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INDICE>MONDO CINESE>INVESTIRE IN CINA>A PROPOSITO DELLA RIFORMA DEL SISTEMA POLITICO

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A proposito della riforma del sistema politico

premessa di Alessandra Lavagnino

Il dibattito sulle possibilità di realizzare in Cina riforme più o meno sostanziali dell'attuale sistema politico è stato in questi ultimi anni vivacissimo, come abbiamo a più riprese segnalato sulle pagine della nostra rivista (cfr. i tre lavori a mia firma "Dove va la Cina?" nei nn. 98, 99 e 100). In questi mesi, che abbiamo peraltro visto attraversati da differenti e complesse tematiche "politiche" - come la massiccia campagna governativa per reprimere la setta Falungong - dopo un'apparente battuta d'arresto della discussione sulle riforme politiche almeno per quanto riguarda le pubblicazioni monografiche, si è assistito ad un nuovo interesse, e proprio da parte dei teorici del partito comunista, nei confronti delle tematiche riformiste, tanto più importanti perché investono la natura stessa del sistema politico, e possono influenzare i futuri scenari della vita sociale del Paese. Vediamo quindi che, dopo una fase nella quale i temi "caldi" delle riforme sembravano essere ignorati, quando non esplicitamente demonizzati e criticati con asprezza sulla stampa ufficiale, sembra oggi farsi sempre più strada la volontà, proprio da parte dello stesso partito comunista, di assumersi direttamente la responsabilità della discussione sulle riforme, il voler diventare il principale attore di questo processo, e non più soltanto il rigido censore di qualunque movimento "progressista". Costituendosi quindi come il privilegiato motore e lo stimolo attivo per la complessa gestione della riforma politica, il partito accende oggi nuovamente la discussione tra i propri intellettuali di spicco, e non solo per verificarne ancora una volta la coesione e la risposta politica, ma soprattutto per rilanciare se stesso in una chiave attiva. In tale modo vuole legittimarsi quale unico e possibile punto di riferimento reale per incanalare tutto il processo della riforma politica in un alveo preciso, che non metta in discussione il proprio ruolo di guida, e nello stesso tempo garantisca il successo a questa delicata fase di transizione

Wang Guixiu, l'autore dell'articolo qui tradotto dal cinese, è professore alla Scuola di partito del Comitato centrale e uno dei teorici di punta del post denghismo. Nel 1994 ha pubblicato il volume A proposito di democrazia e del sistema del centralismo democratico (Lun minzhu he minzhu jizhong zhi), Casa editrice di Scienze sociali di Cina, Pechino. Il tema della improcrastinabilità della riforma politica viene affrontato da Wang fin dai primi mesi del '98, come si legge (pp.43-47) nel volume La settima rivoluzione. Memorandum sulla riforma delle strutture di governo (Cfr. Mondo Cinese, 98, pp. 51-52), ed ancora, qualche tempo dopo, in un altro volume molto controverso, Cina politica. L'epoca della scelta di una nuova struttura (Cfr. Mondo cinese, 99, pp.49-50). Che a più di un anno di distanza dalla pubblicazione di quest'ultimo testo (agosto '98) e alla successiva forzata chiusura della Casa editrice Cina Oggi, che lo aveva stampato - come rivela Erik Eicholm in "China curbs on liberal intellectuals leave room to wriggle", in International Herald Tribune, 20 genn. 1999 - Wang Guixiu pubblichi nuovamente un intervento che ha per tema la riforma del sistema politico, pur se ciò avviene sul settimanale ritenuto il più "trasgressivo" e nello stesso tempo interessante fra i periodici cinesi, ci sembra possa costituire un nuovo segnale di quanto queste tematiche non possano in nessun modo essere abbandonate, e costituiscano ormai un argomento sempre più all'ordine del giorno nel panorama politico della Cina di oggi e di domani.

Wang Guixiu, "Perché non si può rimandare la riforma del sistema politico", in Nanfang zhoumo, (Weekend del Sud), 26.11.1999 e 24.12.1999 [La traduzione dal cinese è di Maria Merelli, le osservazioni tra parentesi quadre sono di Alessandra Lavagnino]

Riguardo al problema della relazione tra riforma del sistema politico e riforma del sistema economico, da sempre esistono opinioni profondamente divergenti. Possiamo qui sintetizzarle in tre posizioni distinte: la prima ritiene che vada prima portata a termine la riforma economica e poi quella politica; la seconda ritiene invece che la riforma politica costituisca una parte integrante della riforma economica; mentre la terza ritiene che la riforma politica e la riforma economica debbano conformarsi l'una all'altra.

Il così detto "Neo-autoritarismo", che occupò la scena politica a partire dal XIII Congresso del PCC fino ai disordini politici del 1989, era a favore della "spartizione del potere in materia di economia, e concentrazione del potere in campo politico", per poter realizzare in seguito, una volta completata la modernizzazione economica, anche la democratizzazione e la modernizzazione politica.
Successivamente alcuni teorici tentarono di articolare un bilancio storico in seguito alle trasformazioni avvenute in Unione Sovietica e nell'Europa dell'Est, e misero a confronto la Cina e l'URSS [la Russia attuale]. Essi ritengono che la differenza fondamentale fra le due realtà consista nel fatto che l'URSS ha prima attuato la riforma politica e poi quella economica, mentre in Cina si sta facendo il contrario. Questa teoria temporale del prima e del dopo altro non è che una riproposizione del pensiero "Neo-autoritario", adattata alla situazione a noi più vicina, e difatti questo punto di vista è stato espresso anche recentemente. Alcuni articoli che trattano delle "due diverse strade percorse dalla Cina e dalla Russia", sono dell'idea che "la separazione fra la riforma economica e quella politica", tipica del processo cinese, derivi dalle caratteristiche specifiche della situazione in Cina, cosa che in altri termini vuol dire che per la Cina va bene che la riforma economica preceda quella politica.

Dopo il XV Congresso del PCC, alcuni compagni, prendendo in esame il processo di sviluppo della riforma del sistema politico nel nostro Paese, hanno espresso la necessità di riformare i livelli decisionali più alti sia per evitare gli ostacoli costituiti dalle forze di estrema "sinistra" all'interno del Partito, sia per prevenire il ricorso a facili pretesti, da parte delle forze ostili interne ed esterne; e questa riforma servirebbe sia per mantenere la stabilità politica necessaria a promuovere lo sviluppo economico, sia per promuovere una graduale e razionale riforma del sistema politico, affinché di fronte alle pressioni e alle sfide costituite da diversi possibili fattori, si possa compiere la scelta strategica politicamente più avveduta - cioè contenere la riforma politica nell'ambito della riforma economica. E tutta la peculiarità dell'intero processo di sviluppo della riforma del nostro Paese verrebbe in tal modo a rientrare nel suo interno.

A mio parere, questa elaborazione è assai discutibile. Innanzitutto mi sembra completamente privo di fondamento il fatto che i livelli decisionali più alti del nostro Paese abbiano assunto come "scelta strategica" la teoria secondo la quale "la riforma politica è compresa all'interno della riforma economica". Deng Xiaoping, l'architetto delle riforme, non ha mai espresso un'idea simile. Secondo questa teoria un problema complesso e difficile come quello della riforma politica dovrebbe rientrare completamente all'interno della riforma economica; ma in questo modo la riforma politica dovrebbe risolversi automaticamente e incidentalmente nel corso della realizzazione della riforma economica. La conseguenza sarebbe un aggiramento, se non un allontanamento, dalla sostanza della riforma politica che verrebbe così diluita, dissolta, dimenticata, diventando puramente nominale. Per questo, in sostanza, sia la teoria temporale del prima e del dopo sia quella della riforma politica contenuta all'interno di quella economica conducono, pur se da strade diverse, al medesimo risultato.

La riforma del sistema economico non può essere una battaglia isolata. La migliore scelta strategica per la riforma cinese non può che essere quanto sostenuto da Deng Xiaoping, che la riforma politica e la riforma economica debbono conformarsi l'una all'altra.

"Attuare solamente la riforma economica e non quella politica vuol dire non far funzionare la riforma economica, perché questa verrebbe ostacolata prima di tutto dalla gente. Le cose vengono realizzate dalle persone, così se tu promuovi il decentramento mentre lui invece accentra il potere, tu che mai potrai fare? Partendo da questa considerazione tutte le nostre riforme potranno essere realizzate solo attraverso la riforma del sistema politico". Questo discorso venne pronunciato da Deng Xiaoping il 28 giugno del 1986 durante una riunione del Comitato Permanente dell'Ufficio politico del Comitato Centrale. Il 3 settembre egli sottolineò nuovamente: "Quando parliamo di riforme, comprendiamo anche la riforma del sistema politico. Oggi, ogni volta che la riforma economica fa un passo avanti, ci si rende conto della necessità della riforma politica. Senza quest'ultima non si potranno garantire i risultati della riforma economica, e non si potrà nemmeno continuare a portare avanti tale riforma, lo sviluppo delle forze produttive ne verrà ostacolato, come anche la realizzazione stessa delle quattro modernizzazioni". E il 9 novembre dello stesso affermò: "Più passa il tempo e più ci rendiamo conto della necessità e dell'urgenza della riforma del sistema politico".

Perché Deng Xiaoping insisteva tanto sulla riforma del sistema politico, perché sosteneva che le due riforme debbono conformarsi l'una all'altra? Io ritengo che l'idea di Deng Xiaoping sulla riforma politica fosse frutto di una lunga esperienza e fosse maturata dopo attenta considerazione, ritengo inoltre che molte delle sue riflessioni posseggano un alto valore teorico.

Da un punto di vista teorico, il sistema politico costituisce una parte importante della sovrastruttura, esso si fonda su una certa base economica che allo stesso tempo serve influendo direttamente o indirettamente (positivamente o negativamente) sullo sviluppo delle forze produttive. Quando lo sviluppo del sistema politico e del sistema economico, della base economica e della sovrastruttura non si conformano l'una all'altro (o sono in contraddizione), si è alla vigilia della riforma del sistema politico, e questa non è una semplice deduzione logica, ma un dato che è stata provato dalla pratica delle riforme.

Per quel che concerne la costituzione di un dato sistema, il sistema politico del nostro Paese precede il sistema economico. E va precisato che il nostro modello economico, a parte l'essere stato condizionato e determinato da necessità economiche di base, è stato in gran parte plasmato e strutturato in base ad un modello e ad una ideologia di sistema politico già costituito in precedenza. Il nostro sistema politico deriva dal fallimentare "modello Sovietico", e in più ha poi subito una pesante influenza dell'ideologia, soprattutto di quella di "sinistra". Diffusissime sono ormai cattive pratiche come "la tradizione di concentrare il potere nelle mani dei dirigenti, tipica dello stile di lavoro dei Partiti dei vari Paesi dell'Internazionale comunista", e pesante è ancora l'influenza dell"'autoritarismo feudale" sulla storia del nostro Paese, o come dicono alcuni, "tutto, in misura maggiore o minore, porta i connotati del feudalesimo".

La più grave di queste cattive pratiche è "lo strapotere della burocrazia". Nel nostro vecchio sistema politico non si distingueva tra il Partito e il governo, il Partito e le imprese, il Partito dalle masse, il Partito e l'amministrazione, ed esso manteneva un'alta concentrazione di potere in tutti i campi, dalla economia alla politica, dalla cultura alla società. In tale sistema, tutti gli aspetti della società subivano un alto grado di politicizzazione, di statalizzazione, o detto in altri termini, diventavano sussidiari del Partito e dello Stato, con un'autonomia e un'iniziativa molto limitate. Questo ha fatto sì che la profonda riforma del sistema economico non possa non poggiare o dipendere in larga misura da una riforma del sistema politico.

Per quali motivi la riforma politica in Cina procede tanto lentamente?

Dopo il XIII Congresso del PCC, si sarebbe in realtà voluto procedere secondo il principio che vede la riforma politica e conformarsi a quella economica. Ma invece la riforma politica ha dovuto subire un notevole riaggiustamento e cambiamento.

Ma allora perchè c'è stato questo cambiamento? Perché Deng Xiaoping non ha più sottolineato l'importanza della riforma del sistema politico? Le ragioni sono legate a due tipi di fattori, quelli oggettivi e quelli soggettivi. Le trasformazioni avvenute in URSS e nell'Europa dell'Est, e i disordini politici interni sono sopravvenuti troppo all'improvviso scuotendo il mondo e la Cina. Tutto ciò non poteva non riflettersi sui principi che guidavano l'intero processo delle riforme del nostro Paese, ed in particolar la riforma del sistema politico.

Come valutare allora questo cambiamento? Io credo che di fronte ad una situazione storica così grave, un riaggiustamento, o almeno un rinvio, delle politiche originarie che dovevano guidare la riforma del sistema politico sia stato del tutto sensato, completamente adeguato alla realtà. All'epoca, la cosa più urgente era continuare a seguire la linea politica sintetizzata dalla formula "un centro e due punti fondamentali" [il "centro" indica la costruzione economica, i "due punti fondamentali" sono i 4 principi teorici enunciati da Deng Xiaoping nel 1979, e la politica di riforma e apertura], e non ribaltarla, questo era il senso del discorso di Deng Xiaoping durante il "viaggio al Sud" [1992].

Tutto ciò, però, poteva avere un senso per un periodo limitato, non protratto indefinitamente. Che invece alcuni compagni generalizzino e prolunghino acriticamente quello che doveva essere un mutamento temporaneo, una stagnazione momentanea della riforma del sistema politico, costituisce in realtà un fraintendimento. Alcuni ritengono che le trasformazioni in URSS e nell'Europa dell'Est siano state provocate proprio dalle riforme, in particolare dalle riforme politiche, altri pensano invece il contrario. Ma questo vuol dire confondere la causa con l'effetto. In realtà, se proprio si vuole trovare il vero motivo in questa intricata e lunga catena di cause ed effetti, si può solo dire che il collasso dell'URSS è il risultato dell'ossificazione del suo sistema, comprese le tante contraddizioni a lungo accumulate del suo sistema politico.

Non è detto che la riforma del sistema politico porti necessariamente all'instabilità, anzi al contrario, essa costituisce il cammino fondamentale per mantenere e rafforzare la stabilità sociale. Se non si riforma il sistema politico, e non si eliminano i fattori di instabilità del sistema, la pace sociale potrà essere solo temporanea, superficiale, prima o poi l'accumularsi delle contraddizioni potrà produrre instabilità, se non addirittura disordini. Solo attraverso la riforma del sistema politico e la creazione di un sistema di controllo sociale realmente efficace il Paese potrà godere di un lungo periodo di pace ed ordine.

Poiché la riforma del sistema politico costituisce una vera rivoluzione, andrà affrontata con atteggiamenti e atti rivoluzionari, bisognerà avere grande determinazione e avere il coraggio di rischiare.

Dobbiamo assolutamente cambiare politica

La teoria della riforma del sistema politico formulata da Deng Xiaoping è il frutto di una lunga pratica e di un'attenta considerazione, è una sintesi che ha natura di legge, e non potrà essere considerata superata. Dopo i disordini politici del 1989, egli ha sottolineato che il Rapporto al XIII Congresso del PCC [1987] non poteva venir cambiato nemmeno di una virgola [Il Rapporto era stato pronunciato dall'allora Segretario generale del partito, Zhao Ziyang, poi deposto dopo i disordini dell'89].
L'aspetto più peculiare di quel Rapporto, a parte la formulazione della teoria secondo la quale il Paese si trova ancora nella fase iniziale del socialismo [teoria che è stata puntualmente riproposta dall'attuale Segretario del partito, Jiang Zemin, nel suo Rapporto al VX Congresso dieci anni dopo], era la riforma del sistema politico. Dire che nel Rapporto non si doveva cambiare nemmeno di una virgola voleva dire comprendere anche la riforma del sistema politico. Inoltre lo stesso Deng Xiaoping, nel corso del lavoro di compilazione delle proprie Opere scelte, avrebbe voluto scrivere ancora sul tema della riforma del sistema politico, in particolare sulla separazione tra Partito e Stato, e non avrebbe mai permesso che questo tema venisse eliminato dai propri testi. Questo indica che non aveva cambiato opinione rispetto alla riforma del sistema politico.

Il XV Congresso, in base alla valutazione delle nuove esperienze, ha fatto una nuova sintesi per quanto riguarda la riforma del sistema politico, proponendo come compiti e doveri la creazione dello 'stato di diritto e di uno Stato socialista governato dalla legge'. Si tratta di un'importante rottura e di un nuovo sviluppo sulla strada della riforma del sistema politico e della costruzione di una legalità democratica.

Questa rottura ha due importanti implicazioni:

La prima è la rottura della posizione che per un certo tempo aveva considerato la riforma del sistema politico "una battaglia periferica". Poiché per realizzare lo "stato di diritto" bisogna andare a toccare le "radici malate", trasformare alla radice l'eccessiva concentrazione del potere, il "dominio del singolo", la "mancanza di separazione tra Partito e governo, tra Partito ed economia" e tutti gli altri fenomeni.

La seconda è la trasformazione dell'eccessiva concentrazione del potere, soprattutto l'alta concentrazione del potere nelle mani di un singolo, e la costruzione di una politica democratica socialista con caratteristiche cinesi, sviluppandola fino a portarla al livello di una moderna legalità. Questo in realtà ricomprende ad un livello ancora più alto tutti i problemi sostanziali della riforma del sistema politico, fornendo alla riforma di un sistema politico dalle "radici malate" un punto di svolta ottimale.

Va realizzata una sostanziale riforma politica secondo la strada fissata da Deng Xiaoping con chiarezza di intenti e passo spedito, cogliendo l'occasione più opportuna, e avendo il coraggio di rimuovere i forti ostacoli.

L'obiettivo generale della riforma del sistema politico e la sua realizzazione pratica.

Dobbiamo allora gradualmente risolvere il problema dell'eccessiva concentrazione del potere nelle mani di pochi, soprattutto in quelli di singoli leader all'interno del Partito. A questo riguardo vanno fatti passi sostanziali, non ci si può accontentare di atti formali. Bisogna che vengano completamente eliminati i fenomeni patriarcali che ancora esistono nella pratica o sono solo camuffati, ma soprattutto va soppresso il sistema di incarico a vita dei quadri dirigenti. Il patriarcato è l'inevitabile conseguenza della concentrazione del potere nelle mani di singoli, è l'incarnazione del sistema politico precedente alle riforme, ed è incompatibile con il sistema del nostro Partito e del nostro Paese. Risolvere il problema del patriarcato è una misura radicale per cambiare la concentrazione del potere nelle mani di singoli.

Bisogna poi affrontare la questione della mancata separazione fra Partito e governo e metterla all'ordine del giorno. Deng Xiaoping aveva indicato: "Il contenuto della riforma consiste innanzi tutto nel separare il Partito dallo Stato, risolvere il problema della dirigenza. È un problema cruciale e va messo al primo posto". Il requisito di fondo per attuare la separazione tra Partito e Stato si può riassumere così: il Partito, a parte occuparsi della propria attività ed organizzazione, esercita una funzione di guida politica sulle strutture dello Stato - organi di potere, organismi che amministrano la giustizia, strutture militari, amministrazioni, ma non si intromette né monopolizza il loro lavoro. Questo è quel che si dice "a ciascuno il suo compito", non eccedere nei propri poteri. La separazione tra Partito e Stato non solo non indebolisce la guida del Partito, ma al contrario la può migliorare e rafforzare.

Bisogna poi promuovere la democrazia nel popolo sviluppando la democrazia all'interno del Partito. La democrazia deve iniziare al livello più alto del Partito e allo stesso tempo essere promossa al livello di base, bisogna far avvicinare i due estremi, fondere il due livelli - dall'alto verso il basso e dal basso verso l'alto. Quel che conta, sia nello sviluppo della democrazia all'interno del Partito che nel promuovere la democrazia nel popolo, è regolare i rapporti di potere sulla base dello statuto del Partito e della Costituzione.

Riformare e migliorare il sistema elettorale, e creare un sistema per revocare e rimuovere i funzionari. Estendere gradualmente le elezioni con un numero di candidati superiori ai seggi, perfezionare il sistema delle candidature, creare le condizioni per ampliare gli ambiti delle elezioni dirette, creare un sistema che regoli le campagne elettorali eccetera. Accanto alla riforma del sistema elettorale va creato un sistema per revocare e rimuovere i funzionari. Solo in questo modo sarà possibile sostituire i quadri dirigenti incompetenti e realizzare un sistema competitivo all'interno del quale un quadro può venir retrocesso o dimesso affinché vengano selezionati i migliori. Questo punto era stato sollevato da Deng Xiaoping già agli inizi degli anni '80. Ora bisogna dedicarsi ad un lavoro di indagine, fare un progetto e metterlo gradualmente in atto.

Quegli aspetti del sistema politico che sono già fondamentalmente adeguati ma non sufficientemente perfezionati, come l'Assemblea dei rappresentanti del popolo, la collaborazione di più partiti, le autonomie regionali ed etniche, eccetera, andranno ancora migliorati.

In conclusione, l'obiettivo sostanziale e ultimo della riforma del sistema politico del nostro Paese consiste nel passare dal sistema di governo dell'uomo, con alta concentrazione del potere nelle mani di singoli, ad un sistema democratico di governo della legge.

MONDO CINESE N. 104,MAGGIO 2000

 

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