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INDICE>MONDO CINESE>LA PUBBLICITÀ COMMERCIALE IN CINA DALLA FINE DEGLI ANNI '60 AGLI ANNI '90

SAGGI

La pubblicità commerciale in Cina dalla fine degli anni '60 agli anni '90*

di Mauro Marescialli

* Il presente lavoro è basato sulla tesi di laurea dal titolo Analisi linguistica degli slogan pubblicitari cinesi dal 1979-1997, discussa dall'autore presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università "la Sapienza" di Roma, a.a.1997-1998. Relatore prof. Federico Masini, correlatore prof. Piero Corradini.


Il 4 Gennaio del 1979, esattamente vent'anni fa, sulle pagine del Tianjin Daily compariva una tipologia di annuncio alla quale i cinesi si erano ormai disabituati da circa tredici anni: si trattava di un annuncio pubblicitario.

Ma come si era giunti alla progressiva eclissi della pubblicità durante quel tumultuoso periodo? Negli anni compresi tra il 1966 e il 1976 l'economia cinese aveva raggiunto l'orlo di un devastante collasso. Schiacciata sotto il peso del sistema altamente centralizzato della pianificazione economica e danneggiata da una instabilità sociale dai risvolti sconvolgenti, la produzione industriale ristagnò paurosamente mettendo in evidenza i segni di un catastrofico arretramento.

A causa della insorgente carenza di beni di consumo i prodotti d'uso quotidiano iniziarono ad essere razionati e gli standard di vita della popolazione urbana e rurale calarono in maniera sensibile.

In un tale contesto, fortemente caratterizzato da gravi tumulti sociali e da una campagna ideologica violenta e totalizzante, la pubblicità perse virtualmente ogni ragione d'esistere.

Denunciata dalle guardie rosse come "frutto del capitalismo" (zibenzhuyi de chanwu) e "manifestazione dello spreco e della corruzione capitalista" (zibenzhuyi fuxiu he langfei de biaoxian), la pubblicità, diretta alla promozione di articoli di consumo, venne completamente sospesa.

La pubblicità via radio venne annullata, le insegne al neon spente o distrutte e le inserzioni su giornali e periodici vennero limitate alla esclusiva promozione di libri "graditi alle masse".

Sulla scia dello slogan "eliminare i quattro vecchiumi" (vecchie idee, culture, usanze e costumi)1, la stragrande maggioranza delle marche, delle illustrazioni e logotipi dei prodotti presenti sul mercato prima della Rivoluzione Culturale vennero censurate.

Nell'agosto del 1966 nel Grande Magazzino di Wangfujing di Pechino (Wangfujing baihuo dalou) venne tassativamente vietata la vendita di ben 6.800 articoli (equivalenti al 28% del totale) perchè bollati dalle guardie rosse come "merce con qualche problema" (you wenti de chanpin)2.

Numerosi nomi di negozi tradizionali e antichi furono bollati con l'epiteto di "sporca merce feudale, capitalista e revisionista".
In quegli anni il Quotidiano del Popolo scriveva:

«Ispirato dallo spirito rivoluzionario delle guardie rosse, il personale rivoluzionario del "Grande Magazzino di Wangfujing" (Wangfujing baihuo dalou) ha deciso di cambiare il nome di quest'ultimo in "Grande Magazzino di Pechino" (Beijingshi baihuo shangdian); il personale rivoluzionario del ristorante dell'anatra laccata "Quanjude", ristorante con settanta anni di storia, ha deciso di cambiare il nome del locale in "Ristorante dell'anatra laccata di Pechino".
Le foto dell'anatra laccata che erano appese nella sala centrale del ristorante sono state sostituite da celebri frasi del Presidente Mao (...). Quando le guardie rosse hanno cambiato il nome capitalista "Negozio di vestiti Xushunchang" (Xushunchang fuzhuangdian) in "Negozio di moda vento dell'est" (Dongfeng fuzhuangdian), un oceano di applausi si è levato dalla folla raccolta nelle strade. La gente ha gridato gli slogan "Viva il Presidente Mao" e "Il vento orientale spazzerà via quello d'occidente"»3.

Sull'onda di questa rivoluzione onomastica migliaia di prodotti persero il nome con cui erano stati conosciuti in Cina per anni o, in alcuni casi, addirittura per secoli.

Anche coloro i quali avevano esercitato la professione di pubblicitari prima del 1966 furono vittima di persecuzioni, aspramente criticati e spediti nei campi di lavoro delle campagne. Inoltre, una considerevole quantità di materiale pubblicitario e di importanti documenti riguardanti la storia della pubblicità in Cina venne indiscriminatamente distrutta dalle guardie rosse.

Nel dicembre del 1978 la Terza Sessione plenaria dell'XI Comitato Centrale del PCC inaugurò una nuova era nella storia della nazione, decidendo di trasferire le forze produttive nella ricostruzione economica del Paese con il varo della politica del "rilancio dell'economia interna e dell'apertura al mondo" (dui nei gaohuo jingji, dui wai shixing kaifang).

Grazie a questa nuova strategia, di cui Deng Xiaoping (1904-1997) fu artefice massimo, la Cina diede inizio ad un periodo di radicali riforme in campo politico ed economico dirette ad una riorganizzazione dell'intero sistema di produzione nazionale, del mercato interno e, nel contempo, alla promozione di una graduale e vieppiù massiccia politica di attrazione di capitali stranieri atti a stimolare ulteriormente lo sviluppo economico-industriale del Paese.

Grazie a ciò, l'economia cinese iniziò gradualmente a dare segnali di una significativa ripresa e, a partire dal 1979, la pubblicità venne ufficialmente reintrodotta nel "Paese di Mezzo", riemergendo dalle ceneri di un oblio forzato durato oltre un decennio.

Il 23 gennaio del 1979, il Wen Hui Bao seguì la scia del Tianjin Daily pubblicando altri annunci e il 28 dello stesso mese la Shanghai TV Station mandò in onda il primo spot pubblicitario della storia televisiva della Cina: la pubblicità per un vino a base di ginseng (cangui bujiu).

Il 5 marzo la Radio Popolare di Shanghai è la prima fra le radio cinesi a far ritornare la pubblicità sulle vie dell'etere.

Il 15 marzo la Shanghai Tv Station manda in onda la prima pubblicità televisiva di un prodotto straniero: gli orologi svizzeri Rado.

Il 17 aprile, il Quotidiano del Popolo pubblica inserzioni pubblicitarie di macchinari e strumenti geologici.

Nel novembre del 1979, il dipartimento della propaganda del Comitato Centrale del PCC emise un importante "Avviso sulla pubblicazione e trasmissione radiotelevisiva di pubblicità per prodotti stranieri" in cui si sottolineava che:

"La pubblicità deve enfatizzare la diffusione dei mezzi di produzione da utilizzare per realizzare le quattro modernizzazioni; tutti i prodotti di consumo, eccetto alcolici e sigarette, possono essere pubblicizzati"4.

Con l'adozione nel 1978 della politica di apertura, l'opera di ricostruzione economica e industriale assieme alla virtuale libertà concessa gradualmente all'imprenditoria privata locale e straniera, aprirono nuovi spazi alla naturale domanda di un numero sempre maggiore di servizi i quali, tra gli altri, comprendevano anche quelli pubblicitari.

Tuttavia, in un tale contesto, i concetti moderni di comunicazione, pubblicità e marketing rimanevano pressochè sconosciuti ad un Paese che per quasi trent'anni aveva consegnato la produzione dei beni nelle mani di una distribuzione fortemente centralizzata.

È importante inoltre far notare quanto l'isolamento sia esterno che interno vissuto dal Paese durante la Rivoluzione Culturale avesse oltremodo contribuito al regresso dell'editoria (in progressivo declino, eccezion fatta per quella dedita alla mera propaganda ideologica), delle arti figurative e della comunicazione visuale, di cui la pubblicità rappresenta una delle tante emanazioni.

L'effettivo utilizzo di moderne tecniche comunicative massmediologiche iniziò a diffondersi in Cina alla fine degli anni'70, di pari passo con l'incremento della diffusione di apparecchi radio e televisivi privati.

Tale incremento era stato fino a quel momento inibito dagli alti costi al dettaglio degli apparecchi video e dalle limitate capacità produttive dell'industria.

Questa è una delle ragioni per cui bisognerà attendere l'inizio degli anni '90 per poter considerare la televisione in Cina come uno strumento in grado di attrarre un pubblico necessario e sufficiente a giustificarne l'effettiva funzione di mezzo mass-mediologico, in grado cioè di raggiungere una vasta fetta della popolazione nazionale.

Sarà bene a questo punto evidenziare alcune delle caratteristiche strutturali che per sommi capi differenziano le pubblicità apparse in Cina dal 1979 fino al 1989 e dal 1990 ai giorni nostri.

Il decennio 1979 - 1989

In linee generali, il primo, importante elemento che contraddistingue la pubblicità (tranne ovviamente quella via radio) è costituito dall'impatto visivo sul pubblico: la veste grafica.

Anche da una osservazione superficiale è facile notare come, generalmente, nelle pubblicità cinesi dal '79 all'89 venga dedicata un'importanza alquanto limitata all'aspetto grafico-visuale del messaggio pubblicitario, ottenendo quindi risultati assai modesti non solo in termini estetici ma anche di richiamo e attrattiva sul pubblico.

Fino alla metà degli anni '80 sulla carta stampata e sulla cartellonistica i prodotti pubblicizzati venivano per lo più raffigurati con disegni, eccezion fatta per i prodotti delle multinazionali straniere le quali, potendo contare su una maggiore disponibilità finanziaria e una matura padronanza del mezzo pubblicitario rispetto alle industrie locali, impiegavano spesso fotografie unite ad un layout grafico decisamente più moderno.

In molti casi l'effetto visivo generale delle pubblicità cinesi era fortemente appesantito dalla presenza di verbose didascalie esplicative che contribuivano a renderle meno dirette ed efficaci rispetto a quelle occidentali: un divario che sarà destinato a diminuire sensibilmente a partire dagli anni '90, periodo in cui il livello dei pubblicitari, creativi e grafici cinesi raggiungerà una più consistente maturità sia in campo tecnico che espressivo.

II secondo elemento è rappresentato dal range relativamente limitato dei prodotti pubblicizzati nel periodo tra il '79 e l'89.

Tale fenomeno è ovviamente riconducibile all'ancora limitato volume produttivo nazionale dell'epoca, all'esiguo sviluppo del settore terziario (agenzie pubblicitarie incluse) e a una spiccata refrattarietà verso il mezzo pubblicitario, caratteristica di industrie e società cinesi cronicamente restie ad investire risorse nel settore della promozione e del marketing.

È facile riscontrare come nel suddetto periodo, soprattutto sulla carta stampata, la pubblicità di articoli cinesi si limiti in modo quasi esclusivo alla promozione di macchinari industriali e, a seguire, di elettrodomestici, prodotti per l'igiene e la bellezza personale, medicinali e libri.

Il terzo e ultimo elemento, più strettamente linguistico, è costituito dall'utilizzo fortemente limitato di slogan come cardine del messaggio pubblicitario cinese (soprattutto fino al 1987).

Prima degli anni '90, il linguaggio pubblicitario era standardizzato e insisteva nel citare le solite formule di "prestigioso" (xinyu diyi), "qualità affidabile" (zhiliang kekao), "prezzo vantaggioso" (jiage youhui), "applicazione delle tre garanzie" (shixing sanbao), a cui poi venivano aggiunti il numero di telefono e di telex.

Un linguaggio stereotipato a quattro caratteri (chengyu), frasi telegrafiche e un tono grossolano riempivano la pubblicità dei programmi radio, della televisione e della carta stampata entrando nelle case della popolazione e portandola a credere che quelle quattro frasi fossero le uniche e inevitabilmente utilizzabili in pubblicità6.

Sarà solo con l'avvento degli anni '90 che gli slogan inizieranno ad essere integrati in modo più massiccio, vario e fantasioso in ogni manifestazione pubblicitaria.

Anni '90, anni di svolta

La pubblicità è un fenomeno indissolubilmente legato alla produzione industriale e alla commercializzazione dei prodotti e dei servizi.

Sulla base di questa considerazione e di una rapida occhiata ai dati relativi al PIL cinese dal 1991 al 19977 possiamo bene intuire come nel corso degli anni '90 sia stato possibile registrare in Cina un boom pubblicitario di proporzioni mai conosciute precedentemente.

Ma nel suddetto periodo, oltre agli aspetti economici e all'invasione del mercato di centinaia di migliaia di nuovi beni di consumo (sia locali che esteri), due importanti fattori contribuirono a spianare la strada all'affermazione e allo sviluppo della pubblicità nel "Paese di Mezzo":

1. La definitiva risoluzione all'interno del PCC cinese dei problemi di ordine ideologico legati alla reintroduzione nella Repubblica Popolare della pubblicità, fino alla prima metà degli anni '80 ancora osteggiata da una larga fascia di politici e intellettuali cinesi in quanto ritenuta uno dei simboli inquinanti per eccellenza del capitalismo;

2. esaustivo completamento della legislazione inerente la pubblicità. Risaliva al 1982 il primo importante tentativo da parte dell'autorità centrale cinese di regolamentare in maniera globale il mondo della pubblicità colmando un vuoto che era stato lasciato aperto sin dai tempi della fondazione della Repubblica Popolare. Il 6 febbraio di quell'anno, il Consiglio di Stato emise le "Norme temporanee sull'Amministrazione della Pubblicità" (Guanggao guanli zanxing tiaoli). Tali regolamenti stabilivano chiaramente che lo Stato e le amministrazioni locali dell'industria e del commercio dovevano assumersi la responsabilità di controllare il lavoro pubblicitario in tutto il territorio cinese. Nell'ottobre del 1987 il Consiglio di Stato promulgò le "Norme sulla gestione della pubblicità" (Guanggao guanli tiaoli), che correggevano e completavano quelle del 1982. Ma fu solo nel 1994 che con l'approvazione della Commissione Permanente Legislativa dell'Assemblea del Popolo (Ba jie quan guo renda changweihui) venne approvata la "Legge sulla pubblicità della Repubblica Popolare Cinese" (Zhonghua Renmin Gongheguo Guanggao fa), il primo vero e organico sforzo da parte delle autorità cinesi di regolamentare la professione pubblicitaria in un esaustivo corpus di leggi adeguate all'importanza e alla grandezza del fenomeno.

Ritornando ai tre elementi di veste grafica, range dei prodotti pubblicizzati e uso degli slogan alla luce di quanto avvenuto in Cina in campo pubblicitario negli anni '90, è facile riscontrarne un'evoluzione sia da un punto di vista qualitativo che quantitativo.

La veste grafica e visuale del messaggio pubblicitario assume in questi anni una forma più matura e articolata, aumentando notevolmente la propria capacità di far presa sul pubblico e recuperando allo stesso tempo terreno su modelli pubblicitari propri di Paesi a cui la pubblicità nella Repubblica Popolare si era maggiormente ispirata in anni recenti: Hong Kong, Taiwan e Giappone.

Contemporaneamente all'invasione del mercato da parte di centinaia di migliaia di nuovi beni di consumo e al rapido sviluppo del terziario, la pubblicità inizia ad essere utilizzata da tutti i settori industriali, merceologici, culturali, sportivi e del ramo dei servizi (alberghi, ristoranti, banche, agenzie di viaggio, società d'assicurazione, società immobiliari ecc.).

Emerge con maggiore vigore rispetto al passato anche la figura dello sponsor (canzhushang), sia locale che straniero, il quale accosta il suo nome ad eventi e manifestazioni sociali di piccola, media o grande entità (dalla Marlboro che sponsorizza il campionato di calcio cinese alla società di assicurazioni che sponsorizza la lotteria all'interno di un supermercato).

Nella televisione, sulla carta stampata, nella vetrinistica e nell'allestimento dei negozi e nelle migliaia di nuovi centri commerciali l'impatto grafico-visuale della pubblicità diviene vieppiù sofisticato, spigliato e aggressivo.

Negli spot televisivi domina l'utilizzo della grafica computerizzata ricca di colori ed effetti speciali (a volte talmente barocchi da risultare grotteschi) che accompagna i toni fortemente autocelebrativi della maggioranza dei messaggi pubblicitari televisivi cinesi.

Nelle pubblicità sui giornali e sui periodici maggiormente diffusi, i disegni hanno ormai lasciato il posto alle fotografie e ad un layout più ricco, accattivante e immediato, elementi che testimoniano non solo la maggiore capacità tecnico-creativa raggiunta dai pubblicitari cinesi ma anche l'aumentato volume di risorse finanziarie destinato dalle aziende cinesi alla produzione di imponenti campagne pubblicitarie che le promuovano degnamente su un mercato sempre più caratterizzato dall'affollamento di merci e dalla conseguente, agguerrita competizione tra esse.

Nasce così l'esigenza per le aziende cinesi di far distinguere chiaramente al pubblico il proprio prodotto rispetto agli altri in commercio, facendone risaltare con maggiore efficacia le caratteristiche di unicità, qualità e, nei casi di prodotti di lusso, di esclusività.

Emerge nel contempo la necessità di creare un'immagine aziendale e di marchio (gongsi he shangbiao de xinxiang) fortemente distintiva, memorizzabile e gradevole per il pubblico e il compito di idearla e produrla viene quindi affidato ai dipartimenti pubblicitari delle aziende e alle sempre più numerose agenzie di pubblicità.

Dalle 10 agenzie pubblicitarie cinesi ufficialmente registrate nel 1979 si passa alle 181 del 1983 e alle 22.691 del 19958.

La crescita esponenziale del numero di agenzie pubblicitarie e, conseguentemente, del personale impiegato nell'advertising world cinese negli anni '90 contribuì altresì ad immettere menti nuove e fresche in un settore giovane e in rapida espansione9, che prometteva lauti guadagni e possibilità di sviluppo incoraggianti.

In un tale contesto anche il linguaggio pubblicitario doveva necessariamente subire una trasformazione ed adeguarsi ai ritmi incalzanti di uno sviluppo economico e sociale tanto frenetico quanto per certi versi disarmonico.

Il passaggio da un linguaggio arido e descrittivo a uno più conciso, diretto, scorrevole e maggiormente evocativo fu segnato da un ricorso sempre più frequente agli slogan, maggiormente caratterizzati dall'adozione di un linguaggio alla portata di tutti (dabaihua) e, nei casi più riusciti, talmente ben fatti e mirati da riscuotere un ampio successo presso il pubblico cinese e assurgere a modello per molti nuovi slogan a venire.

Un ulteriore elemento che emerge negli anni '90 in maniera più evidente rispetto al decennio precedente è relativo alle campagne pubblicitarie realizzate in Cina da parte di aziende straniere, presenti sul territorio in forma di joint venture, uffici di rappresentanza o, in maniera indiretta, tramite agenti locali o di Hong Kong.

Se durante gli anni '80 la pubblicità dei prodotti d'importazione si limitava in molti casi a riciclare, opportunamente tradotta in cinese, quella utilizzata nei Paesi d'origine, negli anni '90 essa inizia ad essere prodotta allo scopo di assolvere una funzione promozionale su misura per la Cina.

Ben presto gli operatori esteri compresero la maggiore forza persuasiva esercitata sul pubblico cinese da un messaggio pubblicitario sinizzato rispetto a quelli studiati per i mercati d'origine.

Ovviamente, ad investire in questo campo furono dapprima le grandi multinazionali (Volkswagen; Mitsubishi; Toyota; Tetra Laval; Ericsson; Motorola; Procter&Gamble ecc.) che raccolsero ben presto i frutti di una strategia promozionale ad hoc assai dispendiosa in termini finanziari ma estremamente soddisfacente dal punto di vista di imposizione del marchio agli occhi di milioni di cinesi, naturalmente più disponibili ad assimilare un messaggio pubblicitario confezionato tenendo conto delle complesse connotazioni sociali, culturali e conseguentemente linguistiche proprie di questo popolo.

MONDO CINESE N. 99, SETTEMBRE 1998

BIBLIOGRAFIA

- Business Monitor International, China 1998, Business Monitor International Ltd., Londra, 1998.
- Chen Peiai, Zhongwai guanggao shi (Storia della pubblicità cinese ed estera), Zhongguo wujia chubanshe, Pechino, 1997.
- Han Dechang, Dou Jiayu, Guanggao lilun yu shiwu (Teoria e pratica della pubblicità), Tianjin daxue chubanshe, Tianjin, 1996.
- Han Guangjun, Xiandai guanggaoxue (Studio della pubblicità moderna), Beijing jingji xueyuan chubanshe, Pechino, 1996.
- Jin Taosheng e Xu Zhouhan, Zhongwai guanggao jingpin tansheng (Esplorando le migliori creazioni della pubblicità cinese e straniera), Guoji wenhua chubanshe, Pechino, 1995.
- Minick S. e Jiao Ping, Chinese graphic design in the Twentieth Century, Thames & Hudson, Londra, 1990.
- Ou Yangkang, Xiandai guanggao: biaoda yu chuangyi (La pubblicità moderna: espressione e creazione), Zhongguo shehui chubanshe, Pechino, 1997.
- Wang Zhongcheng, Guanggao jinju jijin (Selezione di slogan pubblicitari), Zhongguo caizheng jingji chubanshe, Pechino, 1998.
- Xu Xiaojun, Guanggao falu yu anli (Leggi e regole sulla pubblicità), Zhongguo guangbo dianshi chubanshe, Pechino, 1995.
- Zhang Baowen, Guanggao yu gongguan (Pubblicità e pubbliche relazioni), Qingdao chubanshe, Qingdao, 1994.

Note

1 Sijiu: jiu sixiang, jiu wenhua, jiu fengsu, jiu xiguan.
2 Citato in Chen Peiai, Zhongwai guanggao shi, Zhongguo wujia chubanshe, Pechino, 1997, pag. 78.
3 Citato in Zhang Baowen, Guanggao yu gongguan, Qingdao chubanshe, Qingdao, 1994, pag. 34.
4 Citato in Chen Peiai, Zhongwai guanggao shi, Zhongguo wujia chubanshe, Pechino, 1997, pag. 80.
5 Bao xiu, bao tui, bao huan: servizio di riparazione, resa e cambio merce.
6 Citato in Jin Taosheng e Xu Zhouhan, Zhongwai guanggao jingpin tansheng, Guoji wenhua chuban gongsi, Pechino, 1995, pag. 76.
7 Sulla base dei dati forniti dal Business Monitor International, China 1998, pag. 113: 1991: 9%; 1992: 13.6%; 1993: 13.4%; 1994: 11.8%; 1995: 10.5%; 1996: 9.7%; 1997: 8.8%.
8 Citato in Chen Peiai, Zhongwai guanggao shi, Zhongguo wujia chubanshe, Pechino, 1997, pag. 78.
9 La Cina è a tutt'oggi il Paese con il tasso di espansione del mercato pubblicitario più veloce dell'intero pianeta. Una tale considerazione non deve però trarre in inganno. Nonostante lo stupefacente sviluppo registrato in poco più di un decennio, nel 1995, l'equivalente del turnover pubblicitario nazionale della Cina (pari a circa 3,3 miliardi di dollari) si attestava ad uno striminzito 6% se paragonato all'intero turnover pubblicitario asiatico. Nonostante ciò è indubbio che, considerando i dati di crescita annuali e le proiezioni future, la Cina rappresenti il mercato pubblicitario più vasto e promettente anche in termini di fatturato rispetto al resto del mondo.


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