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I Dizionari delle civiltà - CINA


Autore Alexandra Wetzel
Collana Dizionari delle Civiltà - CINA
Editore Mondadori Electa, Milano
Prima edizione 2006
Pagine 384
N. ISBN 88-370-4124-1

Nonostante l'immensa estensione geografica, la Cina, detta dai suoi abitanti Zhongguo, "Regno di mezzo", è tra le civiltà più antiche che si avvalgano di una continuità storica, dalla fine del III secolo a.C. fino al XX secolo. L'idea di un impero universale che tenesse unito "tutto ciò che si trova sotto la volta celeste" (tianxia),formatasi tra il V e il 111 secolo a.C., si realizzò perla prima volta nel 221 a.C., quando il sovrano del regno di Qin ﷓ da qui il nostro appellativo "Cina" - mise fine alla lotta tra i numerosi reami e si dichiarò "Primo augusto imperatore". La dinastia Qin creò le strutture amministrative e legislative dell'antica Cina e uniformò la scrittura, elemento fondamentale d'unione in un paese che parla diverse lingue e innumerevoli dialetti. La successiva dinastia Han (206 a.C. - 220 d.C.) pose le basi teoriche dell'impero elevando il confucianesimo, una corrente socio-morale nata nel V secolo a.C., a ideologia di stato. In cima all'organizzazione sociale si collocava il sovrano, mediatore tra le due entità universali, la Terra e il Cielo. Invenzioni, innovazioni, scoperte di epoca preimperiale furono attribuite a sovrani mitici, spesso presunti antenati della casa regnante. Il presente traeva dunque la sua legittimazione dal passato, idea che determinò la rielaborazione storica del passato al fine di comporne un quadro ideale e, d'altro canto, condusse all'usanza di annotare tutti i fattori, eventi, personaggi ritenuti degni di essere ricordati.
La registrazione sistematica delle osservazioni empiriche e delle sperimentazioni, insieme a un'efficace organizzazione dei processi produttivi, portò a una superiorità in campo tecnico-scientifico rispetto all'Occidente che si è protratta fino al XV-XVI secolo d.C.
Il daoismo, l'altra corrente di pensiero autoctona dell'antica Cina, favorì le ricerche nel campo proto-scientifico sollecitando l'esplorazione dei ritmi della natura e dell'universo. La disgregazione dell'impero dopo il crollo della dinastia Han stimolò gli scambi culturali con le popolazioni limitrofe e rese possibile la penetrazione del buddhismo, religione universalista pervenuta dall'India, nel cuore della società.
La temporanea debolezza dell'ideologia confuciana non affievolì però l'ideale dell'impero unico, che si ristabilì dopo più di 350 anni. La breve dinastia Sui (581-618 d.C.) introdusse riforme sostanziali che favorirono i tre secoli di governo della successiva dinastia Tang (618-907 d.C.). Questa fu l'epoca d'oro dell'antica Cina, caratterizzata dall'estensione geografica, dalla tolleranza religiosa e dalla politica
cosmopolita e liberale: per la prima e unica volta si vennero a creare le condizioni che resero possibile l'ascesa al trono imperiale di una donna. Dopo lo sfacelo della dinastia Tang e quasi cinquant'anni di disintegrazione, la Cina fu riunita, ma, minacciata dalle popolazioni barbariche a nord, la dinastia Song (960-1279) fu costretta a pagare pesanti tributi e a trasferire la capitale in Cina meridionale (1127). In quest'epoca di grande mecenatismo delle arti fu codificata la cultura dei letterati, che si esprimeva in formule prestabilite, ermetiche agli estranei. La dinastia fu travolta dall'ondata mongola e sul trono dell'impero salì il nipote di Gengis Khan, Kubilai, inaugurando quasi un secolo di dominio straniero con la dinastia Yuan (1279-1368), la cui amministrazione si servì di stranieri per governare i cinesi. Fu in questo periodo che le invenzioni dell'antica Cina giunsero in Occidente, proprio nel momento in cui le discriminazioni frenavano ogni impulso creativo nel paese. La successiva dinastia Ming (1368-1644) recuperò le tradizioni cinesi, ma la politica sinocentrica portò alla totale chiusura nei confronti dell'estero e dei tentativi di riforma. A questo punto si ferma il volume, prima dell'impatto traumatico dell'ultima dinastia dei Qing (1644-1911), istituita da un altro popolo barbarico, i manciù, con la superiorità tecnologica delle potenze occidentali. Quest'ultimo periodo meriterebbe infatti la trattazione in un volume separato, come pure l'epoca predinastica, caratterizzata da una molteplicità culturale che si sta scoprendo man mano grazie all'intensa attività di scavo nella Cina odierna. La trasmissione del sapere attraverso un'élite intellettuale costituita da funzionari pubblici aveva infatti portato all'uniformazione della produzione letteraria e storiografica. Queste fonti storiche sono invece oggi affiancate da documenti materiali, che impongono di integrare e talora di modificare le nostre cognizioni di molti aspetti della civiltà cinese antica. L'iconografia funeraria riscontrata nelle tombe di Mawangdui, prese a esempio perché più volte citate nel volume, rivela l'esistenza di un mondo fantastico, parallelo all'universo confuciano che ha razionalizzato i fattori magico-religiosi. Principali fonti archeologiche sono le tombe, i templi rupestri e alcuni tesori inaspettati. Ciò che rimane delle antiche collezioni imperiali e private fornisce un panorama della pittura e dell'arte calligrafica, mentre scarseggiano le testimonianze architettoniche a causa della deperibilità del principale materiale costruttivo, il legno. Per il mondo occidentale la Cina è rimasta a lungo un paese fantastico, lontano dalla realtà. Le difficoltà insite nella traduzione delle fonti letterarie e la complessità delle due principali correnti di pensiero, il confucianesimo e il daoismo, hanno ritardato la formazione di una visione più profonda dell'antica civiltà. Il materiale archeologico proveniente da scavi scientifici e studi filologici accurati offre oggi l'opportunità di comporre un'immagine viva e dinamica di un grande e antico impero.

 

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