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RAPPORTI

Il teatro cinese a Milano

di Giulia Marzotto

Il mese di dicembre 1995 a Milano è trascorso all'insegna del teatro cinese: una mostra, due pubblicazioni sul tema e, infine, la tournée dell'opera di Pechino.
Sponsorizzata soprattutto dal Banco Ambrosiano Veneto che ha aperto di recente nella capitale della Cina una sua succursale, e nata da un accordo fra l'International Cultural Exchange di Milano e l'Istituto di scenografia di Shanghai, la mostra "Teatro cinese, architetture costumi scenografie" curata dalla giornalista Rosanna Pilone e dall'architetto Ignazia Favata ha aperto i battenti (sui quali troneggiavano gli Dei della Porta protettori della casa) il 23 novembre scorso presso la Triennale Palazzo dell'Arte di Milano. Notevole l'afflusso del pubblico incuriosito dalla novità: erano inoltre presenti il console cinese a Milano Gao Cunming, l'addetto culturale dell'ambasciata cinese a Roma Gao Yunpeng, e una delegazione giunta appositamente dalla Cina composta da registi, scenografi e attori, tutti esponenti dell'Istituto di scenografia di Shanghai e capeggiata del segretario della Confederazione degli scrittori e degli artisti cinesi.

L'iter della mostra si dipana storicamente dal lontanissimo passato risalente a circa 2000 a. C., dai primi riti e canti degli sciamani, mediatori fra gli uomini e le divinità, dai cantastorie, i giullari, gli acrobati, i musici, dagli esecutori di arti marziali sino alle prime opere compiute attribuite a Guan Hanging dell'epoca Yuan. E così di seguito giungendo in pratica al Novecento con il sorgere del "teatro parlato", e quindi della scenografia e della regia intese in senso moderno.

Le sale si susseguono piene di colori e suggestioni: modellini di teatri del Sette-Ottocento, templi o case da tè nelle quali vennero costruiti i primi palcoscenici aperti su tre lati, i teatri sull'acqua tipici della Cina del Sud, infine, quelli in stile occidentale.

Molte sale sono poi dedicate all'opera di Pechino, il massimo del teatro tradizionale cinese, con i suoi "visi dipinti", i costumi ricchissimi e sfarzosi, scarpe, copricapo, stendardi, bandiere, armi da combattimento tutto l'apparato di un mondo pieno di fascino anche se a volte, di difficile comprensione per la complessa simbologia che comporta. Vasta la documentazione fotografica e audiovisiva.

La mostra, che si muove a livello europeo, presenta anche due pubblicazioni. Tradizione e realtà del teatro cinese di Yu Weijie (ed. Ice 1995), è un testo scritto da un giovane docente dell'Accademia teatrale di Shanghai e può considerarsi come la prima storia del teatro cinese apparsa in italiano. Viene dunque a colmare delle lacune anche se lascia delle perplessità per certi giudizi e avvenimenti storici.
Ma forse il problema è anche un altro: è bene che appaiano in Italia dei testi scritti da cinesi, sarà così possibile un confronto e una verifica da entrambe le parti: quanto noi sappiamo della loro storia e quanto loro stessi ne sanno.

L'altra pubblicazione alla quale si faceva cenno è Oltre la maschera (ed. Ice 1995) di Rosanna Pilone, giornalista e curatrice della mostra, un piccolo romanzo dai risvolti spesso ignorati dalle storie ufficiali. Sono vicende di ragazzi d'opera, quasi bambini, comprati nelle campagne e portati a Pechino, addestrati a fare gli attori esperti in ruoli femminili, quindi resi omosessuali e prostituiti. Un libro sulla violenza si può dire, il rovescio della medaglia di una splendida tradizione dietro la quale spesso si muove la miseria e il dolore di molti. All'autrice va riconosciuto un certo coraggio nel trattare l'argomento.

Concludiamo questo breve excursus con la tournée dell'opera di Pechino che ha dato spettacolo a Milano il 27 dicembre. Nel pomeriggio tutta la troupe s'è recata alla mostra dove, tra l'altro, alcuni attori si sono esibiti nel canto e in alcune prove di trucco. Un incontro insolito ma festoso, come un riconoscersi, un incontrarsi da lontano. Quanto allo spettacolo presentato la sera stessa, s'è trattato di una serie di beni classici eseguiti con la bravura che ormai ci si attende da tali complessi. Si può però fare un rilievo: come si è già riscontrato in alcuni spettacoli visti in Cina, ai fini di una maggiore comprensione del pubblico sia cinese sia occidentale, troppo spazio ormai viene concesso all'acrobazia e all'aspetto spettacolare a scapito di quella che era l'armonia della vecchia opera basata sull'equilibrio fra danza, recitazione, canto e arti marziali. Sono queste le concessioni fatte alla modernità in un paese dove, come un po' dovunque, il teatro, sia moderno che tradizionale, conosce una sua crisi.

MONDO CINESE N. 90, SETTEMBRE-DICEMBRE 1995

 

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