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INDICE>MONDO CINESE>OTTO ANNI IN TIBET, LA COOPERAZIONE DELL'ITALIA SUL TETTO DEL MONDO, 1996-2004

CULTURA E SOCIETÀ

Otto anni in Tibet, la Cooperazione dell'Italia sul Tetto del Mondo,
 1996-2004

di Giorgio Cortassa

1. Cinque protocolli di intesa con la Cina

Diverse entità possono oggi rientrare nel termine Tibet: la cultura tibetana in senso globale o loco-regionale, il Tibet storico, la Regione Autonoma del Tibet ed il Tibet in esilio. In questo articolo si parlerà esclusivamente di cooperazione dell'Italia nella Regione Autonoma del Tibet (RAT) allo scopo di fornire un quadro generale delle attività effettuate, di quelle in corso e dei possibili sviluppi. La RAT è una regione della Cina e quindi la cooperazione in RAT rappresenta un capitolo specialistico della cooperazione Italia-Cina, soggetto a tutte le variazioni nei rapporti tra Italia e Repubblica Popolare.

L'Italia ha tra i suoi obiettivi strategici il mantenimento della stabilità sociale in Cina, paese di un miliardo e 300 milioni di persone impegnato in un colossale processo di trasformazione1 . I rapporti bilaterali di cooperazione tra i due paesi, iniziati nel 1981, sono stati disciplinati da cinque protocolli d'intesa tra il nostro MAE-DGCS (Ministero Affari Esteri - Direzione Generale Cooperazione e Sviluppo) ed il MOFTEC (Ministry of Foreign Trade and Economic Cooperation) cinese2 . Nel maggio 1989 queste attività subirono una brusca interruzione a seguito degli avvenimenti di piazza Tian'anmen e solo due anni dopo, con la rimozione delle sanzioni nei confronti della Cina, furono poste le basi per la ripresa della cooperazione3 . La sospensione ebbe una ricaduta anche sui progetti in RAT, determinandone un ritardo notevole. II progetto "Sviluppo della medicina d'urgenza e pronto soccorso nella Regione Autonoma del Tibet" iniziò con vari anni di ritardo, quando i cinesi avevano costruito da tempo il centro d'emergenza che avrebbe dovuto contenere le apparecchiature fornite dagli Italiani; centro che invece restò per molto tempo desolatamente vuoto. Un altro aspetto della dipendenza dei progetti tibetani nei confronti della situazione in "mainland China" fu la tendenza a ripetere modelli di sviluppo non sempre adeguati alla situazione in RAT. II citato Centro d'Emergenza del Tibet - ad esempio - fu progettato come copia in scala dei centri realizzati a Pechino e Taiyuan. D'altra parte, come vedremo, si verificò anche il contrario: alcune delle esperienze maturate in RAT ebbero cioè una ricaduta generale nei confronti della cooperazione italiana in Cina.

Solo intorno alla metà degli anni '90 ebbe inizio in grande stile l'attività di cooperazione dell'Italia in RAT. Prima si erano avuti contatti sporadici, se si eccettua forse una cooperazione di italiani alla realizzazione dell'impianto geotermico a Yangbajing intorno al 1977,4 citata spesso dai tibetani, ma della quale non ho trovato documentazione5 .

Nel 1994 una piccola ong di nome ASIA6 avvia i primi veri progetti. II primo riguarda il restauro del convento di Khamdogar e del tempio buddista del villaggio, nella contea di Gonjo, prefettura di Qamdo; il secondo (appena oltre il confine della RAT col Sichuan) prevede il restauro di alloggi storici del villaggio di Galenteng, nella contea di Dege. Sono due iniziative semplici e di portata limitata, ma significative, realizzate con fondi interni ASIA. Presidente e fondatore di ASIA (Associazione per la solidarietà internazionale in Asia) è dal 1988 il lama tibetano Namkhai Norbu, giunto in Italia nel 1960 su invito del professor Tucci e per anni docente ordinario di Lingua e Letteratura Tibetana e Mongola all'Istituto Universitario Orientale di Napoli. Animata da personale motivato e preparato, in linea diretta con la tradizione di scambi culturali e di cooperazione tra Italia e Tibet7 , ASIA si propone come ong specializzata sulle questioni delle minoranze etniche asiatiche in genere, tibetane in particolare.

Nel 1996 ASIA ottiene un importante finanziamento MAE per la realizzazione del progetto per lo sviluppo delle condizioni sanitarie, educative ed economiche del villaggio di Dzamthog, nella prefettura di Qamdo (RAT). Si tratta di un grande intervento di tipo multisettoriale a favore delle popolazioni nomadi della parte nord-orientale della RAT. ASIA costruisce un acquedotto per rifornire di acqua corrente il villaggio, realizza il sistema fognario, edifica ed equipaggia una scuola per 450 bambini ed un ospedale da 20 posti letto con alloggi per il personale sanitario dove, dal maggio 1996 all'ottobre 2000, si alterneranno una serie di medici e chirurghi italiani. Nei periodi di massima attività la piccola valle si copre delle tende nere dei nomadi che, da ogni angolo del Tibet Orientale, portano a Dzamthog a curarsi i loro cari, spinti dall'accessibilità (gratuita) e dalla alta qualità delle cure. Stoicamente sostenuto sul piano logistico a livello locale8 il progetto Dzamthog ha permesso a ASIA non solo di maturare esperienza nella realizzazione di progetti MAE, ma anche di approfondire sino al dettaglio la conoscenza dell'area e di progettare le successive attività di cooperazione in Tibet.

Nel 1996 si ha anche l'avvio, dopo i ritardi di cui si è detto, del progetto di sviluppo della Medicina d'Urgenza e Pronto Soccorso, a realizzare il quale il MAE chiama uno dei grossi calibri della cooperazione italiana: il CISP9 . Il CISP (Comitato lnternazionale per lo Sviluppo dei Popoli) è una delle maggiori ong italiane e nel '96 ha già accumulato una vasta esperienza nella realizzazione di progetti di cooperazione in Africa, America Latina e Medio Oriente. La missione in RAT viene preparata accuratamente10 : si tratta infatti del primo intervento a grande visibilità della cooperazione italiana in Tibet, con portata regionale dato che l'area coperta include tutto il (vastissimo) Tibet Centrale. II governo cinese col MOFTEC, ed il MAE con l'Ambasciata d'Italia in Cina guardano quindi con molta attenzione a quanto sta per avvenire sull'altopiano: un insuccesso a questo punto comprometterebbe lo sviluppo della nostra cooperazione nella regione. Malgrado tutte le cautele, si sfiora il disastro: non solo i cinesi sono infastiditi dalla lunga attesa, ma si riscontrano anche nette divergenze sull'impostazione generale delle attività e sulle liste di apparecchiature necessarie. La proposta iniziale elaborata dagli esperti italiani11 viene rifiutata dai cinesi ed a tre settimane dall'arrivo già si rischia in tal modo la chiusura del progetto. Per fortuna la grande esperienza del capoprogetto italiano12 permette la riapertura del dialogo dopodiché - per sei mesi - tocca agli esperti sul campo spiegare, con l'aiuto di testi, tabelle e illustrazioni varie, la loro parte di competenza professionale in materia.

È un'esperienza faticosa, ma il risultato finale è positivo: i colleghi di Lhasa acquistano fiducia nella capacità italiana di fornire un aiuto non solo in termini di budget e di equipaggiamenti, ma anche sul piano scientifico e formativo. Si definisce un sistema organizzativo da cui discendono liste di materiali e contenuti didattici. Si realizzano gare d'appalto, si pubblicano libri di testo in cinese e tibetano, si effettuano corsi di formazione per medici ed infermieri locali. Così i sofisticati equipaggiamenti da terapia intensiva richiesti dai cinesi vengono in gran parte depennati, le ambulanze sono fuoristrada capaci di affrontare le impervie strade tibetane, le comunicazioni si fanno via radio HF, si forniscono materiali da pronto soccorso scelti tra i più semplici, robusti e di grande qualità. In tal modo vengono preparati e equipaggiati l'ospedale regionale a Lhasa, i quattro ospedali distrettuali di NagQu, Shigatse, Shennan-Lokaa e NingChi, più l'ospedale di contea di Medjiu-Gonggar con tutte le cliniche ed ambulatori di villaggio del suo bacino d'utenza. Nasce il numero unico di chiamata 120 a Lhasa, simile al nostro 118, mentre il personale tibetano, cinese ed italiano lavora giornalmente fianco a fianco non solo nel settore organizzativo ed in quello didattico, ma anche sul campo, nella cruda realtà dell'emergenza, per la cura dei malati.

2. Economia di mercato anche nella sanità

Mentre il gruppo iniziale di espatriati italiani viene gradualmente sostituito, in Tibet si avvicenda una serie di cooperanti di grande esperienza13 . Il progetto dura quattro anni, dal luglio 1996 al luglio 2000, nel corso dei quali i 3,9 miliardi di lire donati dal MAE vengono interamente spesi e si consolida la fiducia e la stima tra professionisti locali e forestieri. Quello del CISP, nato tra varie difficoltà, si avvia a diventare uno dei progetti sanitari di maggior successo della cooperazione italiana in Cina. Man mano che le difficoltà logistiche, tecniche e cliniche vengono affrontate e risolte i cooperanti italiani prendono però coscienza di un problema fondamentale, che il progetto, per la sua stessa natura, non può risolvere. II problema deriva dal cambiamento nella politica sanitaria in Cina, con apertura all'economia di mercato. Una delle conseguenze è che le cure si pagano, incluse quelle di pronto soccorso. Ma la povera gente che soprattutto dovrebbe beneficiare del progetto queste cure, in molti casi, non può permettersele assolutamente. II ricovero d'urgenza per una malattia grave (ad esempio un'appendicite, che deve essere operata subito o evolverà a peritonite) richiede il versamento di una cauzione di 1.500 yuan. Le famiglie di poveri contadini o di pastori nomadi però hanno spesso un bilancio annuale di poche centinaia di yuan e questi soldi - che oltretutto devono essere versati in contanti e subito - non sanno proprio dove trovarli. Quando il personale italiano è presente la situazione viene comunque superata: talora facendo semplicemente tutto ciò che è necessario, talora con il contributo economico degli stessi cooperanti, che pagano di tasca loro le cure dei non abbienti. Per ovviare al problema a un certo punto si organizza perfino una "cassa poveri" dove si versano dollari lasciati "in offerta" da ricchi turisti occidentali (adeguatamente sensibilizzati) quando vengono visitati gratuitamente per qualche problema dai sanitari italiani. Ma in tutti i (tanti) casi in cui gli italiani non possono essere presenti, per salvare la vita del loro caro i poveri tibetani devono affannarsi a chieder prestiti ad amici e parenti ed a vendere le loro proprietà, inclusi gli animali che rappresentano la loro unica ricchezza. In questo modo però spesso non si riesce neppure a raggranellare il denaro necessario mentre il tempo, così prezioso nelle urgenze mediche, continua a scorrere implacabile. Anche nel caso migliore, in cui la somma viene versata, il malato curato e - con l'aiuto della Provvidenza - salvato, il risultato è che comunque quella famiglia è economicamente rovinata.

Oggi sappiamo che la malattia è una delle maggiori cause di povertà in Cina, specialmente nelle campagne e nelle regioni del Nord-Ovest, come in Tibet. Ma nell'inverno '98/'99 i primi rapporti in tal senso del progetto CISP suscitano un certo scalpore: dopotutto siamo nella comunista Repubblica Popolare Cinese! II direttore dell'Unità Tecnica locale della Cooperazione presso l'Ambasciata d'Italia in Cina reagisce prontamente: a Pechino si organizza una riunione con l'esperto MAE per l'Estremo Oriente14 ed i responsabili di tutti i progetti sanitari della Cooperazione Italiana in Cina. Viene elaborato un piano brillante: realizzare uno studio sulla accessibilità economica alle cure che si svolgerà non solo a Lhasa, ma anche in altre sedi di progetti sanitari italiani sul suolo cinese: a Jagadaqi, in Manciuria, e nella stessa Pechino. L'Istituto Superiore di Sanità sarà responsabile di questa ricerca che verrà condotta sul terreno col supporto logistico e tecnico dell'Accademia Cinese di Medicina Preventiva15 . Lo studio viene condotto nell'inverno '99-2000 e dimostra inequivocabilmente l'esistenza di una barriera economica che rende problematico l'accesso alle cure, incluse quelle di pronto soccorso per malattie gravi16 . II contributo della prestigiosa Accademia Cinese rende i risultati inattaccabili ed il suo stesso direttore ringrazia gli italiani per aver contribuito a evidenziare e quantificare il problema. In tal modo la Cooperazione Italiana realizza come il suo contributo alla realizzazione di un efficace sistema di medicina d'urgenza in Cina non potrà beneficiare che in parte gli strati più vulnerabili della popolazione.

L'impostazione della cooperazione sanitaria del nostro paese con la Repubblica Popolare viene modificata di conseguenza. Si avvia così un progetto a gestione diretta di "Supporto istituzionale al Ministero della Sanità Cinese" all'interno del quale si promuoveranno le capacità manageriali dei quadri cinesi. La visibilità del "problema Pronto Soccorso" viene inoltre aumentata con un Simposio Internazionale sugli "Avanzamenti della Medicina d'Emergenza in Cina" (AEMC2001) che viene organizzato nel novembre 2001 a Pechino dalla Cooperazione Italiana con la partecipazione dell'OMS, del Ministero della Sanità Cinese, dell'Istituto Superiore di Sanità e della Società Cinese di Medicina d'Urgenza.

In questo modo, mentre una segnalazione originata dal Tibet ha conseguenze su tutta la nostra cooperazione sanitaria in Cina, nella RAT i cooperanti italiani hanno la conferma che per i poveri tibetani il sistema di Pronto Soccorso resterà una realtà poco accessibile. E tuttavia il bilancio finale del progetto non può essere considerato negativo: innanzitutto le strutture di pronto soccorso sono comunque meno inaccessibili ora che prima, per il semplice fatto che prima non esistevano affatto! Non esisteva infatti, ad esempio, neppure una sola vera ambulanza degna di questo nome, in Tibet, prima del progetto CISP Inoltre un beneficio per i malati è stato comunque ottenuto: all'interno del Centro di emergenza di Lhasa, ad esempio, la mortalità è scesa di più della metà, dall'inizio alla fine del progetto17 . Infine, alcune metodiche didattiche utilizzate per la prima volta in Cina nell'ambito del progetto CISP in RAT sono poi state applicate con vantaggio in altri progetti cinesi: in particolare la didattica tipo BLS/ALS (Basic/Advanced Life Support) che sarà poi introdotta nel 2002 al Centro d'Emergenza di Shanghai. Tuttavia la maggiore ricaduta positiva delle esperienze maturate con il progetto CISP/MAE in Tibet sta nell'aver contribuito al riorientamento della nostra cooperazione sanitaria in Cina verso una Medicina maggiormente accessibile: preventiva, primaria e materno-infantile. Su questa linea, e sull'onda del successo complessivo del progetto CISP di Pronto Soccorso in RAT, nell' estate 2000 è stata preparata una "Seconda Fase" del progetto stesso che, come vedremo, tenta di sfruttare gli aspetti positivi della "Fase 1" combinandoli con aspetti più immediatamente fruibili da tutti i beneficiari come educazione sanitaria, igiene, prevenzione e medicina di base.

Un ulteriore beneficio del progetto CISP fu l'aver riportato in Tibet, e l'avercelo tenuto costantemente a lavorare dal 1996 al '99, un espatriato esperto di lingua, cultura e questioni tibetane18 . Tra i vari compiti di tale professionista vi era quello di identificare ulteriori spazi per interventi di cooperazione in RAT ... opportunità che non si lasciò sfuggire. E l'occasione si presentò nell'autunno del '97.

3. I soccorsi nelle tempeste di neve

Era il 17 settembre 1997 quando la neve iniziò a cadere copiosamente sul Tibet Settentrionale, dapprima nella zona di NagQu, poco dopo anche sulla prefettura di Ngarji. Fin dall'inizio i nomadi erano preoccupati perché sull'altopiano del Chang Tang non si era mai verificata una nevicata così precoce. Le greggi di pecore e yak restarono intrappolate nei pascoli estivi. E la neve continuò a cadere, in una serie di tempeste come neppure i più anziani potevano ricordare; in alcuni posti continuò a cadere per i quattro mesi successivi. Con temperature sino a 40 sottozero il manto nevoso ghiacciato impedì il pascolo, i nomadi esaurirono le riserve di foraggio e iniziarono a nutrire gli animali con l'orzo destinato a loro stessi, ma il nutrimento divenne presto insufficiente e gli animali iniziarono a morire. In alcune aree i nomadi arrivarono a perdere così il 90% delle loro greggi. Senza più sterco di yak come combustibile, per difendersi dal freddo mortale, disperati, iniziarono a bruciare tutto ciò che avevano con loro: casse di legno, vecchi vestiti e finimenti, perfino le lampade e le tazze in legno per il tè al burro. In molti rimasero senza più nulla, talora neppure la tenda. Nel pieno dell'inverno 1997-98, in tutto il Tibet del Nord, il fragile equilibrio tra uomini e natura era spezzato. Mentre una buona metà di questa fiera popolazione nomade sprofondava nella povertà totale, la roccaforte della cultura tibetana, col suo stile di vita tradizionale immutato da millenni, si confrontava con la possibile estinzione.

L'Ufficio Umanitario della Comunità Europea (ECHO) è una delle strutture che può stanziare fondi per fronteggiare emergenze di questo tipo. Un milione di euro per il disastro delle nevicate in Tibet venne affidato al CISP sulla base dei rapporti sulla situazione e di un piano operativo molto semplice: comprare quanto necessario e distribuirlo ai beneficiari. Naturalmente, molto più semplice a dirsi che a farsi quando di mezzo, oltre alla burocrazia cinese, ci sono strade impossibili, non tracciate su nessuna carta e che scompaiono nel nulla, tra piccoli villaggi nomadi di tende sparsi su un enorme territorio ghiacciato ad oltre 4500 metri di quota, nel bel mezzo del peggior inverno tibetano a memoria d'uomo. Diverse tra le ong nordeuropee presenti in RAT ci provarono, ma l'unica missione di soccorso che arrivò ad una completa realizzazione fu quella ECHO/CISP. Con l'aiuto dell'esperto agronomo19 e la collaborazione dei nomadi tibetani i fondi ECHO furono utilizzati per comprare 786 tonnellate di orzo, 9.000 paia di scarpe, 4.000 completi di giacche e pantaloni invernali, 90.000 euro di medicinali essenziali, 1.600 tende pesanti e 21.104 tra pecore e capre.20 Così un bel giorno nel cortile del centro d'emergenza, a Lhasa, si ritrovò un convoglio di pittoreschi camion tibetani carichi di capre, pecore, tende e quant'altro necessario, pronti a partire per NagQu. Parecchi mesi dopo, con alle spalle una serie piuttosto epica di peripezie, tutto il materiale era stato consegnato direttamente ai beneficiari: 76.624 persone distribuite su 28 villaggi nel NagQu e 77 villaggi nel Ngarji. Ne valeva la pena, e le maggiori soddisfazioni vennero proprio da queste persone. "Sapevamo che volevate venire ad aiutarci - disse un giorno un vecchio nomade al capoprogetto italiano21 - ma mai e poi mai avremmo creduto che ce la faceste davvero ad arrivare sin qua".

4. L'aiuto alle comunità di nomadi

Quel primo progetto d'emergenza ECHO/CISP sarebbe diventato un prototipo, il primo di una serie di progetti d'aiuti umanitari d'emergenza analoghi che si svolsero negli anni successivi. II tragico inverno '97-'98 aveva infatti provocato la morte di 4 milioni di capi e ridotto in povertà estrema il 45% della popolazione del Chan Tang mettendo in pericolo la sopravvivenza di 250.000 nomadi. Era impensabile che le conseguenze di questo disastro che aveva pesantemente alterato l'equilibrio dell'altopiano si esaurissero nell'arco di un anno. II progetto del 1998 aveva portato un primo, essenziale soccorso alla popolazione, permettendo la sopravvivenza dei villaggi maggiormente colpiti, ma la situazione restava precaria. Per consolidare i risultati una seconda missione ECHO/CISP partì nell'aprile '99 e fu portata a termine con successo entro il novembre di quell'anno. Ma non bastava ancora e la palla passò allora ad ASIA che impiantò un ufficio permanente a Lhasa e con finanziamenti dell'OCHA22 e del MAE effettuò in successione due analoghi progetti d'emergenza a sostegno delle comunità nomadi nel Ngarji e nel NagQu, distribuendo capi di bestiame, viveri e medicinali ad un totale di altri 56.000 beneficiari. L'ultimo di questi interventi in RAT si è concluso nel dicembre 2000. L'esperienza acquisita ha permesso ad ASIA di intervenire efficacemente su situazioni di calamità naturale simili a questa in altre aree del Nord cinese (Qinghai e Mongolia Interna) e ne ha anche consentito un maggior radicamento in RAT nell'ambito di progetti di più ampio respiro.

Oltre ai progetti di restauro ed al progetto di sviluppo multisettoriale a Dzamthog ASIA infatti è stata ed è impegnata in molte altre attività di cooperazione e sviluppo nella RAT o in aree ad essa adiacenti del Sichuan (ad esempio a Dege, con un progetto di medicina primaria) e del Qinghai, nelle quali l'influenza culturale tibetana è fortissima.

ASIA sostiene anche un programma di adozioni a distanza per bambini tibetani poveri e promuove la visibilità in Italia della cultura tibetana tramite l'organizzazione di incontri, seminari e mostre come quella recente (maggio-luglio 2003) al museo Pigorini a Roma dal titolo "Nomadi Tibetani". ASIA rimane quindi, nel panorama italiano ed in quello mondiale, una ong altamente specializzata in Tibet e dintorni, elemento prezioso di una ristretta elite di organizzazioni simili, il cui numero si può contare sulle dita. C'è un'altra ong di questo tipo, specializzata in Tibet, che pur avendo base a New York è anch'essa un po' italiana. Si tratta della Trace Foundation, ong finanziata dal magnate George Soros, attivamente impegnata in RAT e Qinghai in una serie di programmi in campo sanitario, educativo, agricolo, di generazione di reddito, di tutela ambientale e culturale a vantaggio di beneficiari tibetani. L'italianità della Trace sta in due soli elementi: il suo direttore ed il suo esperto a Lhasa, entrambi italiani.23
Anche il CISP, meno specializzato ma ormai con una solida esperienza in Tibet, è di recente rientrato in RAT in forze con la seconda fase del progetto emergenza, un'iniziativa il cui sottotitolo recita: "Estensione alle aree periferiche e prevenzione e cura delle emergenze materno infantili". Si tratta di un progetto affidato MAE da 2,2 milioni di euro le cui attività sul terreno, iniziate nell'autunno 2001, si protrarranno almeno per tutto il 2004. Questo complessa iniziativa si propone di solidificare i risultati della prima fase estendendo la rete d'emergenza sanitaria ai due ospedali distrettuali situati ai lati opposti della RAT: Qamdo e Ngarji. Inoltre, potenzierà la medicina di base e materno infantile in 6 contee tibetane e - soprattutto - tenderà a produrre benefici durevoli per le popolazioni rurali e nomadiche maggiormente vulnerabili puntando su educazione sanitaria, medicina preventiva e igiene. II primo anno di attività ha permesso il raggiungimento degli obiettivi preparatori previsti e si tratta ora quindi di "entrare in azione" a "pescare" tutto quanto di buono sarà possibile sul terreno; per il progetto "seconda fase" i prossimi mesi saranno quindi decisivi.

II maggior sforzo della cooperazione italiana in RAT passa per ASIA e CISP, ma queste due organizzazioni non sono le sole ad essere impegnate in questo difficile territorio. Le molte simpatie raccolte in Occidente hanno promosso la nascita di varie organizzazioni a vantaggio della cultura e della "causa" tibetana. Qui però ci limiteremo a citare quelle che effettivamente hanno o hanno avuto programmi di cooperazione sul terreno in RAT, tralasciando altre attività attinenti ad aspetti diversi della "tibetanità" come questioni politiche, di sostegno ai tibetani rifugiati e così via.

Eco-Himal24 è una piccola ONLUS di volontariato con basi in Italia, Austria e Svizzera che promuove attività di cooperazione nella RAT supportando un semplice ospedale di primo livello (l'ospedale "Fosco Maraini"!) e sette piccole scuole tibetane situate in aree remote. Eco-Himal promuove anche alcuni progetti culturali, contribuendo al riordino, conservazione e ristampa di testi buddisti e sostenendo un scuola filosofica e tradizioni locali (danze dei nomadi) nel Tibet Occidentale; ha inoltre avviato un Centro di Alpinismo per la formazione di alpinisti e alpiniste tibetane con una "palestra di roccia" a breve distanza da Lhasa.

Per alcune di queste attività EcoHimal ha cooperato con il Comitato Ev-K2-CNR25 (Everest - K2 Consiglio Nazionale delle Ricerche) responsabile del Laboratorio - Osservatorio Internazionale Piramide sul versante Nepalese, ai piedi del monte Everest. Questo osservatorio originariamente avrebbe dovuto essere situato sul versante Nord (Tibetano) del Qoomolangma (vero nome del Monte Everest): un'altra opzione resa impossibile dagli eventi di Tian'anmen. II Comitato Ev-K2CNR ha recentemente riorientato la sua missione, non più solo a fini di ricerca, ma anche verso uno sviluppo sostenibile, in particolare nella regione Himalayana.

II CNR e l'INFN (Istituto Nazionale Fisica Nucleare) hanno inoltre avviato un progetto scientifico in RAT con l'Accademia Cinese di Studio delle Alte Energie per la realizzazione dell'osservatorio di studio dei raggi cosmici ARGO (Astrophysical Radiation Groundbased Observatory) a Yangbajing26 , inaugurato nel giugno 2001.

L'Ambasciatore Bruni, sinceramente affezionato al Tibet, ha fatto molto nel corso del suo mandato per promuovere la cooperazione dell'Italia in RAT.
Infine, uno degli ultimi (in ordine di tempo, non di importanza) progetti Italiani in RAT è quello realizzato nel 2002-2003 dalla ONG "Fondazione Don Carlo Gnocchi" per la formazione e reinserimento lavorativo dei disabili presso la piccola clinica del monastero di Tashilumpo a Shigatse27 . II progetto della Don Gnocchi, sostenuto dalla Regione Lombardia e dalla ong milanese AISPO si è avvalso per la componente protesica della cooperazione specialistica della ong "Handicap International". II 30 Novembre 2003 i rappresentanti della Fondazione Don Gnocchi hanno passato le consegne per il proseguimento delle attività ai responsabili della "Lama Ganchen World Peace Foundation" organizzazione basata in Italia, ma di stampo internazionale, facente capo al discusso Lama Ganchen28 . In RAT la "Lama Ganchen" supporta anche adozioni a distanza ed il monastero, l'ambulatorio e la scuola del villaggio di Ganchen, area nella quale ha anche finanziato la costruzione di due piccoli acquedotti.

Lavorare per lo sviluppo del Tibet in Regione Autonoma è un operazione aperta ad ogni tipo di complicazione: politica, culturale, linguistica ed anche logistica: non è confortevole fare lezione a meno venti! Ma come soleva dire l'Ambasciatore Bruni: "Proprio perché è la più difficile questa cooperazione è anche la più stimolante". In fondo è la stessa cosa che dicono i lama tibetani: "Quando sei in dubbio, scegli sempre il sentiero più arduo".
Bisognerebbe guardare al futuro della Cina non solo dai razzi o dalle enormi dighe, ma anche da qualche villaggio rurale, da qualche clinica sperduta nelle aree remote del Nord Ovest, come il Tibet. La stabilità o la instabilità sociale di questo paese nasce anche da qui.
Anche per questo la cooperazione col Tibet continua: questa storia non è ancora finita.

MONDO CINESE N. 118, GENNAIO-MARZO 2004


Note

1  Iannucci Attilio Massimo, "La politica della Cooperazione Italiana in Cina", Mondo Cinese, n. 103, gennaio-aprile 2000, pp.61-64.
2  Silvia Massimi, "La cooperazione italiana in Cina", Mondo Cinese, n.104, maggio-agosto 2000.
3  UTL, Ufficio della Cooperazione Italiana a Pechino, Ambasciata d'Italia. Sito Internet: La Cooperazione Italiana in Cina, http://www.cina.com.cn/ layer2/12.html, "La cooperazione italiana in Cina". 2003.
4  Fenomeni geotermici tipo "geyser" e fonti calde non sono rari in Tibet e questo impianto ne sfrutta l'energia naturale per produrre energia elettrica. Situato a Nord di Lhasa sulla strada per NagQu, l'impianto è tuttora in funzione, ma la quantità di energia che produce è troppo bassa. Come vedremo Yangbajing tornerà alla ribalta nel 2001 con un altro progetto. Per una trattazione specialistica cfr. Dor Ji and Zhao Ping, "Characteristics and genesis of the Yangbajing geothermal field, Tibet" in Proceedings World Geothermal Congress, Kyushu-Tohoku, Japan, June 2000.
5 Ringrazio fin d'ora, scusandomi per l'eventuale omissione, chi mi fornirà indicazioni su questo e su eventuali altri progetti precedenti della cooperazione italiana in RAT dei quali non sono a conoscenza.
6 Per una presentazione di ASIA e dei suoi progetti cfr. il sito internet http://www.asia-onlus.org/index.htm 
7 II brillante "motore" di ASIA è il suo infaticabile segretario generale, Andrea dell'Angelo. Coadiuvato da un piccolo manipolo di validi collaboratori, Andrea è immerso nel Tibet anche quando si trova nella sede centrale di ASIA a Roma: la moglie, professoressa Giacomella Orofino, è docente di Tibetano all'Istituto Universitario Orientale di Napoli. II fratello maggiore Enrico, tibetologo esperto d'antiche religioni sciamaniche himalayane, è socio autorevole dell'istituto di studi tibetologici Shang Shung e buon amico di Fosco Maraini.
8 Giorgio Minuzzo l'inossidabile logista di ASIA, ha resistito per quattro lunghi anni (e quattro freddissimi inverni) a Dzamthog, contribuendo in maniera determinante a rendere possibile anche questo progetto.
9  Per una presentazione del CISP e dei suoi progetti cfr. il sito internet http://www.cisp-ngo.org
10 II responsabile del settore Oriente del CISP, Gianluca Falcitelli, ha costantemente supervisionato nonché lavorato a lungo alla preparazione di questa missione insieme a Daniela Ambrosi, medico di sanità pubblica.
11 Si trattava dell'ingegnere clinico dr. Werner Rainer e del programmatore sanitario dr. Carlo Saitto.
12 II primo capo-progetto, dr. Giorgio Montanarini, di Parma, già allora beneficiava di una esperienza pluriennale in cooperazione nell'Africa, in Asia Centrale, nei Balcani ed in generale nelle più tormentate aree del pianeta.
13  Ricordiamo tra gli altri il dr. Giorgio Macor, medico, e Radames Schiavon infermiere professionale.
14  Direttore UTL era in quel periodo l'architetto Anna Maria Pinchera, esperto MAE il dr. Pasqualino Procacci.
15  Rita Ferrelli (relatori prof. R. Guerra, G. Tarsitani), "Servizi di Emergenza e disponibilità al cofinanziamento in tre zone urbane della Cina". Tesi di specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva; Università "La Sapienza" Roma, Anno accademico 1999-2000. 
16  Rita Ferrelli, Jiang Yuan, " Emergency Care Services and Willingness to pay in three urban areas of China: results of a survey carried out in Lhasa, Jagadaqi and in the Dongcheng district (Beijing)". In Symposium on the Advancement of Emergency Medicine in China, AEMC 2001. "Paper 15" Pechino, novembre 2001.
17  Giorgio Cortassa , Wang Shoubi, "The difficult path: Emergency Medicine in the Land of Snow", in Symposium on the Advancement of Emergency Medicine in China, AEMC 2001. "Paper 14". Pechino, novembre 2001. 
18  L'esperto tibetologo in questione era il dr. Enrico dell'Angelo.
19  Si tratta dell'agronomo franco-afghano Farouq Baroukzai.
20  Dati tratti dal rapporto di fine missione del CISP a ECHO "Humanitarian assistance far the victims of the Snow disaster in the Tibetan Autonomous Region, China", March 1998/ November 1999. 
21  Cfr. nota 19.
22  OCHA significa: Office for the Coordination of the Humanitarian Affairs delle Nazioni Unite.
23  Direttore di Trace è - dal 2001 - Enrico dell'Angelo; l'esperto in Tibet è la sinologa Paola Vanzo.
24  Per una presentazione di Eco-Himal e dei suoi progetti cfr. http://www.ecohimal.unimondo.org/ index.html
25  Per una presentazione di Ev-K2-CNR vedi www.montagna.org/ComitatoEYK2-CNR/index.asp
26  Per informazioni generali sul progetto ARGO vedi http://wwwl.na.infn.it/wsubnucl/cosm/argo/ Argo_index. html
27  Per una introduzione a questo progetto vedi www.dongnocchi.it/ accessib/index.htm
28  Vedi una presentazione di Lama Ganchen Peace Times su www.lgpt.net/ lama_help_it.htm 

 

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