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POLITICA INTERNA

Il Partito Comunista Cinese 
da "Partito rivoluzionario" a "Partito di governo"

di Marina Miranda

1 -Jiang Zemin e il pensiero de "le tre rappresentatività"1

Tra le risoluzioni che si attendeva fossero approvate nel corso del XVI Congresso del Partito comunista cinese, una delle più significative è stata senza dubbio la modifica dello statuto del partito, attuata attraverso una serie di emendamenti ratificati dai delegati il 14 novembre 2002. Tali emendamenti sono di fatto il risultato di un lungo processo di riflessione del Partito comunista sull'esperienza storica di più di venti anni di riforme e sul proprio ruolo nella società, alla luce delle profonde trasformazioni del paese; trasformazioni che, come vedremo, sono arrivate a modificare profondamente la natura stessa del partito. 

Nell'emendato programma generale dello statuto si legge: "Il Partito comunista cinese è l'avanguardia sia della classe operaia che del popolo cinese e delle (sue diverse) nazionalità. Esso è il centro direttivo per la realizzazione del socialismo con caratteristiche cinesi e rappresenta le esigenze di sviluppo delle forze produttive più avanzate, gli orientamenti della cultura più avanzata e gli interessi fondamentali della larga maggioranza della popolazione"2.

Quest'ultima espressione, il riferimento alle "forze produttive più avanzate" e alla "cultura più avanzata", cioè ai nuovi strati emergenti nei più dinamici settori dell'economia e all'apporto di tecnologia e know-how necessario per il processo di modernizzazione in atto, è particolarmente significativa: essa rispecchia fedelmente la formulazione del cosiddetto pensiero de "le tre rappresentatività"3 ("san ge daibiao" sixiang), enunciato dal segretario generale uscente, Jiang Zemin e alla cui elaborazione e sistematizzazione hanno partecipato gli ideologi della scuola centrale del partito vicini a Zeng Qinghong e Huang Ju, entrambi recentemente eletti tra i nove membri del Comitato permanente dell'Ufficio politico4.

Il pensiero de "le tre rappresentatività", particolarmente importante nel processo di riedificazione del partito e nel riformularne i compiti alla luce delle mutate condizioni storiche della Cina, è stato così inserito a pieno titolo nello statuto e ufficialmente incorporato nell'ideologia fondamentale del partito: «Il Partito comunista cinese considera come ideologia guida il marxismo-leninismo, il pensiero di Mao Zedong, la teoria di Deng Xiaoping e l'importante pensiero de "le tre rappresentatività"»5. In tal modo è stata riconosciuta appieno l'importanza di questa elaborazione teorica, che è da considerarsi parte integrante del cosiddetto "pensiero di Jiang Zemin": l'ex-segretario generale è stato così elevato allo stesso status dei suoi predecessori, Deng Xiaoping e Mao Zedong. Il pensiero de "le tre rappresentatività" è ormai considerato ufficialmente "il contributo al marxismo" di Jiang, secondo il quale è necessario «liberare il pensiero dai ceppi di nozioni e modelli antiquati e superati, dalle interpretazioni errate e dogmatiche del marxismo, dalle catene del soggettivismo e della metafisica. Nell'attenersi ai principi basilari del marxismo bisogna aggiungere a essi nuovi contributi teorici. Nello sviluppare la tradizione rivoluzionaria, bisogna acquisire nuove esperienze....»6. Quello de "le tre rappresentatività" è presentato come "continuazione e sviluppo del marxismo-leninismo, del pensiero di Mao Zedong e della teoria di Deng Xiaoping"7. Di quest'ultimo Jiang raccoglierebbe ufficialmente l'eredità ideologica, riallacciandosi direttamente al suo insegnamento: il pensiero de "le tre rappresentatività" svilupperebbe ulteriormente e approfondirebbe dal punto di vista dottrinale proprio la teoria attribuita a Deng, quella della "costruzione del socialismo con caratteristiche cinesi" (Deng Xiaoping jianshe you Zhongguo tese shehuizhuyi lilun)8. Jiang sembrerebbe quindi essere stato così elevato a un rango non solo equivalente, ma forse persino superiore a quello del suo predecessore: pur non potendo forse essere definito ufficialmente fin da adesso come "teoria" (lilun)9, il suo contributo, in quanto ulteriore e più compiuta elaborazione teorica, potrebbe essere ritenuto addirittura lievemente superiore a quello di Deng nell'interpretazione del "socialismo con caratteristiche cinesi".

Non si può fare a meno di notare però la velocità con cui è avvenuta la canonizzazione di Jiang: i tempi sono stati estremamente rapidi e, in ogni caso, molto più veloci di quanto è stato necessario per elevare Deng al rango dei padri fondatori del marxismo. A tal fine è necessario ricostruire le tappe di questo processo: la teoria attribuita a Deng era stata incorporata nello statuto del partito e definita "ideologia guida" nel corso del XV Congresso (settembre 1997)10; era stata infine inserita nel preambolo della Costituzione del paese nel corso della 2° Sessione della IX Assemblea Nazionale del Popolo (marzo 1999)11. Anche se gli elementi di questa teoria erano stati proposti come principi guida da inserire nello statuto del partito già nel rapporto di Jiang al XIV Congresso nell'ottobre 199212, si può notare come i passi ufficiali siano stati compiuti immediatamente dopo la morte di Deng, avvenuta nel febbraio 1997. L'implicazione politica di questi diversi passaggi è evidente: dopo la scomparsa dell'anziano leader bisognava far tesoro della sua eredità ideologica per rafforzare la posizione di Jiang Zemin nell'ambito della leadership collettiva del momento, perché ne costituisse il centro, una sorta di primus inter pares, ma l'unico che potesse essere veramente considerato "un secondo Deng". L'attribuzione allo scomparso leader di una sua teoria in definitiva è stata senza dubbio una forzatura politica; un'operazione che è stata fortemente voluta da Jiang per preparare in prospettiva la propria canonizzazione e per fondarla su di una base di indubbia legittimità ideologica13. A differenza di Jiang, Deng non si era affatto adoperato per sistematizzare una propria teoria; sembrava anzi contrario a ogni forma di culto della personalità, ritenendo che al solo Mao potesse essere tributato l'onore di "re filosofo"14.

In definitiva, a riprova di quanto appena sostenuto, bisogna sottolineare che la teoria di Deng non può essere assolutamente considerata una dottrina organica e sistematica: essa è invece l'insieme degli assunti ideologici che hanno giustificato le riforme e le scelte di politica economica in antitesi con il marxismo ortodosso e in base alle quali è stato possibile il considerevole sviluppo economico sperimentato dalla Cina negli ultimi vent'anni. Tale teoria può essere considerata una sorta di integrazione tra la pratica della riforma e i principi base del marxismo-leninismo e del pensiero di Mao Zedong; ed è proprio alla "via cinese al socialismo" di quest'ultimo15, in quanto elaborazione teorica compiuta, che la teoria di Deng non può essere assolutamente paragonata. Opponendosi a ogni passata forma di dogmatismo ideologico, la linea di Deng è stata altamente pragmatica, elevando il pragmatismo a principio guida delle scelte di politica economica. Tale pragmatismo, nella sua forma più pura, è sintetizzato nel celebre slogan di derivazione maoista "cercare la verità nei fatti" (shishi qiu shi)16: in altri termini, operare le scelte politiche in base alle condizioni reali, non alle teorie. Il porre in primo piano le realizzazioni pratiche ha permesso a Deng di rompere definitivamente con l'era maoista e di allontanare la Cina dagli orrori e dalle estremizzazioni della rivoluzione culturale: una delle sue maggiori realizzazioni è stata infatti quella di dare priorità alla ricostruzione e allo sviluppo economico17.

A riprova delle profonde implicazioni politiche connesse alla sistematizzazione di queste ultime elaborazioni teoriche, recentemente affiancate come "ideologia guida" al marxismo-leninismo e al pensiero di Mao, bisogna notare che la formulazione compiuta di ciascuna di esse viene fatta risalire a momenti specifici della storia del partito. Date che però non hanno alcun riscontro storico concreto, ma rispondono piuttosto alla necessità di riscrivere in modo agiografico la storia del partito. Infatti, nel rapporto di Jiang Zemin al XIV Congresso nell'ottobre 199218, la formulazione compiuta della teoria attribuita a Deng è stata fatta risalire all'ormai storica 3° Sessione Plenaria dell'XI Comitato Centrale del dicembre 197819. Ciò, però, non corrisponde affatto a quanto in realtà è accaduto poiché, nel documento del 3° Plenum del 197820, essendo l'esperienza delle riforme solo agli inizi, venivano menzionate soltanto le "quattro modernizzazioni"21.
Invece il pensiero de "le tre rappresentatività" viene fatto addirittura risalire al 4° Plenum del XIII Comitato Centrale (giugno 1989)22, momento in cui la linea politica di Jiang non era neanche abbozzata; tale scelta è però significativa perché simboleggia in modo inequivocabile l'inizio di una nuova era, con il definitivo superamento della politica di Zhao Ziyang. E' invece il 2000 l'anno in cui il pensiero de "le tre rappresentatività" ha fatto la sua prima apparizione sulla scena politica, sviluppandosi poi attraverso tre fasi di rinnovato rilancio della campagna ideologica. La prima fase coincide con la prima enunciazione da parte di Jiang Zemin di questa teoria, nel corso di un viaggio nel Guangdong dal 21 al 25 feb 200023; un discorso che la stampa di partito ha subito ribattezzato per la sua importanza "discorso al sud" (nanfang jianghua), paragonandolo all'ormai storico viaggio di Deng Xiaoping nel sud del paese, nelle Zone Economiche Speciali, agli inizi del '9224. La seconda fase ha poi avuto luogo nella primavera dello stesso anno, quando, nel corso di un viaggio di Jiang nelle province del Jiangsu, del Zhejiang e nella municipalità di Shanghai, dall'8 al 15 maggio25, veniva lanciata una campagna di propaganda e di ampia diffusione del pensiero de "le tre rappresentatività" sui media nazionali, a cominciare dai principali quotidiani direttamente controllati dal partito26. L'ulteriore stadio di diffusione de "le tre rappresentatività" è rappresentato, durante un viaggio nelle province del nord-ovest del Gansu e del Ningxia27, dal lancio di un'ulteriore campagna di propaganda di tale teoria ancora più diffusa e capillare, che durante l'estate del 2000 si estendeva a tutte le principali pubblicazioni periodiche controllate dal partito28.

2 - Le caratteristiche di un "partito di governo"

Il pensiero de "le tre rappresentatività" occupa una posizione centrale nell'ormai storico discorso tenuto da Jiang in occasione degli 80 anni dalla fondazione del partito, il 1 luglio 200129; in esso però è messo prevalentemente in evidenza soprattutto il ruolo di questa teoria nel processo di edificazione del partito30. Nel rapporto di Jiang al XVI Congresso si può notare invece come questa elaborazione teorica abbia acquisito maggiore sistematicità, giungendo a un'ulteriore maturazione e compiutezza; a essa è dedicata sia la seconda parte di tale rapporto, dove ne viene sottolineato l'aspetto più puramente dottrinale, sia l'ultima, relativa all'opera di edificazione del partito31.
Ma ciò che fa soprattutto la differenza tra i due tipi di interventi è il riferimento esplicito al nuovo ruolo del partito nella società; un aspetto che non poteva ancora essere messo in luce nel discorso del 1 luglio, ma che compare per la prima volta nel rapporto al XVI Congresso: «il pensiero de "le tre rappresentatività" è stato formulato sulla base di una valutazione scientifica della posizione storica del partito. Dopo essere passato attraverso diverse fasi, quella della rivoluzione, della ricostruzione e della riforma, il partito si è sviluppato da un'organizzazione che ha condotto il popolo alla presa del potere ad un'organizzazione che ha guidato il popolo nell'esercizio del potere, rimanendo a lungo al governo. Si è sviluppato da partito che ha guidato la ricostruzione nazionale e l'economia pianificata in condizioni di blocco internazionale a partito che sta guidando lo sviluppo nazionale mentre il paese si sta aprendo al mondo esterno e sviluppando un'economia di mercato socialista...»32.

Il riferimento esplicito in un documento ufficiale a questa trasformazione subita dal partito è particolarmente significativo in quanto sta ad indicare che l'attuale leadership ha finalmente recepito sul piano ufficiale una serie di istanze provenienti dall'interno del partito stesso e dagli ambienti intellettuali a esso vicini. Infatti a parlare per la prima volta della trasformazione da avanguardia rivoluzionaria in partito di governo è stato, in un rapporto riservato, preparato nel 2001, in occasione degli 80 anni della fondazione del partito, Pan Yue, vice-presidente del Comitato per la Riforma del Sistema Politico33. In tale documento si legge: «Lo scopo di un partito rivoluzionario è rovesciare in modo sovversivo il regime precedente e prendere il potere; lo scopo di un partito di governo è creare un nuovo sistema, conservare il proprio potere e promuovere lo sviluppo socio-economico. Il partito rivoluzionario applica una filosofia di lotta; il partito di governo applica una filosofia di stabilità e di pace. Il partito rivoluzionario cerca dei mezzi di lotta e di resistenza armata; il partito di governo cerca dei mezzi legali e pacifici. Il partito rivoluzionario si basa sugli strati disagiati e rappresenta una classe in particolare; il partito di governo cerca di equilibrare ulteriormente gli interessi dei diversi strati della popolazione.....Mentre il partito rivoluzionario si serve di una serie di ideologie per mobilitare i conflitti sociali e per disgregare le istituzioni del sistema contro cui lotta, il partito di governo si considera responsabile del mantenimento della stabilità sociale e dello sviluppo economico; sebbene abbia una propria ideologia, esso deve far rispettare la legge e agire secondo la legge»34.

L'accento è posto sulla necessità per la Repubblica Popolare di dotarsi di quegli strumenti di legalità che garantiscano l'esistenza di un reale stato di diritto e che ancora mancano per il corretto funzionamento delle istituzioni politiche e giuridiche. Concordo quindi pienamente con quanto già affermato da altri nell'ambito di questa stessa rivista35, e cioè con il fatto che, sebbene la suddetta trasformazione del Partito comunista in partito di governo sia ormai avvenuta già nel corso degli anni '80, sanzionarla ufficialmente da parte dell'attuale leadership ha un ben preciso significato politico, altamente simbolico, che necessita di essere interpretato e decodificato. Ciò sta a significare che i vertici attuali riconoscono maturi i tempi per poter mettere in pratica una serie di correttivi per riformare effettivamente il partito, il suo rapporto con le istituzioni della Repubblica Popolare e il suo ruolo nella società. 

E' stato ancora Pan Yue a sostenere che «la pratica di venti anni e più di riforma non ha cambiato radicalmente solo la società cinese, ma ha modificato in effetti il partito stesso. Questo processo comprende l'abbandono della visione politica che pone al centro la lotta di classe......Questa transizione è ancora lungi dall'essere terminata: problemi teorici di grande importanza non sono stati ancora risolti, nuove nozioni politiche rimangono ancora a livello teorico e mancano di una prassi istituzionale»36

Anche Jiang Zemin, attraverso la formulazione del pensiero de "le tre rappresentatività", ha esplicitato la necessità da parte del partito di ricercare una nuova identità, di adeguarsi al mutamento in corso della compagine sociale, allargando la propria base di supporto. Il partito, per stare al passo coi tempi e con le trasformazioni generate da più di venti anni di riforme, deve farsi portavoce e guida dei nuovi e più dinamici settori dell'economia, di tutti i nuovi strati emergenti nella società, delle nuove elite dotate di conoscenze scientifiche e di potere economico. Il partito deve rappresentare anche gli imprenditori, i manager, i professionisti, gli intellettuali, gli scienziati, i tecnici, gli operatori della new economy, non più soltanto il proletariato e le masse lavoratrici, gli strati su cui ha basato la propria legittimità politica per più di cinquant'anni. La vecchia immagine è ora consegnata alla storia, nella ricerca di una base più ampia di consenso. "Le tre rappresentatività" propongono un'analisi della società cinese contemporanea e dei diversi strati della popolazione scevra da qualsiasi principio legato alla lotta di classe; in particolare, la definizione di "classi lavoratrici" inserisce tale concetto nel contesto di uno sviluppo economico estensibile a tutti i gruppi sociali. La ricerca di una nuova identità si compie attraverso un processo in base al quale il partito prende definitivamente le distanze dalla concezione leninista del partito inteso come avanguardia del proletariato e delle masse oppresse e abbandona completamente il principio della lotta di classe, trasformandosi in un partito interclassista; attraverso il passaggio da un tipo di rappresentanza che potremmo definire "univoca" a un nuovo tipo di rappresentanza complessa.

Ancora nel documento preparato da Pan Yue si legge: «Il partito rappresenta il proletariato e il proletariato costituisce la sua base sociale; ma ciò è contraddittorio dal momento che, essendo stata la borghesia annientata in quanto classe, la classe operaia ha perduto il proprio nemico.....In quanto esercito industriale impiegato nel settore statale la classe operaia non è più classe sfruttata e oppressa...Le tendenze di sinistra all'interno del partito hanno fatto sì che si temesse di porsi in modo diverso nei confronti della classe operaia e che si abbandonasse la "bandiera rivoluzionaria"...I ricchi e gli intellettuali sono anch'essi frutto della rivoluzione stessa, perché il partito non può rappresentarli?»37 

Pur sostenendo che il Partito debba rappresentare gli interessi di tutta la popolazione, il discorso di Pan diventa particolarmente interessante quando lascia sottintendere tra le righe una conseguenza quasi logica di tale premessa: che gli interessi dell'intera popolazione non possono essere rappresentati da un solo partito e che attualmente nella società cinese non esistono altri partiti che rappresentino realmente tutti gli strati sociali38. Anche se non chiaramente espressa questa è una critica implicita a "le tre rappresentatività", una teoria che non può risolvere interamente questo problema di rappresentanza politica. Lasciando quindi sottintendere un velato attacco al sistema del partito unico, Pan ribadisce la necessità della ricerca di una nuova legittimità alla luce dei cambiamenti sociali in corso, mettendo in discussione l'assioma secondo cui la legittimità del partito al potere possa basarsi unicamente sul fatto che sia stato quello stesso partito a fondare lo stato39. Tuttavia queste "pericolose" implicazioni politiche vengono subito lasciate cadere da Pan, che alla fine del saggio si affretta a ribadire a chiare lettere, anche se in modo abbastanza precipitoso e non dialetticamente conseguente con i presupposti in precedenza enunciati, di non mettere in discussione il sistema del partito unico e di non auspicare assolutamente l'avvento del sistema multipartitico secondo il modello occidentale40.

Quelle esternate da Pan non sono tuttavia le uniche perplessità espresse nei riguardi del pensiero de "le tre rappresentatività", forzatamente adattato alle interpretazioni più svariate, che possono trovare applicazione negli ambiti più diversi; esso viene spesso presentato dai media quasi come una panacea per sanare molti dei mali che affliggono l'organizzazione del partito, come ad esempio il problema della corruzione. Questa dottrina, oltre che essere stata ampiamente criticata e persino ridicolizzata nei circuiti non ufficiali41, ha ricevuto molti attacchi42, tra cui alcuni anche da parte di personaggi autorevoli, come per esempio da parte di Bao Tong; l'ex-collaboratore di Zhao Ziyang, in una lettera pubblicata dalla stampa di Hong Kong, ne ha messo seriamente in dubbio ogni validità politica, sostenendo come il partito finirebbe per rappresentare così solo i «ricchi, i potenti e la nuova aristocrazia»43. 

Sforzandosi però di superare una visione che non rispecchi soltanto la consueta iterazione di formule e slogan delle campagne ideologiche lanciate dalla stampa di partito, si potrebbe forse considerare il pensiero de "le tre rappresentatività" sotto una luce un po' diversa, in una prospettiva che trascenda l'ambito di una funzione esclusivamente propagandistica. Si potrebbe magari iniziare a collocare questa elaborazione teorica in una prospettiva strategica di più ampio respiro, considerandola forse come il primo strumento di cui il partito intende servirsi per apportare una serie di correttivi ormai inevitabili al sistema.

E in questa prospettiva si potrebbe forse ipotizzare anche una valutazione diversa dell'intera era di Jiang Zemin, un'era non ancora conclusa, ma di cui possono essere presi in esame questi 13 anni, dal 1989 al 2002. Ma sarebbe pericoloso spingersi lungo un simile percorso, alquanto accidentato, che potrebbe generare non pochi fraintendimenti. E' infatti necessario ribadire come questo punto di vista possa essere adottato solo in base a una scelta ben precisa, quella di effettuare una valutazione storica esclusivamente in termini di cruda realpolitik, senza prendere deliberatamente in considerazione gli enormi problemi che affliggono la società cinese contemporanea, tra cui quello dei diritti umani. Unicamente in tale prospettiva si potrebbe, forse, affermare che colui che era apparso in principio come "un secondo Hua Guofeng"44 è riuscito davvero a portare a compimento e a perfezionare ulteriormente l'opera di Deng Xiaoping. Se quest'ultimo è stato capace di allontanare la Cina dai disastri e dalle aberrazioni della rivoluzione culturale, Jiang ha avuto la lungimiranza politica di gettare le basi per rendere realmente duraturi nel lungo periodo i primi risultati del processo di riforma. La lezione politica di Jiang può essere letta ai fini della conservazione del sistema stesso, che per autopreservarsi deve essere trasformato dall'interno, in maniera non certo traumatica o radicale, intervenendo sui suoi centri vitali, il partito e la sua ideologia.

E' innegabile come Jiang sia riuscito a fornire al paese una stabilità politica durevole, indispensabile per la sorprendente crescita economica sperimentata dalla Cina, sebbene tale stabilità abbia avuto dei costi altissimi dal punto di vista umano e sociale. Questa stabilità ha reso tuttavia possibile, per la prima volta nella storia della Repubblica Popolare, che il passaggio dei poteri e la successione ai vertici del partito avvenissero in modo controllato e ordinato; un'operazione politica che invece non era riuscita nemmeno allo stesso Deng Xiaoping45. Staremo allora a vedere se proprio i leader della cosiddetta "quarta generazione", recentemente eletti, riusciranno o meno a cogliere a loro volta la sfida dei tempi, soprattutto nell'attuare quelle riforme istituzionali così necessarie e ormai non più prorogabili.

MONDO CINESE N. 113, OTTOBRE-DICEMBRE 2002

Note

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