto copia meccanica della realtà e il formalismo in quanto interpretazione soggettiva portata all'eccesso astratto dall'esasperazione del concetto di bellezza formale e quindi molto distante dalle masse e non inerente alla vita.

Nel 1978 la mostra tenuta in Cina, "Paesaggi Contadini Francesi del XIX Secolo", in cui si esponevano una ottantina di opere di vari artisti impressionisti tra cui Courbet, Van Gogh, Gauguin, Millet, Renoir, Monet, Pissarro, fu una ulteriore occasione di dibattito.
Nelle critiche alle opere prevalse il giudizio estetico, non più visto attraverso l'ottica politica ma ristretto al solo ambito artistico-culturale.

L'interesse per gli impressionisti e i post-impressionisti, già presente tra i pittori della "Scuola di Shanghai", era dovuto al fatto che le loro opere, a differenza del realismo, introducevano elementi importanti quali l'uso del colore e della luce e le leggi sulla divisione del colore.
Ma il dilemma restava sempre su come assimilare ciò che di più moderno c'era nell'arte occidentale senza per questo negare il proprio passato e venire meno alle esigenze culturali poste dalla società contemporanea.

II critico Wu Guangzhong trovò una risposta al problema riconoscendo nell'arte classica cinese gli stessi elementi formali ai quali l'occidente era allora giunto abbandonando la tendenza realista. Allo stesso tempo Wu esortò gli artisti cinesi ad abbandonare qualsiasi nozione acritica del mondo dell'arte occidentale. Egli scriveva, tra l'altro: "... Noi ci umiliamo a ripetere le cose come pappagalli ma non ci degniamo di studiarle. Inoltre: devono essere proprio le correnti astratte occidentali ad ispirare per prime l'interesse per il problema della bellezza astratta? Certamente no"25 .

Molti pittori già da tempo avevano abbandonato l'osservanza dei canoni estetici occidentali per ritornare a quelli della pittura tradizionale cinese, tra questi ricordiamo Xu Beihong, Pang Xunqiu (? - vivente) e Li Guzhuan (1919 - vivente). Per molti pittori l'approccio all'arte occidentale era essenzialmente motivato da problemi di carattere economico, così Li Guzhuan raccontando del suo passato ricorda le molte umiliazioni subite allorquando era costretto a pagare i mediatori che vendevano i suoi dipinti in stile occidentale agli stranieri.

Il panorama pittorico della Cina odierna si presenta quindi oggi assai ricco di interessanti proposte26 . Osservando i cataloghi delle numerose mostre a carattere nazionale e regionale si rimane stupiti dalla varietà dei prodotti, molti dei quali marcatamente occidentali, ma non sono pochi quei pittori che, coscienti del valore della loro tradizione, sperimentano nuove maniere di trattarla27 . È indubbio che oggi in Cina l'ortodossia ideologica e il rigore della moralità rivoluzionaria si sono attenuati nell'esigenza di riconoscere che anche nella realtà socialista può esserci spazio per sentimenti personali, per il privato e per il benessere socio-economico; cosicchè a tuttoggi dal mondo dell'arte traspaiono e vengono celebrati questi valori di libertà individuale.

MONDO CINESE N. 85, GENNAIO-APRILE 1994

Note

1 Durante tutto il XVIII secolo la pittura cinese di corte conobbe un particolare splendore. Cf., tra le altre opere, The Elegant Brush: Chinese Painting under the Qianlong Emperor, 1735-1795, jointly presented by the Phoenix Art Museum and the Urban Council, Hong Kong, 1986; TSAO JUNG YING, Chinese Paintings of the Middle Qing Dynasty, San Francisco, 1987.
2  Cf. D'ELIA P.: S.J., Le origini dell'arte cristiana in Cina (1583-1640), Roma, 1939; Vanderstappen H., S.V.D., "Chinese art and the Jesuits in Peking", in RONAN & OH, East meets West. The Jesuits in China 1582-1773, Loyola University Press, Chicago, 1988, pp.103-128.
3  Con il termine zhongguohua si intende pittura tradizionale cinese. Essa può comprendere i dipinti su carta e seta, sia ad inchiostro e china, detti anche shucaihua, che a tempere. Essa si distingue dalla pittura ad olio detta youhua.
4  Il termine qiyun viene usato da Xie He nell'opera Gu Hua Pin Lun ("Antica Cronaca della Classificazione dei Pittori") del 400 d. C. circa, in cui compaiono per la prima volta i "sei metodi" (liu fa) ovvero le basi estetiche per tutta la pittura cinese classica. Il primo dei suddetti principi è appunto qi yun shengdong tradotto come "risonanza dello spirito". Il pittore deve cioè essere in grado di "riempirsi" di qi (lo spirito vitale che fluisce in ogni corpo e cosa, per i confuciani, in vari gradi e intensità) prima di iniziare l'opera e mantenersi vibrante di esso durante l'esecuzione affinchè l'opera possieda potere e vitalità, e quindi senso artistico.
5  Cf. CORSI E., "Mercanti e fumatori d'oppio: pittura cinese per il mercato europeo", in MONDO CINESE, n. 75, 1991, pp. 85-89.
6  Cf. SIREN O.: The Chinese on the Art of Painting, London, 1963, p. 201. Sull'atteggiamento critico dei teorici dell'arte del periodo Qing nei confronti dei maestri della dinastia Yuan cf. NELSON S. E., "Rocks Beside a River: Ni Tsan and the Ching-Kuan Style in the Eyes of seventeenth Century Critics", in ARCHIVES OF ASIAN ART, vol. XXXIII,1980, pp. 38-48.
7  Letteralmente traducibile in "pensiero scritto" ovvero modo spontaneo di esprimere in pittura un'idea.
8  Gruppo artistico di otto pittori di Yangzhou, visti di malocchio dalla corte mancese di Pechino per il loro anticonformismo che meritò loro l'appellativo di "Eccentrici". Cf. KAO M. (ed.), Paintings by Yangzhou artists of the Qing dynasty, Hong Kong, 1984.
9  Cf. LIN YUTANG, The Chinese Theory of Art, London, 1967.
10  È noto che nei dipinti cinesi campeggia sempre una scritta (spesso un componimento poetico) strettamente legata al senso del dipinto stesso.
11  Citato in HEJZLAR J., "One Hundred Years of Huang Pinhung", in JOURNAL VYTVARNI UMENI,1964/5, p. 15.
12  Cf. CORRADINI P., "Un pittore cinese contemporaneo: Chi Pai-shih", in CINA 4, Roma, 1958, pp. 50-57; CHO YI-YU, Chinese Aesthetics And Ch'i Pai-Shih, Hong Kong, 1986; PIPPA C., "Qi Baishi: biografia di un pittore", in MONDO CINESE, n. 72, 1990, pp. 31-52.
13  Sull'importanza del supporto cartaceo nella pittura cinese cf. CORSI E.: "Scholars and Paper-makers: Paper and Paper-manufacture according to Tu Long's notes on Paper", in RIVISTA DEGLI STUDI ORIENTALI, vol. 65, 1991, pp. 69-110.
14  Letteralmente "Gioventù Nuova", rivista letteraria dei cinesi progressisti.
15  Cf. GRESELIN F., "Nuovi linguaggi espressivi e nuovi contenuti nell'arte cinese dopo il Movimento del 4 maggio", in ATTI del Convegno "La Cina a sessant'anni dal Movimento del 4 maggio: analisi critica e bilancio della trasformazione politica, sociale e culturale", Roma 19-21/12/1979, CINA 16, Roma, 1980, pp. 183-194.
16  Per la produzione pittorica cinese degli anni '30 e '40 cf. MUSÉE CERNUSCHI, Exposition de peintures chinoises contemporaines, Paris, 1946; GIUGANINO A., "Note sulla pittura cinese moderna", in CINA 5, Roma, 1959, pp. 7-32.
17  Citato in Hu Dezhi "Non bisogna ignorare qualsiasi strada che porta verso la verità", in MEISHU, 7, 1980, pp. 40-43 (in cinese).
18  Cf. GIUGANINO A., "Le due pietre: Shi-ch'i e Shih t'ao. Pittori individualisti del secolo XVII", in CINA 1, Roma,1956, pp. 41-79; COLEMAN E. J., Philosophy of Painting by Shih T'ao, The Hague, 1978.
19  Il passo è tratto da Hua Yu Lu di Shi Tao, cap. III.
20  Cf. GRESELIN F., Artisti e piccole cose - Lu Xun e la svolta realistica nell'arte figurativa cinese, Venezia, 1984.
21  Le più antiche immagini di nianhua risalgono al XIII secolo ma l'uso esisteva già molto tempo prima. Nell'antichità le stampe di capodanno raffiguravano icone rinnovabili di anno in anno e la cui funzione era quella di proteggere le abitazioni dagli spiriti maligni. Sotto la dinastia Ming (1368-1644) i nianhua diventarono ritratti di celebri eroi e altre immagini simboliche con decorazioni molto curate; sotto la dinastia Qing (1644-1911) la scelta dei soggetti si allargò comprendendo anche paesaggi e illustrazioni tratte da racconti e drammi popolari. In seguito alla diffusione delle stampe religiose del cristianesimo i nianhua vennero influenzati dallo stile espressivo dell'arte religiosa occidentale. Da sempre espressione dei sentimenti e delle aspirazioni del popolo, durante il governo del Guomindang le immagini più ricorrenti furono quelle di bambini grassoccelli ritratti con una carpa in mano, simbolo della ricchezza e dell'abbondanza, regate di battelli dragone, simbolo di gioia e di festa e, non ultimi, immagini di eroi nazionali. In seguito all'ondata di realismo nelle varie arti anche i nianhua diventarono mezzi di espressione facilmente fruibili per educare le masse, così gli artisti di Yan'an, la capitale delle regioni sotto il controllo dei comunisti, sostituirono le vecchie "divinità della porta" con immagini raffiguranti i nuovi eroi del popolo: operai e compatrioti modello. Nel 1950 più di 400 soggetti furono editi in 26 città, nel 1953 oltre 40 milioni di immagini vennero affisse sui portoni delle abitazioni dei cinesi. A tutt'oggi ogni anno il Ministero degli Affari Culturali premia la migliore immagine del nuovo anno. Sull'importanza attribuita da Lu Xun ai nianhua, cf. HU MAN, Zhongguo Meishu Shi (Storia dell'arte cinese), Pechino, 1954, pp. 164-165 (in cinese).
22  Cf. GRESELIN F., "Considerazioni generali sui rapporti tra artisti e potere in Cina dal 1949 ad oggi", in ANNALI DI CA' FOSCARI, Rivista della Facoltà di Lingue e Letterature Straniere dell'Università di Venezia, anno XXX, 3, Serie Orientale 22, 1991, pp. 278-305.
23  Cf. HSIA T.C., "Literature and Art under Mao Tse-tung ", in TRAGER F.N. & HENDERSON W., Communist China 1949-1969. A twenty-year appraisal, New York, 1970, pp. 199-220.
24  Cf. HSIUNG TZU-CHIEN, "The Marx-Engels Theory on Realism in Literature and Art: New Interpretations in Mainland China", in ISSUES & STUDIES, A Journal of China Studies and International Affairs, vol. 20, no. 2, 1984, pp. 57-74.
25  Cf. Wu Guangzhong, "La bellezza formale della pittura", in MEISHU, 5,1979, p. 33 (in cinese).
26  Numerose sono, nel mercato librario, le pubblicazioni contenenti riproduzioni di opere artistiche cinesi contemporanee. Tra queste si vedano, ad es. Selection of Contemporary Chinese Painting, Beijing, 1981; HUA JUNWU (ed.), Contemporary Chinese Painting, Beijing, 1983; STRASSBERG S. E., Beyond the open door: contemporary paintings from the People's Republic of China, Pasadena, 1987 e molte altre.
27  Cf. KUZMENKO L., "Young Chinese 'Guohua' painters", in FAR EASTERN AFFAIRS, A Bi-monthly of Social Science and Political Analysis, 3/1990, pp. 219-222.

 

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