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Le Comuni popolari
(articolo scritto nel 1979)

Sommario - 1. Aspetti storico-politici: 1) obiettivi; 2) origini - II. Aspetti amministrativi: 1) organizzazione; 2) produzione; 3) distribuzione - III. Periodizzazione della strategia economica di Mao.

«È meglio costituire Comuni popolari. Sono molto più vantaggiose perché combinano industria, agricoltura, commercio, educazione e affari militari. È un fatto che favorisce il compito della direzione» (Mao Zedong, 1958).

I. ASPETTI STORICO-POLITICI

La Comune venne lanciata formalmente da un comunicato del Comitato Centrale del 29 agosto 1958 alla fine di una "riunione allargata" dell'Ufficio politico a Beidaihe. La nuova entità risultava dalla fusione di più cooperative di produzione agricola (Cpa) di tipo superiore. In effetti la decisione di procedere alla realizzazione di una nuova organizzazione nelle campagne cinesi era già stata presa nella primavera di quell'anno; molte zone erano state epicentro sperimentale del movimento che tuttavia si trasformerà, diventando "movimento di fusione" su larga scala, solo in estate. In un paio di mesi la popolazione contadina veniva comunizzata nella sua quasi totalità, con rapidità vertiginosa: le oltre 740.000 cooperative di produzione agricola si fondono in 26.000 Comuni popolari comprendenti 120 milioni di famiglie, oltre il 99% del totale. Il numero delle Comuni, in seguito a suddivisione, sarà poi portato a 74.000, cifra che nel '59 scende a 24.000. Ciò che nasce nelle campagne cinesi oltre ad essere una unità economica è al tempo stesso (nell'intenzione degli ideatori) una organizzazione basilare del potere statale. Le Comuni prendono il posto di 80.000 xiang, le vecchie unità amministrative (popolazione per Comune da 10.000 persone). Con funzioni molto più vaste la Comune sovrintende non solo alla produzione agricola, ma anche all'industria locale, al commercio, all'istruzione, all'assistenza sanitaria e all'addestramento della milizia popolare. Così come aveva suggerito Mao Zedong nel suo giro di ispezione nello Shandong nel 1958, la Comune assurge a nuova forma di organizzazione sociale interessando i settori politico, culturale, economico e militare.

Quando fu resa nota la decisione di passare di colpo da un regime di tipo kolkosiano ad una istituzione praticamente senza precedenti nella storia del socialismo, la sorpresa fu generale, soprattutto dei tecnici sovietici. Ora si parlava della Comune popolare come "di un grandioso significato storico", "splendente come il sol levante quando appare sul vasto orizzonte dell'Asia orientale". Concepita come unità di base della vita sociale in tutti i suoi aspetti, dall'economico al culturale, dall'amministrativo al militare, essa era proprietaria di tutti i mezzi di produzione, aveva competenza generale in materia di gestione economica e si confondeva con la circoscrizione amministrativa dove era situata, lo xiang. La Comune doveva realizzare la collettivizzazione della vita comprese le forme più elementari dell'esistenza umana, dalle comunicazioni ai brillatoi per il riso, dai forni per la panificazione ai laboratori di cucito, e con ciò preparare il passaggio dal sistema socialista a quello comunista.

1. Obiettivi

Con lo sviluppo diversificato e articolato ogni Comune doveva puntare alla creazione di un complesso organico tale da garantire la sussistenza totale o quasi e al tempo stesso un aumento crescente del tenore di vita. Organizzando una forza molto più vasta che non nelle Cpa, potevano essere dissodate e messe a coltura nuove terre; si potevano terrazzare colline e spianare terreni non pianeggíanti; con un margine di capitale alquanto considerevole si potevano creare industrie di piccole dimensioni in modo da delegare alla gestione centralizzata dello Stato solo le industrie e le lavorazioni tecnologicamente più avanzate o specializzate. In definitiva tre ci sembrano gli obiettivi fondamentali della nuova e complessa unità di base in consonanza con lo slogan della "triplice bandiera rossa" (Grande Balzo, Comuni, linea generale): a) acquisizione integrale dei mezzi di produzione ivi compresa la terra; b) collettivizzazione integrale della vita; c) trasformazione del sistema di ripartizione dei redditi, sostituendo progressivamente alla ripartizione socialista del "a ciascuno secondo il suo lavoro" quella comunista del "a ciascuno secondo i suoi bisogni".

Le circostanze inerenti alla istituzione delle Comuni sono oggetto di discussione fra gli studiosi. Cronologicamente si concorda di classificare i fatti nel modo seguente: nel mese di aprile del '58, nella provincia dello Henan, venne istituita la Comune popolare di Weixing. Nel mese di agosto dello stesso anno, nel corso di una ispezione nello Shandong, Mao ebbe modo di verificare l'andamento del tutto insoddisfacente delle cooperative rurali e nel resoconto in una riunione del 9 agosto ribadì la sua impressione generale concludendo con una frase trasformata subito in slogan: "La costituzione della Comune popolare sarà migliore". Il Quotidiano del popolo del 18 agosto pubblicò un articolo sulle Comuni popolari e il 29 agosto il Comitato Centrale del Pcc adottò una Risoluzione sulla loro formazione nelle aree rurali, Risoluzione poi chiamata di Beidaihe, dal luogo in cui si tenne la riunione. La Comune Weixing venne presa a modello come si può rilevare dal suo regolamento provvisorio pubblicato sul Quotidiano del popolo del 4 settembre.

Se il comunicato del partito era sostanzialmente prudente, il ritmo di formazione delle Comuni fu incredibilmente rapido: alla fine di agosto erano oltre 8.000, comprendendo il 30% dell'intera popolazione contadina, alla fine di dicembre erano oltre 26.000, comprendendo il 98% della popolazione contadina con una media di 4.600 famiglie contadine. Tutto ciò costituisce materia di diverse interpretazioni riguardo alla origine della Comune popolare ed alla personalità del suo propugnatore. La Risoluzione di Beidaihe, gli articoli del Quotidiano del popolo e del Jingji Yanjiu parlano di "evoluzione storica" e di "naturale tendenza allo sviluppo della situazione".

La riflessione della teorica cinese considera la costituzione della Comune popolare come qualcosa di ineluttabile perché corrispondente ai bisogni dell'epoca ed alle reali condizioni socio-politiche del momento. «Estese Comuni popolari hanno fatto la loro apparizione e in certi luoghi sono già molto sviluppate, in certe regioni si sono sviluppate molto rapidamente. È molto probabile che si vedranno presto sorgere delle Comuni popolari in tutti i Paesi. Il loro sviluppo è irresistibile. Tutti questi fatti dimostrano che le cooperative agricole raggruppanti un certo numero di famiglie, più di centinaia, non potevano più rispondere ai bisogni della nuova situazione. Nelle circostanze presenti, la creazione delle Comuni popolari è la politica fondamentale che deve guidare il Paese per accelerare la costruzione socialista e realizzare il passaggio al comunismo».

Ricordiamo di passaggio che la Comune non è sopravvissuta, nella sua concezione più ambiziosa, al cosiddetto Grande Balzo. Commentatori favorevoli all'esperienza maoista riconoscono che l'economia cinese non era abbastanza progredita perché si potesse passare ad una collettivizzazione sotto forma di Comune popolare. I rapporti di produzione che il Grande Balzo voleva instaurare, erano in termini marxisti più avanzati rispetto al livello di sviluppo delle forze produttive. Tuttavia i dirigenti cinesi confermano (nel 1979) che a lungo termine la Comune popolare sarà l'istituzione di base dell'economia agricola. Questa fiducia nella capacità rivoluzionaria della campagna è sempre stata il perno del pensiero e dell'azione maoista, fin dalle origini. 

2. Origini

Alcuni studiosi argomentano che il sistema delle Comuni popolari sarebbe stato imposto dai dirigenti comunisti per accelerare la collettivizzazione e mobilitare la manodopera e con ciò negano la chiara necessità storica o come scrivono i giornali ufficiali l'«evoluzione storica» e la naturale «tendenza allo sviluppo». Zhou Jingwen, uno studioso cinese anticomunista, è convinto che il rapido sviluppo del movimento di comunizzazione sarebbe stato provocato dalla frase pronunciata da Mao il 9 agosto, come abbiamo ricordato sopra, frase poi trasformata in slogan dai comunisti cinesi desiderosi di piacere al loro dirigente. Altri studiosi sono del parere che l'intervento di Mao non fu determinante per la costituzione delle Comuni popolari e asseriscono che le iniziative dell'agosto erano indirizzate più ai quadri locali che agli alti dirigenti. In definitiva si vorrebbe dimostrare la tesi della posteriorità della Risoluzione di Beidaihe rispetto alle prime allusioni delle Comuni di cui abbiamo notizia sul Quotidiano del popolo del 18 agosto.

Queste argomentazioni ci sembrano poco convincenti se consideriamo che Mao conosceva e apprezzava le Comuni già prima che compisse il suo giro di ispezione nello Shandong. Ricordiamo qui di passaggio due avvenimenti della seconda metà del '57: il "movimento di educazione socialista", che provocò il rinnovarsi degli attacchi contro proprietari terrieri e gli elementi capitalisti, e lo xiaxiang, che vide il trasferimento di migliaia di intellettuali dalla città alla campagna.

La riesumazione, poi, alla fine del '57, del piano dodicennale di Mao per lo sviluppo dell'agricoltura fu il segnale di un radicale passo avanti nella politica agraria. Altra considerazione da fare è quella che il Quotidiano del popolo è la voce del Pcc, per cui tutte le pubblicazioni sono possibili solo dietro approvazione diretta del partito. Nel nostro caso quando l'articolo comparve sul giornale, la decisione era stata virtualmente presa. E poi, non è una pratica corrente in Cina far apparire un articolo destinato a preparare il popolo ad una importante decisione?

I grandi movimenti sono sempre preparati con cura in maniera da non farli apparire come decisioni arbitrarie piovute dall'alto. Pare probabile che un tale processo sia stato originato da ragioni diverse, crescente bisogno di manodopera per l'industrializzazione, Grande Balzo in avanti, prime avvisaglie dell'abbandono sovietico e la preparazione per l'operazione militare di apertura dello stretto di Taiwan. I principi della organizzazione delle Comuni erano stati elaborati dai comunisti cinesi, Mao in testa, in consonanza con la strategia marxista di avanzata verso il comunismo ed è, evidentemente, la Comune popolare una tappa superiore alle cooperative agricole. Ritorniamo un attimo a considerare il processo di formazione delle Comuni nella sua fase preparatoria.

Il movimento di fusione delle Cpa era iniziato lentamente come risulta dai rapporti sullo xian di Suiping e su altri. Il Quotidiano del popolo per descrivere i primi esperimenti di fusione usava il termine "lavoro" in luogo di "movimento". In luglio, però, comparve il termine "alta marea" per significare l'alta intensità di cooperativizzazione. Nel periodo primavera-estate divenne evidente che sotto l'impulso del movimento per l'irrigazione in molte Cpa si compivano tentativi per creare un nuovo assetto di lavoro. In un articolo del 4 luglio '59 il Quotidiano del popolo parlò di una Cpa "che veniva amministrata come una fabbrica". La Cpa n. 38 di Suxian, nell'Anhui, aveva 1.065 famiglie ed era perciò più grande delle Cpa precedenti. Con l'attuazione del Grande Balzo in avanti essa si trovò immersa in varie "contraddizioni". In primo luogo c'era il contrasto tra le esigenze del lavoro agricolo e quelle della nuova politica di costruzione di industrie minori al servizio dell'agricoltura; in secondo luogo, "la semplice preesistente divisione del lavoro non era più in grado di soddisfare le esigenze dell'attuale grande progresso dell'agricoltura"; in terzo luogo, la preesistente tecnologia di produzione non era più adeguata. E, quarto, "si faceva sentire acutamente la contraddizione della mancanza di braccia". Dopo ampie díscussioni, i quadri e le masse decisero che ci doveva essere un ulteriore Balzo in avanti nell'organizzazione del lavoro. Dal 29 luglio al 5 agosto, il comitato di partito del distretto di Xinyang, nello Henan, si riunì nella nuova Comune Sputnik, per "consolidare le Comuni popolari e sviluppare ulteriormente la produzione". È implicito in questo che la Comune esisteva già prima che il comitato di partito si riunisse. Questa ipotesi è fatta propria anche dal Carin il quale sostiene che le Comuni popolari erano state costituite anche nella provincia dello Heilongjiang, alla fine di luglio, sotto la spinta soprattutto dei problemi idrici particolarmente pressanti nel distretto di Shangjing e nella provincia di Liaoning. Sulla base dei rapporti pubblicati, la terminologia "Comune popolare" incominciò ad essere usata a partire dal mese di luglio, anche se nel mese seguente i giornali la rendono di dominio pubblico. Quindi il comunicato del CC del Pcc del 29 agosto conosciuto come Risoluzione di Beidaihe lancia formalmente il processo di comunizzazione come abbiamo già detto prima.

La riunione di Beidaihe fu una riunione allargata del Plenum del CC: era presente tutto il CC, i primi segretari di partito di tutte le province, dei distretti autonomi e delle città direttamente annesse, e anche i quadri delle frazioni di partito nei ministeri-chiave. La lunghezza della riunione ne indica il carattere di gravità e i probabili disaccordi; tuttavia il fatto che non fosse denominata "Plenum" indica che le decisioni politiche non erano ancora state elaborate al punto di poterle presentare a un Plenum del CC per la discussione operativa. È indubbio che la decisione di fondere le Cpa era stata presa all'inizio del 1958 e approvata dalla seconda sessione dell'VIII Congresso del partito, allorché esso ratificò il piano dodicennale di Mao per lo sviluppo dell'agricoltura. Dunque, se nella riunione del 29 agosto fu presa la decisione di lanciare la comunizzazione, tale decisione potrebbe essere indicativa che un simile processo riscontrava forti adesioni in alcune zone, pur senza un esplicito beneplacito da parte dei massimi organi del partito e dello Stato cinese. È impressione comune di molti osservatori che i quadri regionali del partito abbiano lanciato il movimento di loro esclusiva iniziativa, indubbiamente favoriti dal sostegno potente dell'ala radicale del partito. Gli epicentri del movimento erano lo Henan, parte dello Hebei e il Liaoning, dove maggiormente si era fatta sentire l'«alta marea». Perciò, quando Mao ispezionò lo Henan, la comunizzazione era in pieno svolgimento sotto la direzione di Wu Zhipu uno dei suoi sostenitori regionali più fedeli.

Durante la guerra civile il Pcc aveva lanciato la riforma agraria radicale due mesi prima della disfatta dei nazionalisti, nel maggio 1946; ora il processo di comunizzazione sembrava avere uno spirito analogo a quello. La riforma agraria e la costituzione delle Comuni erano profonde rivoluzioni sociali che comportavano lo sprigionamento di un'energia interna che i comunisti cinesi reputavano indispensabile al raggiungimento della vittoria finale. Le Comuni popolari si svilupparono ad un ritmo velocissimo tanto che la mancanza di direttive precise e l'eccessiva precipitazione provocarono ben presto focolai di disordine e confusione. Ricordiamo che la Risoluzione di Beidaihe conteneva delle note prudenti, per cui venne considerata molto vaga nelle sue direttive. Così dal 20 novembre al 10 dicembre 1958, il CC tenne il VI Plenum a Wuhan.

In tale occasione venne emesso un comunicato che dalla città prese il nome di Risoluzione di Wuhan, destinato a fissare regole più precise all'organizzazione delle Comuni popolari e a frenare il troppo attivismo dei quadri intermedi che avevano sollevato il malcontento nelle campagne. In rapporto ai risultati raggiunti nell'estate, essa segna un passo indietro, per l'appello alla moderazione e al consolidamento nel processo di comunizzazione. In un certo senso il gruppo dirigente adottava una politica di contenimento. Il VII Plenum che si tenne a Shanghai, nell'aprile del 1959, si occupò delle Comuni, ma non pubblicò alcuna presa di posizione decisiva. Nel comunicato dell'VIII Plenum, tenuto a Lushan, una città di villeggiatura nel sud della Cina, dal 2 al 16 agosto 1959, venne ammessa l'esagerazione dei dati pubblicati sul raccolto del 1958; nel contempo, la brigata, il secondo dei tre livelli di proprietà, veniva costituita "unità di base" della proprietà. Il 20 e il 25 novembre 1960, il Quotidiano del popolo pubblicò due articoli di fondamentale importanza sulle Comuni, che in effetti rendevano la squadra, vale a dire il terzo e più basso dei tre livelli di proprietà, l'unità proprietaria de facto. Comunque, pur restando i diritti legali di proprietà all'interno della brigata, veniva posta, però, una distinzione tra diritti di proprietà e diritti d'uso; questi ultimi esercitati sul lavoro, la terra, gli animali, gli strumenti e l'equipaggiamento erano detenuti dalla squadra.

Nell'estate del 1959, Pechino, per fini pratici, era ritornata all'antico stadio superiore delle Cpa che equivaleva alle grandi brigate di produzione della Comune, ma nell'autunno del 1960, il cammino all'indietro era ancor più marcato. Pechino aveva anche abbandonato l'idea di un villaggio naturale unificato dal punto di vista operativo, dato che le piccole brigate o squadre di produzione equivalevano allo stadio inferiore delle Cpa, cioè parte del villaggio naturale. Se la brigata quasi certamente dirigeva l'economia collettiva di tutto il villaggio, le squadre avevano assunto dal canto loro il pieno diritto di disporre le modalità del proprio contributo.

Il 1959, 1960, 1961 furono inoltre anni di regressione economica, con un continuo succedersi di disastrose calamità naturali. Sono in molti a chiedersi se esse possono giustificare da sole l'abbassamento della produzione o se non siano state ugualmente responsabili le Comuni. Il rapporto presentato da Zhou Enlai nel 1962 sembra confermare quest'ultimo punto di vista. Parimenti rimane difficile stabilire se le calamità naturali successive abbiano impedito lo sviluppo soddisfacente delle Comuni o se l'organizzazione difettosa di queste si sia aggiunta alle calamità naturali per accentuare il recesso economico del Paese. Numerosi articoli apparsi in Cina mostrano in effetti che, all'epoca della creazione delle Comuni popolari, la grande maggioranza dei quadri locali credeva che l'era del comunismo fosse arrivata ad applicare ai principi di vita collettiva la proprietà del popolo intero e la distribuzione a ciascuno secondo i suoi bisogni previsti prima della più prudente Risoluzione di Beidaihe.

Nel gennaio 1961, il comunicato del IX Plenum del CC annuncia un profondo rovesciamento della politica economica, che pone termine al Grande Balzo in avanti ed inaugura un periodo di consolidamento economico e di liberalizzazione. Viene ridotta, da una parte, la pressione organizzativa dei contadini, con il ripristino, ad esempio, del semilibero mercato rurale, dall'altra sia l'industria pesante che quella leggera sono orientate nuovamente alla produzione di beni di consumo dei contadini. Pechino abbandona la politica di mobilitazione sociale nelle terre agricole e lancia una campagna di investimenti selezionati di capitali nell'agricoltura che gradualmente migliorano la situazione alimentare e immettono sui mercati cittadini quasi ogni tipo di prodotti. Il reddito agricolo evidentemente cresce e si avvantaggia il tenore di vita di alcuni contadini, in modo particolare di coloro che vivono in prossimità delle città, i contadini più produttivi vengono ad essere beneficíati della nuova politica agraria.

II. ASPETTI AMMINISTRATIVI

Esistono teoricamente tante varietà di Comuni quante sono le stesse Comuni, dal momento che dovevano nascere spontaneamente e liberamente dalla volontà dei membri che le componevano, essere adatte alle condizioni locali, sia geografiche che umane, ed essere regolate da statuti elaborati dagli stessi membri secondo questa logica. È difficile peraltro enucleare un singolo "tipo ideale". Eppure la loro organizzazione e il loro funzionamento non sono, tuttavia, anarchici, ma gravitano attorno ad alcuni principi base immutabili, frutto di una politica uniforme in tutto il Paese. In alcuni casi le Cpa risultanti dalla fusione furono completamente trasformate secondo la nuova direttiva; in altri casi si richiedeva semplicemente la creazione di una nuova amministrazione unitaria da sovrapporre alle Cpa separate.

La letteratura ufficiale del periodo dà particolare rilievo alle Comuni avanzate ponendole a modello delle altre, dal momento che il comunicato sulla costituzione delle Comuni, emesso il 29 agosto, non fu pubblicato fino al 10 settembre. Si tratta di un documento sorprendentemente prudente, fitto di consigli che mettono in guardia dal cosa si debba e non si debba fare. Avverte i quadri di non spingersi troppo in là soverchiando l'organizzazione esistente e alternandola integralmente, mettendo in pericolo in tal modo la produzione agricola: "Si deve combinare la fusione delle grandi Cpa in Comuni con le condizioni di produzione esistenti; non solo tale fusione non deve influenzare negativamente la produzione presente, ma questo movimento deve trasformarsi in una grande forza che stimoli un Balzo in avanti ancora più grande nella produzione. Perciò nel primo periodo delle fusioni delle Cpa è bene adottare la politica di muovere verso il vertice e non verso il basso".

1. Organizzazione

La Comune popolare comprende parecchie brigate, da 10 a 40 circa; le cifre variano molto da una Comune all'altra. Ogni brigata è composta da una dozzina circa di squadre. Anche se la letteratura ufficiale parla sempre in termini di brigata e mai di villaggio è evidente che fin dai primi giorni della comunizzazione queste unità organizzative avevano qualche rapporto con le entità sociali esistenti e le grosse brigate di produzione nel loro complesso. Tuttavia sappiamo che la maggior parte delle cosiddette piccole Cpa (all'origine stadio avanzato delle Cpa) coincidevano con i grossi villaggi naturali oppure con i raggruppamenti di piccoli villaggi naturali adiacenti. Le primitive brigate di produzione equivalevano allo stadio inferiore della Cpa, cioè i piccoli villaggi, oppure a sezioni di villaggi più vasti. Quando Pechino annunciò la comunizzazione, contemporaneamente diede notizia della ricostituzione della milizia popolare. Il reclutamento nella milizia fu così rapido che alla fine del 1959 erano state annotate 220 milioni di adesioni, di cui 30 milioni erano rappresentate da uomini armati.

A proposito del territorio amministrativo della Comune il comunicato del CC del 29 agosto così chiariva la nuova potitica: "Per quanto riguarda le dimensioni organizzative della nuova Comune, si può affermare che attualmente e complessivamente è opportuno che uno xiang equivalga ad una Comune, con un totale di 2.000 famiglie, e uno xiang può contenere più di una Comune. In certe aree, in dipendenza dalle condizioni naturali e dalla necessità dello sviluppo produttivo, più xiang possono ridursi ad uno, e quindi si può costituire una sola Comune, con sei o settemila famiglie. Per quanto concerne le Comuni con dieci o ventimila famiglie, non ci si deve opporre alla loro esistenza, ma nemmeno incoraggiarle".

È chiaro che il comunicato lascia intendere la diversa ampiezza territoriale delle Comuni e nello stesso tempo rivela lo scetticismo per le Comuni troppo vaste. All'inizio però esistevano tre tipi di Comune. Le più piccole coprivano la superficie di un villaggio naturale, altre includevano più villaggi naturali, infine la maggior parte si estese insieme allo xiang finendo incorporata in esso. Alcuni testi parlano di un quarto tipo di Comune legata allo xian, ma non scendendo in particolari, per cui si ha una enunciazione assai vaga. Il Quotidiano del popolo precisa appunto che la Comune equivalente ad uno xian è conosciuta sotto vari nomi, "Comune popolare generale" o "Comune popolare di xian". La rivista cinese di scienze economiche definisce invece la Comune legata allo xian come "un cuscinetto dentro la Comune di uno o più villaggi naturali e la Comune di distretto".

La Comune popolare permette l'unione dei lavoratori, dei contadini, dei commercianti, degli intellettuali e dei soldati in un solo corpo per svolgere funzioni unitarie nelle cinque branche di produzione essenziali che sono: l'agricoltura, la silvicoltura, l'allevamento, la piscicoltura e le produzioni annesse che si integrano e si completano al posto di opporsi. L'intensificazione della vita comunitaria è il secondo fattore di successo.

2. Produzione

Tutti i mezzi di produzione sono "proprietà collettiva" in attesa di diventare "proprietà dello Stato" o "proprietà del popolo intero". La Comune popolare gestisce mense aziendali, scuole, nidi d'infanzia, case di riposo, laboratori di cucito, ecc. Collettivizzando un gran numero di attività si permetterà la liberazione della manodopera. Queste creazioni collettive offrono ai membri della Comune delle garanzie giudicate indispensabili ed elevano nello stesso tempo il livello della coscienza sociale. Si deve distinguere fra la proprietà dei beni di consumo e la proprietà dei mezzi di produzione. I beni di consumo sono e devono rimanere proprietà personale. Poiché la Comune popolare appare come un'istituzione di tipo socialista (e non ancora comunista) i mezzi di produzione sono sia proprietà dello Stato e proprietà del popolo intero sia proprietà collettiva. Nell'incertezza che regnava al momento delle formazioni delle Comuni, ci fu la questione di includere i mezzi di produzione nella categoria della proprietà del popolo intero, per cui la Comune non avrebbe conservato che il diritto di utilizzare e il dovere di proteggere questi beni e in tal modo sarebbe stata eliminata con un solo colpo la proprietà collettiva.

La Comune popolare conosce in realtà tre tipi di proprietà: la proprietà privata, la proprietà collettiva e la proprietà dello Stato.

Una volta organizzate le Comuni popolari, la produzione deve adattarsi a forme rigide (la pianificazione) e a forme elastiche (autonomia finanziaria dei gruppi contabili di base della Comune). L'armonizzazione della produzione, vale a dire il rigetto contemporaneamente delle norme stabilite dalla pianificazione e dall'autonomia delle Comuni, si ottiene dalla fissazione delle "percentuali" che divengono imperativi immutabili ed obbligatori, della garanzia minima che deve essere accordata ai membri della Comune e della quantità minima che deve produrre e fornire la Comune.

3. Distribuzione

Il sistema di distribuzione ideale del comunismo è "a ciascuno secondo i suoi bisogni", ma la piena applicazione non è stata ancora resa possibile, perché da una parte la produzione è insufficiente, dall'altra il livello di coscienza sociale della popolazione è troppo poco elevato. Lo slogan "a ciascuno secondo il suo lavoro" offre lo stimolo produttivo necessario. Pur essendosi rivelato socialmente contraddittorio con le finalità ideali, secondo taluni resterà ancora molto a lungo e potrà essere superato da "a ciascuno secondo i suoi bisogni" nella tappa superiore del comunismo. La trasformazione perciò dall'un modo di distribuzione all'altro si pone ancor oggi come uno degli obiettivi principali della Comune popolare.

La Comune popolare come strumento egemonico:

a) Il controllo del lavoro: si tratta di un sistema primitivo abolito fin dove è stato possibile soprattutto con l'introduzione delle Comuni. In agricoltura il conto si faceva per "giornata di lavoro". I membri non conoscevano il loro reddito esatto che a fine d'anno. In tal modo si rendeva difficoltoso il bilancio e la vita della famiglia.

b) Il salario fisso trova la sua applicazione nel raggiungimento di un salario standard su scala nazionale (ciò non significa salario identico per tutti i cittadini cinesi, ma assicurazione di un salario fisso in funzione del lavoro effettuato; tale modello è l'ideale più ambito), ma allo stadio attuale di sviluppo economico non può essere applicato, specie in agricoltura, perché sottindenderebbe da parte dello Stato garanzie e sicurezza che dovrebbero eliminare calamità naturali, malattie, guerra, ecc.

c) In connessione col modo precedente abbiamo la fornitura completa; la sola differenza sta nella distribuzione fatta in natura e non in denaro. Evidentemente oggi non è utilizzabile.

d) Il salario di base più una ricompensa è il metodo attualmente in vigore. Ognuno riceve regolarmente un salario minimo che permette a lui ed alla sua famiglia di vivere decentemente. Viene percepita inoltre una "ricompensa" calcolata secondo il lavoro. Si combina qui la distribuzione secondo i bisogni, poiché un minimo vitale è assicurato, e secondo l'emulazione al lavoro, grazie alla ricompensa pecuniaria. Il salario è formato pertanto di due parti: l'80% rappresenta il salario base, il 20% il salario di ricompensa.

e) Fissare la posizione sociale, senza fissare il salario. Questo modo assai complicato, costituito dall'integrazione dei quattro modelli precedenti, consiste nel fornire a ciascuno beni di consumo indispensabili, più una piccola somma di denaro per le spese minute versata mensilmente. L'ammontare del salario è fissato a fine d'anno. Si calcola secondo le risorse reali e il lavoro fornito. Viene predisposta una scala di categoria e ad ogni grado corrisponde una certa percentuale precisa del reddito. Ogni lavoratore è classificato nella scala della funzione del suo lavoro e nel giudizio dei lavoratori. Sono solo i membri della squadra che decidono, in comune, la categoria di destinazione per ogni lavoratore. Tale forma è utilizzata abbastanza correntemente in Cina (1979), tuttavia viene considerata come molto provvisoria.

Fra i cinque sistemi di distribuzione, alcuni precisano se la distribuzione debba essere in natura o in denaro, altri sono validi nell'uno o nell'altro caso. In principio la sola distribuzione in denaro non è raccomandata soprattutto in campagna, mentre quella in natura non è più realizzabile e augurabile nell'attuale congiuntura. Essa difficilmente permette il soddisfacimento particolare dei gusti di ciascuno e d'altra parte incita i contadini a consumare tutta la loro produzione, dedicandosi allo spreco e alla non fornitura del mercato.

Il sistema ideale viene dunque ad essere un sistema misto con pagamento metà in denaro e metà in natura. Il pagamento in natura si fonda sulla distribuzione di una certa quantità di derrate di prima necessità, cereali, olio, tessuti, stoffa, carbone, ecc., e di buoni per la mensa, in quantità possibilmente calcolata secondo il numero delle bocche. La distribuzione in natura, già sperimentata nel quadro delle cooperative agricole di produzione con le "cinque protezioni", si esprime ugualmente sotto forma di "garanzie". Era quello un modo per venire in aiuto alle famiglie dei martiri e degli invalidi della guerra rivoluzionaria, garantendo loro l'alimentazione, l'abbigliamento, il combustibile, l'educazione dei figli e le spese dei funerali (progetto rettificato dal programma generale per lo sviluppo dell'agricoltura del 1956-'67, art. 30).

Nelle Comuni popolari passa sotto diversa formulazione come "le sette garanzie" o "le dieci garanzie" assicurate a tutti i membri. Le prime comprendono l'alimentazione, l'abbigliamento, l'appartamento, il parto e la possibilità di allevare i figli, l'educazione, le cure mediche, le spese di matrimonio e di funerale, ed a seconda delle località e dello sviluppo delle stesse vengono integrate dalle tre rimanenti, ossia dal riscaldamento, le spese di parrucchiere, i divertimenti (cinema, teatro, ecc.).

Il pagamento in denaro che integra quello in natura è calcolato in base al lavoro ed ha maggiore probabilità di incorrere in tutta una serie di irregolarità e manipolazione. Esistono infatti Comuni ricche e Comuni povere. Se in ambedue i casi il minimo vitale è assicurato, solo il salario, che rappresenta gli extra, diviene più o meno importante. Lo scarto di ricchezza tra le Comuni tuttavia sembra essere teso a scomparire, grazie alla valorizzazione intensiva di tutti i beni nazionali.

Un esempio concreto del funzionamento di tale forma mista viene riportato da un giornale regionale: "Ogni cittadino riceve un buono per la mensa che gli dà diritto ad una razione di riso sufficiente. I piatti cucinati invece sono rurali. Ciascuno è dunque sicuro di mangiare almeno del riso, ma colui che dispone di denaro (si dice colui che ha lavorato di più) si può permettere degli extra ".

III. PERIODIZZAZIONE DELLA STRATEGIA ECONOMICA DI MAO

Retrospettivamente la strategia economica di Mao Zedong la possiamo dividere in tre periodi: il primo periodo va dalla proclamazione della repubblica nel 1949 al 1956, anno in cui Mao tenne un discorso, nell'aprile, sui problemi fondamentali della rivoluzione socialista, noto come "Sui dieci grandi rapporti"; il secondo periodo va dal 1956 alla Rivoluzione culturale; il terzo copre gli anni successivi. Segue un quarto periodo tuttora in corso (1979).

1. Il primo periodo ricalcava esattamente l'esperienza sovietica della NEP (Nuova politica economica, 1921-'27): 1949-'52 fase della ricostruzione e 1953-'57 fase dell'edificazione economica mediante pianificazione. Come disse lo stesso Mao, nei primi cinque anni si cercò di completare la riforma del sistema agrario feudale e attuare la cooperazione agricola; nelle città si operò nel senso di trasformare le imprese industriali e commerciali in imprese socialiste. Occorreva cioè risanare l'economia e attuare il piano quinquennale copiando dall'Unione Sovietica dato che non si aveva alcuna esperienza nella costruzione di un'economia nazionale.

Con la fase della ricostruzione si attivarono le industrie preesistenti e si incrementarono le infrastrutture mentre nelle campagne si compiva la ridistribuzione delle terre ai contadini. Il profilo della proprietà fondiaria nel 1949 è tipico di un Paese molto popoloso come lo si ritrova a Giava e nel subcontinente indiano e pakistano. "Alla base pullulano le piccole aziende agricole che in generale non permettono al contadino di vivere, senza attività addizionali, come fittavolo, mezzadro, bracciante agricolo. Vengono poi i contadini medi che riescono più o meno a vivere sulle loro terre. Al vertice della piramide figurano i pochi grandi proprietari. Questi ultimi possiedono assai raramente più di 5-10 ettari in Cina, talvolta un po' di più in India, meno a Giava".

In Cina non c'era terra sufficiente per soddisfare tutti i contadini e quindi nessuna distribuzione poteva rappresentare una soluzione definitiva. L'area coltivabile alla proclamazione della repubblica era press'a poco di 100 milioni di ettari, perciò teoricamente toccava 1/5 di ettaro per contadino considerando questi ultimi 500 milioni. La direzione delle industrie era rimasta ai vecchi proprietari e il piccolo commercio cittadino era privato. Con il 1952 si conclude la fase della ricostruzione che vede il blocco dell'infiazione, la ripresa delle attività economiche e commerciali, l'aumento della produzione agricola e industriale fino a superare i livelli anteguerra. Con la priorità all'industria pesante ebbe inizio il I Piano quinquennale (1953-'57) che aveva l'obiettivo di gettare le basi dell'industrializzazione con il raddoppio della produzione industriale in cinque anni, come i sovietici garantivano.

Mao e i comunisti cinesi capirono già nei primi anni '50 che il modello sovietico richiedeva sacrifici dal settore agricolo che i cinesi non potevano fornire. Era in ogni caso una strada non praticabile. Nel 1920 i russi avevano prelevato il surplus necessario dai contadini con le conseguenze ben note. Questa volta a differenza della situazione russa non esisteva un surplus da prelevare ai contadini. Così mentre nei centri industriali si procedeva all'emarginazione della vecchia classe dirigente e si sperimentava il sistema di gestione sovietico, nelle campagne la distribuzione della terra del '50 produceva i suoi benefici effetti economici e sociali. Vi era da un lato una crescita della stratificazione contadina e dall'altro una crescita del potere urbano e industriale con la conseguente imposizione di prezzi, imposte, requisizioni del surplus e quindi di crescente distacco e ostilità fra industria e agricoltura. A questo punto le tesi di Mao, suffragate da lunghi anni di direzione governativa nelle regioni di confine e di guerre contro il Guomindang e i giapponesi, ebbero il sopravvento, assurgendo a criteri politici orientativi per tutta la Cina. Per Mao la contrapposizione industria-agricoltura non aveva ragione di essere, vista l'esperienza bolscevica. Venne quindi abbandonato il criterio di privilegiare l'industria pesante come era nel modello sovietico, ponendo l'agricoltura (l'80% della popolazione dipendeva da essa), nella strategia complessiva dello sviluppo, al primo posto. In questo modo si confutava la teoria economica capitalistica nella sua variante sovietica che considerava necessario, per lo sviluppo dell'economia, prelevare il capitale da un preesistente surplus. Un aumento generale della produttività della forza lavoro sia agricola che industriale nella concezione maoista evitava di opprimere per il prelievo del surplus solo una parte della popolazione, vanificando in questo modo tutta la questione della accumulazione socialista originaria. Per la Cina occorreva equiparare il sistema economico campagna-città con l'abbandono del piccolo capitalismo agrario favorito appunto per le esigenze dell'accumulazione originaria.

Con la consapevolezza della stretta interdipendenza tra i settori dell'economia, prese l'avvio la campagna per lo sviluppo della cooperazione agricola nel 1954. Non esisteva comunque fra i quadri dirigenti unanimità di consensi. Infatti la cooperazione non rappresentava nelle campagne cinesi un elemento di rottura di un ordine secolare come lo era stata la riforma agraria del '50. La società idraulica fin dall'antichità aveva avuto come caratteristica il lavoro in comune; in più in questo caso la distribuzione della terra aveva suscitato la formazione spontanea di cooperative elementari.

Con il movimento cooperativo oltre a rispettare l'interdipendenza tra i settori produttivi, come abbiamo già accennato, si preparano le campagne a ricevere quei beni strumentali prodotti dalla nuova industria pesante in direzione soprattutto dei contadini poveri, del semiproletariato agricolo privo degli strumenti di produzione, da sempre la componente principale della rivoluzione cinese. Il ritmo della collettivizzazione agricola fu più rapido di quello previsto.
Nel marzo 1957, il 97% della popolazione rurale era organizzato in 752.000 cooperative, di cui 668.000 di tipo superiore, comprendenti una media di 170 famiglie contadine, e 84.000 di livello inferiore con una media di 54 famiglie (in queste ultime persisteva nella distribuzione dei redditi una quota proporzionale all'entità originaria del terreno della famiglia; mentre nelle prime la distribuzione avveniva secondo il lavoro effettuato).

Il crescente successo nella cooperativizzazione permise a Mao Zedong le prime pubbliche affermazioni di autonomia dal modello sovietico e il lancio di quello cinese, cioè il suo modello. Nel primo dei "dieci grandi rapporti" Mao afferma: «Nell'affrontare il rapporto tra industria pesante e leggera, tra industria e agricoltura, non abbiamo commesso errori di principio e neppure gli errori di alcuni Paesi socialisti, i quali attribuiscono un'importanza unilaterale all'industria pesante, ma trascurano l'industria leggera e l'agricoltura con la conseguenza che sul mercato scarseggiano merci e beni di consumo quotidiani e la moneta è instabile... Lo sviluppo dell'industria pesante esige accumulazione di capitale. Quali sono le fonti di accumulazione di capitale? Esso può essere accumulato tanto dall'industria pesante quanto dall'industria leggera e dall'agricoltura. Tuttavia l'industria leggera e l'agricoltura possono permettere un'accumulazione più consistente e più rapida... L'importanza dell'agricoltura per l'economia nazionale nel suo insieme risulta molto chiara dalla nostra esperienza diretta. La pratica degli anni che vanno dalla liberazione ad oggi dimostra che quando vi è un buon raccolto la vita migliora complessivamente in quell'anno. Questa è una legge generale».

2. Il secondo periodo (1956-'66) è contrassegnato dalle grandi battaglie di Mao per la costruzione di un modello adatto alla Cina, l'applicazione del quale non fu affatto facile. Mao doveva combattere i ministri che ancora nell'autunno del 1956 erano impegnati a discutere il progetto del II Piano quinquennale trascurando il testo "sui dieci grandi rapporti». Comunque nel rapporto sul II Piano quinquennale all'VIII Congresso Zhou Enlai affermava che "alla fine del giugno 1956 l'industria capitalistica era già trasformata in industria mista, statale-privata, nella misura del 99%; erano state già organizzate 992.000 cooperative agricole di produzione, che organizzavano il 91,7% del numero complessivo delle famiglie contadine del Paese". L'anno seguente il progetto di piano venne spazzato via da Mao con il lancio delle Comuni rivolgendosi direttamente alla base contadina invece che ai pianificatori del CC.

Le Comuni volevano essere, come abbiamo visto, delle istituzioni amministrative con funzioni complesse nel campo economico, militare ed educativo; nel Paese contemporaneamente si dava il via a quel progetto noto come il Grande Balzo in avanti. Una sorta di doppia personalità, presente da sempre nella storia dei movimenti comunisti come anche di quello cinese, a questo punto prende concreta forma. In seno alla direzione del Pcc, Liu Shaoqi era il personaggio leader della "destra" e Mao Zedong della "sinistra". Non era una divisione nuova. A questo proposito basti dire che fino a quando il problema era di lottare contro il vecchio ordine e instaurare il nuovo le differenze rimanevano in profondità. Quando però l'attenzione si concentrava sulle forme da imprimere al nuovo ordine le differenze venivano a galla.

Liu Shaoqi sosteneva il modello sovietico e tutte le sue implicazioni, Mao Zedong si batteva per approfondire la rivoluzione nel senso di una progressiva uguaglianza e partecipazione delle masse al controllo e alla gestione della propria vita. Il decentramento amministrativo e il lancio delle Comuni servivano a far maturare nei contadini il senso della propria funzione economica e della propria responsabilità politica.

Il Grande Balzo in avanti vuole essere un nuovo ed originale modello di sviluppo economico diretto ad affrontare simultaneamente su tutti i fronti il problema dell'arretratezza. La parola d'ordine "contare su se stessi" che i cinesi cominciano a diffondere, "appare quindi non solo come il frutto contingente dell'isolamento crescente o della necessità di rompere i condizionamenti e le subordinazioni che conseguono agli aiuti tecnici e finanziari esterni, ma si presenta soprattutto come una linea generale di sviluppo che punta a rompere il circolo vizioso della miseria e dell'inerzia umana e a promuovere tutte le capacità attuali e potenziali in base al principio che il lavoro genera capacità di lavoro.

Come si sa il Grande Balzo in avanti venne abbandonato nel 1961 in un momento di grandi difficoltà e di generale crisi tanto da convincere il gruppo dirigente comunista a ridimensionare il progetto maoista. Mao se ne assunse tutta la responsabilità dimettendosi da presidente della Rpc e rimanendo nel partito. Gli anni del raggiustamento non costituiscono una rinuncia ai criteri del Grande Balzo in avanti, ma essenzialmente una riduzione drastica degli obiettivi quantitativi e dei ritmi di sviluppo, necessaria proprio per salvare la linea generale. Con la parola d'ordine "l'agricoltura al primo posto", venne allora impostato un programma di sviluppo focalizzando l'attenzione alla produzione agricola e dei beni di consumo, fermo restando l'obbligo di portare a compimento la realizzazione degli impianti di base. Anche la Comune subì un drastico ridimensionamento, permettendo il piccolo appezzamento privato e il piccolo scambio. Infine venne approntato il progetto per il III Piano quinquennale (1966-'70), ma prima che si riuscisse a dare il via scoppiò la Rivoluzione culturale.

3. Il terzo periodo coincide con la maturazione delle idee di Mao circa la futura gestione della società cinese. La Rivoluzione culturale è stato il primo tentativo nella storia delle rivoluzioni socialiste di continuare la rivoluzione dopo l'instaurazione della dittatura del proletariato. La costruzione di una società diversa dal capitalismo borghese doveva riferirsi ad una scala di valori diversi, ad una weltanschaung in cui le antiche regole di governo non avessero più ragione di essere. Il soggetto rivoluzionario doveva essere in questo caso oggetto della critica, cioè l'educatore  il partito - doveva essere educato. Dirà Mao Zedong in una direttiva del novembre 1967: "Nel rivoluzionamento degli organi di Stato la via essenziale è quella del rapporto con le masse; il rivoluzionamento delle strutture si adatterà in seguito ai rapporti con le masse. Non c'è bisogno di mettere l'accento sulle strutture burocratiche". Perciò questo tipo di politica economica s'inserisce bene nella prospettiva ideologica propugnata da Mao. La via scelta migliora senza dubbio il livello di vita delle masse cinesi. Ma i rischi di sterzate ideologiche che porterebbero lontano dalle idee del presidente sono tanti: in un certo senso sembrano inevitabili. La questione assume un senso diverso che nel 1958 o anche nel 1966. Le osservazioni e le prospettive che si intravedono oggi sembrano richiamare l'idea di un primato dei tecnocrati sugli ideologi; non a caso si ritorna a dibattere sull'economismo. Ma è anche significativa la denuncia dell'opportunismo di destra come dell'infantilismo di sinistra.

4. Un quarto periodo si avvia nel primo dopo-Mao secondo un parziale ricupero di linee di sviluppo meno legate a preoccupazioni di riforma, dettate da un'ideologia integralista. Si riafferma con forza la produzione collettiva del villaggio, ma si combattono due tendenze emerse nel clima del pre-1976 influenzato in parte dai radicali. In primo luogo si condanna l'egualitarismo nei salari maturati dal lavoro contadino ed il peso eccessivo attribuito al comportamento politico all'atto della valutazione dei "punti di lavoro". Inoltre si rivaluta in senso positivo, contro tentativi di assorbimento in unità rurali più vaste (grandi brigate), la funzione prioritaria della comunità rurali di base (brigate di produzione), alle quali si riconoscono la facoltà di autogestione all'interno e la legittimità nel far valere i propri diritti economici nei confronti di autorità amministrativo-politiche superiori (cfr. ad es. nel n. 31, 1978, del Peking Review, l'articolo "Alleggerire il peso dei contadini").

In questo modo non si obietta, come nel pre-1977, contro le aspirazioni economiche delle comunità o dei singoli contadini; anzi si prospetta uno sviluppo sempre più esteso del sistema di commissioni e contratti tra l'ente commerciale di Stato da una parte e i villaggi-collettive dall'altra.

M. Garzia- 1979

 

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