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INDICE>FILOSOFIA>TAOISMO

Il Taoismo

Sommario - I. Principi fondamentali - II. Credenze e pratiche - III. Antropologia ed etica - IV. Decadenza.

Al termine taoismo corrisponde sia un sistema filosofico che una religione. Ambedue si rifanno ad uno dei maggiori pensatori della Cina, Laozi (vecchio maestro), che la tradizione ritiene contemporaneo di Confucio (sec. VI-V a.C.). Egli avrebbe scritto il suo minuscolo capolavoro il Daodejing (Tao Te Ching, "Libro della via e della virtù" o della legge universale e dei suoi effetti) dopo aver lasciato l'ufficio di bibliotecario alla corte dell'imperatore, ritirandosi in solitudine nelle regioni occidentali del Paese. Molti studiosi moderni pensano che esso sia stato scritto in un'epoca più recente, raccogliendo pensieri e detti del "vecchio maestro". Comunque il Daodejing, con i libri di Zhuangzi e di Liezi, costituisce la base del taoismo.

I. PRINCIPI FONDAMENTALI - Come Confucio, anche Laozi tentò di dare una spiegazione razionale alle antiche tradizioni religiose del popolo cinese, distinguendosi da Confucio per il tono mistico delle risposte date ai grandi perché della vita. Più che ad un sistema religioso capace di soddisfare la ragione umana, Laozi mira ad una fede che possa portare all'abbandono estatico. Solo questo potrà assicurare benedizioni e immortalità. Nei libri classici taoisti si ironizza spesso sulle preoccupazioni moraliste di Confucio e sulle sue concezioni socio-politiche, che sembrano strumentalizzare la suprema armonia dell'universo per assicurare una migliore convivenza umana.

Alla domanda fondamentale: "Il Cielo parla?", Laozi risponde sottolineandone il silenzio. Partendo dal comportamento della natura, caratterizzato dall'apparente non agire, Laozi, seguito dal grande discepolo Zhuangzi, concentrò la riflessione sulla natura del Dao (Tao), principio cosmico, assoluto, misterioso, ultimo, che dà origine alla sostanza come alla forma, all'essere come al mutare, in cui agisce una forza vitale De (Te). Pur considerandolo onnipresente, intelligente, onnipotente, eterno, non ne parla però come di un essere personale. La nostra mente non lo può comprendere, le nostre parole non lo possono descrivere: è assolutamente indefinibile, non nominabile: "Il Dao di cui si può parlare non è l'eterno Dao; il nome che può essere nominato non è l'eterno nome; il senza nome è l'inizio del cielo e della terra; il nominato è la madre di tutte le cose" (c. 1). Il Dao è come il principio, rappresentato anticamente con due teste: il non essere (wu) e l'essere (you). "Le cose del mondo sono nate dall'essere e l'essere è nato dal nonessere" (c. 40).

Non si tratta di una negazione assoluta, ma piuttosto di un riconoscere umilmente l'inadeguatezza dell'intelligenza umana. Di fronte a questo talmente diverso, l'interpretazione taoista delle antiche tradizioni religiose diventa contemplazione al tempo stesso serena e demitizzata.

II. CREDENZE E PRATICHE - Laozi ed i suoi immediati seguaci non hanno dato origine direttamente alla religione taoista; ma nel loro insegnamento è contenuto un chiaro messaggio religioso. Intuendo l'essenza del Dao, Laozi si sentì illuminato sul senso di ogni esistenza. Ma si tratta di una luce che non può essere conquistata affannandosi: "Sapere il non sapere è supremo; non sapere e sapere (cioè creder di sapere) è malanno" (c. 71). L'idea dei taoisti è di trovare il modo per diventare "uomo immortale", cioè "genio" inteso come "uomo puro", "giada limpida", essenziale. Non si tratta di divenire spiriti, ma di raggiungere l'immortalità pur rimanendo uomini.

La strutturazione religiosa del taoismo si ebbe soltanto nel II sec. a.C. con Zhang Daoling, che divenne il primo Tianshi ("maestro celeste"), seguito in questa funzione dal figlio Zhang Heng e dal nipote Zhang Lu. Da allora il titolo si trasmise ai discendenti; dal sec. XI la sede centrale del taoismo fu fissata a Long Hu Shan ("montagna del drago e della tigre") nel Jiangxi. Chiamata inizialmente Tianshi Dao ("religione del maestro celeste") o Wudou Min Dao ("religione delle cinque misure di riso" , probabilmente dalla tassa d'ingresso imposta agli adepti), solo più tardi, con il diffondersi delle pratiche di ricerca dell'immortalità, si chiamò Daojiao. La grande fama acquisita da Zhang Daoling come guaritore di malattie e taumaturgo favorì il rapido diffondersi della religione taoista. Egli considerava Laozi come suo maestro sia per l'arte delle guarigioni che per la ricerca dell'immortalità. Ma la religione taoista ha un carattere eclettico che le ha permesso di far propri non pochi elementi del buddhismo, assorbendo anche numerose pratiche dell'antica religione popolare. Si tratta di una religione non istituzionalizzata, espressione della società tradizionale cinese. Non mancano studiosi che pensano che le tenui basi dottrinali del taoismo religioso affondino le radici anche nella antica religione persiana.

II pantheon taoista è ricchissimo. Accanto al supremo Yuhuang ("Imperatore di Giada"), che si confonde con il Dao iniziale, trovano posto tutte le divinità che riempivano la vita spicciola delle primitive popolazioni agricole, come il dio della cucina, della ricchezza, gli spiriti guardiani, ecc., e innumerevoli uomini deificati (detti Shen), ministri del dio supremo con incombenze particolari o di protezione dei vari ceti sociali. Prominente in tutti i templi taoisti è un grande tripode dove i fedeli accendono e bruciano bastoncini di incenso, prostrandosi con la testa a terra. In tutti i templi i fedeli hanno a disposizione vari mezzi di divinazione, magari attraverso un medium, di solito un ragazzo. Inizialmente il culto si svolgeva all'aperto; poi si è concentrato nei templi (guan o gong), che hanno forti somiglianze con quelli buddhisti e che sono considerati luoghi di ritrovo di tutti gli spiriti.
Sotto la dinastia Tang (618-907), accanto al confucianesimo, che restava la religione ufficiale, anche il taoismo ebbe grande fioritura, e Laozi ebbe l'onore di templi commemorativi come Confucio, venerato a sua volta come un'incarnazione del dio supremo. Seguendo il modello buddhista, il taoismo fondò monasteri accentuandone il carattere di luoghi di pace e di ritiro, e introdusse certe norme monastiche anche per il laicato. Oltre ai monaci che vivevano assieme, anche se con regole meno dure dei buddhisti, c'era una categoria di Daoshi (preti taoisti) che vivevano in famiglia, in mezzo al popolo e venivano occasionalmente chiamati per presiedere o partecipare a cerimonie di culto e a riti familiari. Nel nord della Cina il taoismo sviluppò maggiormente certe forme di ricerca della perfezione personale, ad imitazione del buddhismo e del confucianesimo, dando vita ad una setta riformata che si chiamò Quanzhen Dao ("religione della verità integrale"). Mentre nel sud ebbe maggiore sviluppo la setta tradizionale, detta Zhengyi Dao ("religione dell'unità ortodossa"); questa faceva grande uso dell'alchimia, nel tentativo di sviluppare e controllare i principi dinamici yin e yang. Al nord, invece, era più diffusa la tendenza magica e l'uso del talismano, con scritture arcane, derivate forse dai buddhisti del Tibet. Mutuati piuttosto dal buddhismo indiano sono gli esercizi respiratori, simili allo yoga, l'uso di diete particolari, l'esercizio della meditazione che mirava alla liberazione dai limiti del finito.

Il taoismo è convinto che è possibile vincere la morte, non sviluppando il tecnicismo ma con la contemplazione, l'estasi, la mortificazione e concentrazione. Anche nell'abbondante uso di esorcismi e di amuleti, il taoismo ha poi richiesto il pentimento dei propri peccati e la loro confessione, che veniva scritta su "tre lettere", affidate poi ai "ministri" del cielo, della terra e del mare. Nell'eterogeneità delle pratiche taoiste trovano posto anche la necromanzia e l'astrologia; il tenace impegno posto in molti ambienti taoisti a perseguire la trasformazione dei metalli, nella speranza di poter rendere l'oro assimilabile dall'organismo umano, partiva dalla tradizionale teoria sui cinque elementi fondamentali della realtà (acqua, fuoco, terra, metallo e legno).

III. ANTROPOLOGIA ED ETICA - L'antropologia taoista porta lo sguardo dell'uomo al di là della vita presente, preannunciando premio e castigo oltre la tomba per le azioni compiute qui. Attraverso l'imitazione della natura, la vita semplice, la purificazione da ogni desiderio e furbizia è possibile lasciarsi prendere dalla pace e armonia di una realtà che ci supera, nel flusso cosmico, nell'eterno ritorno in cui l'individuo è come una particella insignificante e passeggera. È saggio colui che "prende il Dao dell'antichità per governare l'essere odierno; colui che sa il principio antico, sa allora le cose principali del Dao" (c. 14).

L'uomo ideale per il taoismo è quello che sa vivere secondo la propria natura: "Ecco quel che dovete seguire: essere semplici, restare naturali, avere pochi interessi e pochi desideri" (c. 19). "Non c'è delitto più grande dei desideri; non c'è sfortuna più grande del non sapersi contentare" (c. 46). "Chi si dà da fare fallisce, chi afferra lascia" (c. 64). "Il saggio mette il corpo dietro, ma sta avanti; mette il suo corpo fuori e conserva il corpo. Non è forse perché egli non è egoista? Ecco perché può compiere il suo vantaggio" (c. 7). "Il saggio abbraccia l'unità, è il modello del mondo, brilla perché non si esibisce, si impone perché non pretende di aver ragione, ha merito perché non si vanta, splende a lungo perché non si gloria; appunto perché non contende, perciò nessuno al mondo può contendere con lui" (c. 2). 

E questo non per un calcolo interessato, ma per una profonda comprensione della suprema realtà che traspare nella natura, dove "la debolezza vince la forza" (c. 36), "il debole vince il forte, il molle vince il duro" (c. 78). Il Dao, infatti, pur essendo principio di tutto, è quiete, inattività: "il ritornare è movimento del Dao, la debolezza è la funzione del Dao" (c.40); "l'eterno Dao non agisce e riesce in tutto" (c. 37); "…è chiamato la forma senza forma, la figura senza figura" (c. 14); "lo spirito della valle non muore (mai) ed è chiamato la femmina nera; la porta della femmina nera è la radice del cielo e della terra" (c. 6). Occorre quindi essere "vuoti come la valle, semplici come tronchi grezzi" (c. 15) perché non c'è dubbio che è la mitezza, l'umiltà, la debolezza che finiscono per avere il sopravvento: come l'acqua, come la donna, come l'infante, come il vuoto della valle… Per fare questo occorre liberarsi dal comune modo di agire degli uomini, segregandosi da loro, convinti del valore del non agire, arrivando così ad esprimrsi con azioni spontanee, corrispondenti alla natura. Nell'ideale umano proposto da Laozi sembrano perdere importanza perfino le virtù raccomandate dai confuciani, come la rettitudine e la sensibilità umana: "Quando il grande Dao venne dimenticato, si inventò l'umanità e la giustizia; quando apparvero abilità e scaltrezza, allora vi fu grande ipocrisia; quando i sei congiunti (cioè la famiglia) non furono concordi, allora vi fu la pietà filiale e paterna; quando il regno cadde nel disordine, allora vennero i leali funzionari" (c. 18). "Perduto il Dao venne la virtù; perduta la virtù venne l'umanità; perduta l'umanità venne la giustizia; perduta la giustizia venne il rito; il rito è l'apparenza della fedeltà e il principio dei disordini" (c. 38).

Si tratta di un ideale etico non facile da realizzare: inteso da spiriti eletti può infatti condurre ad una profonda serenità morale, conosciuta anche dai migliori stoici e presupposta dale più svariate esperienza di vita monastica; ma può anche degenerare in un egoismo epicureo, in una indifferenza sociale che ha spesso suscitato reazioni e persecuzioni contro i taoisti lungo i secoli.

IV. DECADENZA - È comprensibile che le pratiche esoteriche e superstiziose e l'ostinato interesse di molti taoisti per l'alchimia abbia attirato il disprezzo degli intellettuali confuciani e degli spiriti più positivisti nel corso dei secoli. D'altra parte si deve riconoscere che la chimica e la medicina, che per secoli sono state considerate campo privilegiato dei taoisti, abbiano fatto notevoli progressi a causa di questa curiosità (si attribuisce ai taoisti la scoperta degli ormoni, per es.). Notevole il contributo taoista alla letteratura, all'arte e alla poesia cinese, e specialmente in campo filosofico: in realtà pochi pensatori cinesi possono dirsi immuni da influssi del taoismo. Anche nell'amministrazione statale esso fece sentire il suo peso con l'esaltazione del principio dell'inazione.

Ma come religione il taoismo andò perdendo terreno, a partire specialmente dal secolo scorso, sotto la spinta illuminista e razionalista. La proclamazione della Repubblica nel 1912 ne segnò il rapido declino; il governo nazionalista, nel 1927, portò al taoismo un grosso colpo, togliendo all'ultimo "Tianshi" ereditario il controllo della "montagna del drago e della tigre" nel Jiangxi. Dopo la provlamazione della Rpc (1949), il nuovo governo adottò un atteggiamento particolarmente duttile nei confronti delle pratiche religiose popolari: da una parte cercando di non molestare direttamente le masse per le proprie credenze, e dall'altra sviluppando una sistematica campagna contro le " superstizioni " e contro le "influenze feudaliste" propagate dai monaci buddhisti e dai preti taoisti. Nel 1957 una conferenza nazionale diede vita alla Associazione patriottica taoista, una seconda conferenza fu riunita a Pechino nel 1961. Poi non se ne senti più parlare. L'organizzazione delle Comuni, specialmente nelle campagne, ha certo portato alla rottura di molte antiche abitudini e tradizioni anche nel campo della religione popolare. La Rivoluzione culturale poi, concentrando i suoi attacchi contro "le quattro cose vecchie", trovò facile bersaglio nei pochi templi taoisti rimasti ancora aperti, denunciando come antirivoluzionaria ogni celebrazione religiosa anche in occasione dei funerali e delle altre ricorrenze familiari.

Nel clima di relativa liberalizzazione che prevalse dopo la sconfitta dei radicali rappresentati dalla cosiddetta Banda dei quattro, i giornali e le radio locali lamentarono di tanto in tanto che perfino pubblici funzionari e membri del partito osavano far nuovamente ricorso alle "vecchie superstizioni" in occasione di funerali o di disgrazie in famiglia
Nel nuovo (1978) programma dell'Accademia delle Scienze sociali di Pechino, anche il taoismo riapparve tra le "grandi religioni" sulle quali è prevista la ricerca scientifica.

A. Lazzarotto

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A. Sanzovo Lazzarotto
La Cina Contemporanea, a cura di Giorgio Melis e Franco Demarchi

 

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