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Storia del Partito Comunista Cinese 
(dalla nascita al 1979)

Sommario - I. Inizi - II. Primo fronte unito - III. Rottura del fronte - IV. Le basi rivoluzionarie - V. La vittoria di Mao - VI. Il Pcc al potere: 1) trasformazione socialista; 2) il Pcc in crisi; 3) Rivoluzione culturale; 4) le battaglie dei radicali - VII. Dopo-Mao.

I. INIZI

Il primo luglio 1921, al terzo piano di un palazzo di stile europeo nella Concessione internazionale di Shanghai, nasce il partito comunista cinese. Fra i dodici membri fondatori è Mao Zedong, allora un giovane di 28 anni. Passeranno ancora quattordici anni, prima che Mao prenda in mano il partito, e solo ventotto anni dopo egli riuscirà a conquistarsi la Cina. Ma quella prima riunione di Shanghai apre davvero per la Cina un'era nuova.

I primi inizi del Pcc si possono rintracciare negli echi e nelle speranze che nel 1918 suscita in Cina la Rivoluzione d'ottobre. Un circolo di studio marxista è formato a Pechino a fine anno sotto la direzione di Li Dazhao, professore universitario. La rivista Xin Qingnian (Gioventù nuova) fondata nel 1915 da Chen Duxiu, un altro docente e portavoce degli intellettuali radicali, si orienta verso il marxismo. Nel maggio 1919 poi nasce a Pechino e si diffonde in tutta la Cina il Movimento quattro maggio, con obiettivi di rinascita culturale, di anti-imperialismo e di riforme sociali e politiche. Nel marzo 1920 arrivano in Cina G. Voitinsky e Yang Mingzhai, agenti del Comintern. Con il loro aiuto e sulla base dei circoli radicali, Chen Duxiu promuove la formazione dei primi gruppi comunisti: a Shanghai in maggio, a Pechino e a Changsha (dove opera Mao Zedong) in settembre, e a Canton a fine anno. Seguono presto le cellule di Jinan, Wuhan, Tokyo e Parigi (Zhou Enlai).

A Shanghai, in agosto, Chen Duxiu fonda le "Brigate giovanili socialiste". Analoghe brigate vengono formate a Parigi ad opera di Zhou Enlai, e a Changsha da Mao. Nel settembre dello stesso anno, dopo una conferenza organizzativa tenuta a Shanghai, nascono le prime cellule radical-comuniste, vengono fondati sindacati comunisti e aperte scuole serali per operai.

In vista della fondazione di un partito comunista di tipo russo, Chen Duxiu e i capi delle cellule collegate a quella di Shanghai espellono gli elementi non specificamente marxisti; in particolare scoppia una violenta polemica anti-anarchica, alimentata dagli articoli di Chen Duxiu. Nel maggio del 1921 questi scioglie anche l'organizzazione frontista delle "Brigate giovanili socialiste"; le ripristinerà nel novembre seguente sulla base ideologica "marxista".

I dodici delegati della seduta del 1° luglio 1921 che fonda il Pcc rappresentano nove cellule, con un totale di 57 membri. Il partito nasce così come federazione di gruppi rivoluzionari formati da intellettuali raccolti attorno a individui intraprendenti e vagamente ispirati a ideali marxisti.

In questo "I congresso nazionale" viene deciso di aprire a Shanghai un "Ufficio centrale del Pcc" con a capo Chen Duxiu, e un segretariato del lavoro diretto da Zhang Guotao che si adopera, sebbene con poco successo iniziale, per prendere in mano il movimento operaio.

All'inizio del 1922, lo sciopero generale dei portuali di Hong Kong (12 gennaio - 5 marzo), organizzato dal Guomindang (Gmd) di Sun Yatsen, offre ai sindacalisti comunisti l'occasione per entrare in scena. Contemporaneamente assieme a 30 delegati tra nazionalisti e comunisti, Zhang Guotao prende parte alla conferenza dei lavoratori dell'oriente (Mosca-Pietrogrado, gennaio-febbraio), come membro di una delegazione di 30 persone, in maggioranza iscritte al Gmd.

Nel maggio seguente si tiene a Canton, allora controllata da Sun Yatsen, il I convegno nazionale dei lavoratori cinesi, dominato dal segretariato comunista del lavoro. Vi partecipano 170 delegati in rappresentanza di 100 associazioni operaie. Sulla scia del congresso, Mao Zedong, Li Lisan e Liu Shaoqi organizzano sindacati e scioperi nella provincia dello Hunan, specie tra i minatori di Anyuan.

Nel luglio si tiene a Shanghai il II congresso del Pcc: vi prendono parte 20 delegati, in rappresentanza di 123 iscritti. Il congresso segna una svolta nella linea politica del giovane Pcc: secondo le direttive del Comintern, al quale il Pcc si iscrive formalmente, da partito che opera indipendentemente, dedito soprattutto all'"educazione e all'organizzazione delle masse in attesa del momento della presa del potere da parte del proletariato", si trasforma in organismo aperto verso un fronte unito democratico con il Gmd (partito nazionalista) di Sun Yatsen.

Un'ulteriore svolta viene compiuta un mese dopo quando, nel corso di un Plenum straordinario del Comitato Centrale convocato dal delegato russo, il Pcc accetta la direttiva del Comintern, che ordina ai comunisti cinesi di iscriversi a titolo individuale anche al partito di Sun. Il Comintern, che vede nel Gmd una coalizione "democratica" di classi, si aspetta che, entrando a farne parte, i comunisti possano avvalersi delle sue strutture e riuscire a dominarlo dall'interno. Il Gmd, sebbene frammentato in molteplici gruppi e tendenze, ha infatti il vantaggio di una rete di sezioni e diramazioni in tutta la Cina, specie tra intellettuali e studenti.

D'altra parte, al IV congresso del Comintern (Mosca, novembre) Karl Radek ha parole di poca stima per il giovane Pcc, dove continuano resistenze contro il patto di collaborazione con i nazionalisti.

II. PRIMO FRONTE UNITO

Una dichiarazione comune, siglata nel gennaio 1923 da Sun Yatsen e l'inviato sovietico A. Joffe, inaugura ufficialmente la collaborazione tra Pcc e Gmd, che può contare anche su una base territoriale, sia pure assai limitata: la zona urbana di Canton, circondata da reparti militari dipendenti dai "signori della guerra" favorevoli a Sun, ma infidi; e anche all'interno della città il Gmd deve fare i conti con l'opposizione di vari settori della popolazione, specie con i commercianti.

L'inesperienza del Pcc in campo sindacale si manifesta presto in un grave incidente che compromette seriamente la rete di sindacati pazientemente intessuta in due anni di lavoro. Lo sciopero generale dei ferrovieri della linea Pechino-Hankou viene soffocato nel sangue il 7 febbraio 1923 dalle truppe del gen. Wu Peifu. Si salvano per allora solo alcuni gruppi sindacali di Canton e dello Hunan, dove lavora Mao.

Nel giugno seguente si tiene a Canton il III congresso del Pcc. Vi partecipano 27 delegati, che rappresentano 423 iscritti, e Maring delegato del Comintern. Nonostante seri contrasti tra i delegati, è riconfermata la collaborazione con il Gmd. Mao Zedong viene eletto al Comitato Centrale.

La collaborazione è riaffermata all'inizio del 1924 dal I congresso del Gmd, che consacra anche per questo partito una svolta decisiva: la sua riorganizzazione secondo la disciplina leninista del centralismo democratico. Nel settembre precedente a Canton è giunto Mikhail Borodin, che assiste Sun Yatsen in quest'opera e che tanta parte avrà negli sviluppi dei tre anni che seguono.

Al congresso, a cui partecipano i comunisti che ne hanno preso anche la tessera del Gmd, è riaffermata l'alleanza del partito di Sun con l'Unione Sovietica, inoltre tre esponenti comunisti sono eletti membri del Comitato esecutivo centrale del Gmd, e altri sei ne divengono membri supplenti. Tra questi ultimi è Mao Zedong, che diventa anche segretario dell'Ufficio organizzativo del Gmd, a Shanghai. Questa elezione lo fa entrare nella cerchia dei dirigenti, anche se in posizione subordinata, come segretario di Hu Hanmin, allora il numero due nella gerarchia Gmd.

Nel quadro del rafforzamento del caposaldo nazionalista di Canton mediante la creazione di un "esercito di partito", l'Accademia militare di Whampoa (Huangpu) viene fondata in luglio nei pressi della città con l'aiuto finanziario russo e con i suggerimenti tecnici di Borodin e del gen. Galen (Vassili Blücher). Ne assume il comando Jíang Jieshi (Chiang Kai-shek) che ha trascorso a Mosca l'estate del 1923; il commissario politico è Zhou Enlai. Nell'Accademia lavorano anche Ye Jianying, Xiao Chunu e altri esponenti comunisti; tra i cadetti sono numerosi membri del Pcc e delle " Brigate giovanili comuniste".

Iscritti regolarmente nel Guomindang, i comunisti ricuperano in parte nel settore operaio il terreno perduto dopo l'insuccesso degli scioperi del 1923. Ai primi di maggio, a Canton, in occasione del II convegno nazionale dei lavoratori, viene fondata la Federazione sindacale cinese. Il convegno è dominato dal Pcc: il nome di Liu Shaoqi compare al secondo posto tra i 25 membri del Comitato esecutivo.

Sotto la veste di iscritti al Gmd, i comunisti trovano inoltre la strada aperta verso un lavoro di penetrazione delle strutture politico-amministrative e di propaganda ideologica nelle forze armate.

Il Pcc comincia pure ad interessarsi maggiormente alle campagne. Il pioniere in questo campo è Peng Bai, che fin dal 1921 organizza i contadini nella zona di Haifeng della provincia del Guangdong. Nel 1923 Peng raccoglie oltre 100.000 membri in combattive Associazioni rurali; l'anno seguente, nel quadro della collaborazione Pcc-Gmd, diventa segretario del dipartimento rurale del Gmd e dà inizio a Canton alla Scuola per l'addestramento dei propagandisti rurali.

Il problema rurale comincia ad interessare vivamente anche Mao, che ammalato lascia Shanghai e torna per qualche mese nella provincia nativa dello Hunan. Richiamato a Canton l'anno seguente, Mao assume la direzione della Scuola rurale, aperta da Peng Bai. Nel maggio 1925 si tiene a Canton, sotto l'egida del Gmd, il I convegno nazionale dei contadini, che elegge Mao presidente della Federazione rurale fondata nell'occasione. Mao percepisce sempre più chiaramente, anche a dispetto delle direttive ufficiali del suo partito, la funzione del fattore rurale; d'altronde, l'agitazione contadina gli offre l'occasione per crearsi una clientela e quindi una base personale di potere.

Intanto, dopo oltre un decennio di frammentazione della Cina in mano ai generali ("signori della guerra"), pare ci si avvii verso una riunificazione politica. Nel settembre-ottobre 1924, la Cina si trova divisa in 4 zone dominate da coalizioni militari, sempre meno stabili. Il braccio di ferro continuo tra i "signori della guerra" ha finito per indebolirli tutti. La piccola area meridionale controllata dal Gmd si rafforza invece maggiormente: Sun Yatsen viene invitato a Pechino per contribuire a un'intesa su piano nazionale.

In novembre si mette in viaggio per il nord, dove intende trattare la formazione di un'Assemblea nazionale e di un governo costituzionale che si impegni a denunciare i "Trattati ineguali". Questa prospettiva fa infuriare i rappresentanti diplomatici stranieri che minacciano rappresaglie. Il "governo esecutivo provvisorio" di Pechino a sua volta ostacola l'opera di Sun Yatsen, che continua a lottare per l'unità nazionale, anche nel morso della malattia che lo stronca nella capitale cinese, il 12 marzo 1925.

La sua scomparsa mette in forse il futuro dell'alleanza Gmd-Pcc. È osteggiata infatti dalla "destra" del Gmd che denuncia il comportamento di "partito dentro del partito" assunto dai comunisti iscritti al Gmd. È anche mal sofferta nel Pcc, che si sente le mani legate: ma il Comintern vuole che si continui.

L'insofferenza del Pcc si rivela in un "Manifesto", pubblicato alla vigilia del IV congresso (gennaio 1925, con 20 delegati in rappresentanza di quasi 1.000 iscritti). I dirigenti comunisti prendono le distanze da Sun Yatsen su tre scelte politiche chiave: la spedizione militare da lui auspicata da Canton contro il nord, la riconvocazione dell'Assemblea nazionale e il favore da lui dato all'elemento militare nel Guomindang. Queste riserve sono comprensibili: nonostante il disagio dell'alleanza con il Gmd, per il Pcc è preferibile lo status quo, senza scossoni che potrebbero disturbare la sua opera di penetrazione.

Tuttavia nella primavera del 1925 eventi inattesi fanno rinascere nel Pcc speranze di una nuova "marea rivoluzionaria". All'uccisione di 10 scioperanti da parte di guardie giurate in una fabbríca giapponese di Shanghai, fa seguito il 30 maggio una rabbiosa dimostrazione di operai e studenti nella Concessione internazionale di Shanghai. L'incidente, dove perdono la vita decine di dimostranti, è seguito da un'ondata di scioperi e proteste anti-imperialisti in tutta la Cina (Movimento 30 maggio), che fa intravedere uno sviluppo su scala nazionale.

Il Pcc esce rinvigorito dalle agitazioni operaie e studentesche, in cui si inserisce. Da un migliaio di iscritti nel maggio 1925, passa a oltre 10.000 sei mesi dopo. Il congresso del Gmd, nel gennaio 1926, conferma la forza del Pcc; su 250 delegati, 100 hanno anche la tessera comunista. Si rafforza anche la base meridionale del Gmd. Grazie all'abilità dei giovani ufficiali usciti dall'Accademia di Whampoa, vengono dispersi o sottomessi i reparti di svariata obbedienza stazionati nelle due province del Guangdong e del Guangxi. La città di Canton viene ripulita da armate private, in particolare da quelle assoldate dai commercianti.

Di riflesso, i successi dei comunisti rafforzano l'ala sinistra del Gmd, che è loro ideologicamente vicina. Una corrente di destra, chiamata delle "Colline occidentali", si leva in rivolta e viene espulsa dal partito. Ma proprio il prevalere dell'ala sinistra legata al Pcc provoca una reazione dei militari.

III. ROTTURA DEL FRONTE

Jiang Jieshi, comandante dell'Accademia, prende in mano il potere a Canton il 20 marzo 1926, mette agli arresti domiciliari i consiglieri sovietici, esclude i comunisti dagli alti incarichi dirigenziali, ne limita a un terzo del totale l'appartenenza ai comitati esecutivi del Gmd a livelli intermedi e inferiori, e vieta la polemica dottrinale anti-Gmd da parte dei comunisti iscritti nel suo partito.

Al momento del colpo di mano, il sovietico Borodin è in missione a Pechino. Dietro istruzioni di Stalin, non si oppone al "colpo" di Jiang Jieshi; anzi finisce per appoggiare il suo progetto di spedizione militare contro il nord. Nell'ottobre 1925, il comitato centrale del Pcc ordina ai suoi di limitare l'agitazione dei contadini, di accontentarsi di organizzarli per l'autodifesa; aizzarli a sollevarsi poteva creare dissapori in un periodo delicato.

Alla fine del 1926 (13 dicembre) per adeguarsi agli ordini di Stalin la centrale del Pcc ordina ai suoi di limitare ulteriormente l'agitazione rurale. Non per questo Mao e i suoi amici dello Hunan desistono da appiccare il fuoco alle campagne. Anzi risale a questo periodo il suo noto rapporto sull'agitazione rurale nella provincia. Per quanto emblematica, la sua azione è ancora marginale: i dirigenti del Pcc mirano alla conquista delle città industriali. Mao trova però degli imitatori proprio durante la spedizione militare contro il nord.

La spedizione ha inizio nel luglio 1926 e raccoglie subito brillanti successi. Nel novembre raggiunge il fiume Yangzi nella Cina centrale. Nel gennaio 1927 un governo di sinistra del Gmd viene formato a Wuhan, con la partecipazione dei comunisti.

Jiang Jieshi, che comanda la spedizione, non trova di suo gusto l'ascesa politica dei comunisti e dell'ala sinistra del Gmd che fa loro da scudo. Il 12 aprile colpisce a tradimento i colleghi comunisti: a Shanghai ne ordina l'arresto in massa e scioglie i sindacati comunisti; solo una parte dei dirigenti del Pcc scampa alla strage. Il 21 maggio il suo esempio è seguito a Changsha dal gen. Xu Gexuang che controlla la provincia dello Hunan. Anche Mao scampa alla cattura.

La sinistra del Gmd in un primo momento si dissocia dal colpo di Jiang; ministri comunisti restano nel governo rivoluzionario di Wuhan. In questa città si tiene (27 aprile - 5 maggio 1927) il V congresso del Pcc, sotto la direzione di M. N. Roy, nuovo delegato del Comintern. Le istruzioni di Stalin esigono che si continui l'alleanza tra il Pcc e la sinistra del Gmd, capeggiata da Wang Jingwei. I delegati (che rappresentano 50.000 iscritti) votano in favore della moderazione nell'agitazione rurale nello Hunan. L'obiettivo resta la conquista di basi cittadine.

Mao e altri dirigenti rurali pensano invece che le campagne siano mature per un'insurrezione e basti accendere focolai in punti strategici per suscitare un sollevamento di massa in tutto il settore rurale. Anzi muovendo dai villaggi il 30 maggio si tenta un attacco per la conquista di Changsha, capoluogo dello Hunan.

Il tentativo finisce in una carneficina di contadini e provoca come contraccolpo, nel giugno, la rottura anche tra sinistra del Gmd e Pcc.

IV. LE BASI RIVOLUZIONARIE

Sempre convinti di una persistente marea rivoluzionaria, i comunisti provocano nell'estate-autunno 1927 numerose rivolte armate, che sebbene non coronate da successo, finiscono tuttavia per dar vita a "basi rivoluzionarie" e all'Armata rossa.

Il 1° agosto, la storica rivolta di Nanchang segna ufficialmente la nascita dell'Armata rossa cinese. Zhou Enlai è l'organizzatore della rivolta che non trova però nessun appoggio popolare e rimane così un'impresa puramente militare. I generali Ye Ting, He Long e Zhu De, comunisti sebbene militino sotto il Gmd, s'impadroniscono della città di Nanchang, capoluogo del Jiangxi, in nome del Pcc. Riescono a tenerla in mano solo per 4 giorni, e si ritirano verso la costa meridionale, disseminando reparti di guerriglieri nel Jiangxi meridionale.

Il 7 agosto seguente a Jinjiang il delegato del Comintern Lominadze convoca una conferenza urgente del Pcc. Vi prendono parte 12 membri del Comitato Centrale e altri 10 dirigenti. Il peggioramento della situazione del Pcc viene addebitato a Chen Duxiu, che è destituito dalla carica di segretario generale che ricopre dal 1921. Gli succede Qu Qiubai.

La stessa conferenza incarica Mao Zedong di organizzare in settembre la "Rivolta del raccolto d'autunno", sempre con l'obiettivo di conquistare Changsha. Ma cade nel nulla anche questo secondo tentativo di conquista di una base urbana.

Altre insurrezioni vengono messe in atto, contemporaneamente e dopo la "Rivolta" di Mao, in varie parti della Cina, nel sud. L'impresa più significativa è il tentativo di creare, dopo la conquista militare della città, una "comune di Canton" (11-13 dicembre 1927), voluta espressamente da Stalin, ma soffocata dalle truppe alleate a Jiang Jieshi.

Mao raccoglie a Sanmen i rimasugli delle sue truppe d'assalto e si rifugia sui monti Jinggang (Jinggangshan), aprendo il capitolo della guerriglia e delle basi rivoluzionarie. Altri reparti vaganti, guidati da ufficiali comunisti, chiazzano le province centro-meridionali. Uno dei reparti, comandato da Zhu De, riesce a congiungersi nell'aprile 1928 con quelli di Mao a Jinggangshan, e i due insieme sostengono con successo il primo attacco delle truppe di Jiang Jieshi. Mao si mette all'opera per dare forma e consistenza alla sua base di guerriglia. Segue una politica di riforma agraria moderata e organizza "soviet" di soldati, nonostante l'opposizione del vertice del Pcc.

In un rapporto del 1928, Mao sintetizza in cinque punti i requisiti per una buona base rivoluzionaria: 1. una base di massa; 2. un partito-guida; 3. un'armata capace di consolidare il potere e reclutare nuovi soldati; 4. una zona scelta al confine tra due province, per giocare sull'effetto psicologico di un focolaio ribelle in una Cina divisa; 5. un'area economica auto-sufficiente. Mao è contrario alla guerriglia pura, non ordinata alla conservazione di basi permanenti, quella voluta da Li Lisan, nuovo capo del Pcc, che paventa centri di potere antagonisti.

Stalin, che vuole ancora guidare a distanza la rivoluzione cinese, convoca a Mosca sedici delegati al VI congresso del Pcc (18 giugno - 11 luglio). Il vertice del Pcc deve attenersi al leninismo ortodosso per avere l'appoggio di Stalin: si propone così di riattivare il partito tra il proletariato cittadino.

Secondo le direttive del Comintern, il "comunismo di campagna" di Mao dev'essere solo una fase provvisoria e la guerriglia deve avere prevalentemente una funzione ausiliaria. Mao, invece, con l'intuito ispirato dall'esperienza cinese delle perturbazioni dinastiche, vede le basi sui monti valide in sé, allo scopo di conquistare il potere, sebbene anche i suoi metodi stonino nel coro leninista.

In realtà questa convinzione nasce quasi dalla necessità e dal caso in Mao e in altri dirigenti comunisti, diventati capi-guerriglia per sfuggire alla cattura dopo un'impresa militare andata male. Dalla fine del 1927 le basi rivoluzionarie comuniste si moltiplicano. All'inizio del 1930 se ne contano 15, e tra i capiguerriglia troviamo Deng Xiaoping, Wang Zhen, Xiao Ke. La base più importante resta quella di Jinggangshan, ampliata e organizzata dapprima secondo strutture "sovietiche". Tuttavia con la "Risoluzione di Gutian" (dicembre 1929) Mao ridimensiona i soviet di soldati, dove le fazioni ritardano l'opera dei comitati di partito, riducendone le competenze a decisioni secondarie su cibo e abitazioni. Ogni reparto va invece guidato dall'organo di partito a tutti i livelli.

Isolate dal resto del paese dal cordone militare dei soldati nazionalisti, le basi comuniste possono permettersi qualche iniziativa autonoma dalla centrale del Pcc che continua a operare clandestinamente a Shanghai. Nei suoi riguardi possono anche farsi forti del servizio che offrono, finanziando tra l'altro compagni delle zone bianche. Tuttavia l'assedio non è così serrato e il loro contributo in denaro non è tanto esclusivo, da esimerli dal ricevere ordini e subire controlli da parte della direzione nazionale del partito.

Questa, in mano a Li Lisan, non abbandona l'idea della conquista di basi urbane. A un convegno dei delegati delle zone dei soviet, tenuto segretamente nel maggio 1930 presso Shanghai, vengono impartite istruzioni per rinnovati attacchi sferrati dalle basi rurali rosse contro le città importanti, sempre nella convinzione che il proletariato urbano avrebbe appoggiato l'azione. L'Armata rossa, che conta ormai oltre 60.000 uomini, riesce ad occupare Changsha solo per pochi giorni (27 luglio - 5 agosto) e fallisce del tutto nel tentativo di prendere Nanchang e Wuhan.

Questo ennesimo insuccesso finisce per convincere anche chi non l'ha ancora capito che gli operai, ad eccezione di pochi fedelissimi, almeno organizzativamente prendono le distanze dal Pcc; tanto più che il "terrore bianco" dei servizi segreti di Jiang Jieshi tiene tutti in allarme. A confondere maggiormente la situazione, nel giugno 1930 tornano in Cina da Mosca i "28 bolscevichi" capeggiati da Wang Ming; giovani di poca esperienza, ma smaniosi di strappare dalle mani di Li Lisan la direzione del Pcc, in nome della propria purezza ideologica e grazie all'appoggio di Pavel Mif, il delegato del Comintern che li accompagna. Ci riescono; ma non cambia l'orientamento, avulso dalla realtà della loro linea politica tracciata a Shanghai, mentre le basi rivoluzionarie rurali resistono e si sviluppano. Al contrario, i dirigenti centrali del partito si vedono invece obbligati nel 1932 a rifugiarsi tra i guerriglieri, per scampare alla polizia del Gmd.

L'anno prima, nel novembre 1931, nel sud della provincia del Jiangxi, è stata proclamata la "repubblica sovietica", con capitale Ruijin. Mao, il capo emergente, viene eletto presidente della repubblica, e tale è confermato nel 1934; ma continua ad essere contestato come persona e nella sua linea politica. Infatti non è tutto pacifico nelle basi. Oltre a pressioni militari dall'esterno, prevalgono tensioni di gruppo e lotte intestine, nel quadro di un Pcc poco amalgamato che manca di un capo universalmente riconosciuto. La creazione della "repubblica sovietica" cambia solo nella forma la realtà federativa nelle basi.

La "repubblica" è proclamata in un periodo di calma tra la terza e la quarta campagna di "accerchiamento e annientamento" . Tra il 1930 e il 1934 Jiang Jieshi lancia infatti cinque di queste campagne militari, contro le basi rosse. Nel 1934 la quinta campagna le preme con tanta forza che pare riesca a distruggere l'intera Armata rossa. Ma parte delle forze comuniste sfugge all'accerchiamento nell'ottobre 1934.

V. LA VITTORIA DI MAO

Ha così inizio la Lunga Marcia di 12.000 avventurosi chilometri, che si conclude nell'ottobre del 1935, quando le truppe di Mao raggiungono la provincia del Shaanxi, nel nord-ovest (Storia moderna, 1928-1949 n. 23).

Nel corso della Lunga Marcia si registra un fatto di importanza capitale per l'avvenire della rivoluzione cinese: in una "riunione di emergenza" del Politburo, a Zunyi, nel gennaio 1935, Mao ottiene il controllo del Pcc, in qualità di presidente del Comitato Centrale. Da allora fino al 1976, la rivoluzione socialista cinese si identifica con la persona e la guida di Mao.

Il periodo 1936-'45, o di Yan'an (dove Mao ha stabilito la propria capitale), comprende una triplice serie di sviluppi.

In primo luogo è un rinnovato "fronte unito" tra Pcc e Gmd motivato con l'urgenza di combattere uniti l'invasione giapponese della Cina, che ha inizio in grande stile nel 1936. Dopo aver combattuto per dieci anni i comunisti, Jiang Jieshi deve cedere alle pressioni dei suoi generali; è costretto a lasciare spazio a due formazioni militari comuniste, denominate VIII armata e IV armata, rispettivamente nel nord-ovest (l'Armata rossa nella zona di Yan'an) e nella Cina centrale (i reparti comunisti di guerriglia sparsi nell'area).

Nella misura consentita dalla presenza di truppe giapponesi agguerrite sul suolo cinese, reparti comunisti e nazionalisti continuano però a combattersi a vicenda. Il vantaggio della situazione va però ai comunisti, che accrescono il proprio contingente militare decuplicandolo rispetto alle cifre concordate con il governo di Nanchino nel 1937 (54.000 uomini per l'VIII armata e 10.000 per la IV armata). Estendono pure progressivamente le zone da loro controllate, per lo più nei punti morti tra le linee giapponesi, fino a coprire complessivamente nel 1945 un'area dove vivono oltre 90 milioni di abitanti. Inoltre dietro la copertura del "fronte unito antigiapponese" il Pcc può rilanciare la propria campagna politica anche nelle "zone bianche" e nelle città controllate dagli stessi giapponesi.

In secondo luogo viene la serie di esperienze in campo amministrativo e organizzativo, portate avanti nelle nuove "basi rivoluzionarie", specialmente in quella che fa capo a Yan'an, dove risiede Mao. In parte si perfezionano i metodi messi a punto nei soviet del Jiangxi; ma nello staterello di Yan'an, relativamente stabile e ben difeso ma anche isolato e controllato dall'esterno, esigono una soluzione altri problemi più vasti, specie nell'organizzazione di una struttura economica autarchica. Le esperienze maturate a Yan'an costituiscono il sottofondo della politica economica auspicata da Mao per tutta la Cina dopo il 1949; analogamente influiscono sulle sue scelte politiche future le esperienze raccolte a quel tempo nella mobilitazione di massa in vari settori.

Viene in terzo luogo il lungo e abile lavoro di Mao Zedong per riorganizzare il partito e consolidarlo ideologicamente, e per rafforzare insieme il proprio potere nel quadro della realizzazione di quella che considera anche una missione storica personale. Il Pcc è stato rifondato in questo periodo e si è sviluppato numericamente: da 40.000 iscritti nel 1937 passa a 800.000 nel 1940 e a 1.211.128 nell'aprile 1945 al tempo del VII congresso.

Più sicuro della propria posizione nel partito, Mao lancia nel 1941-'42 una campagna di "rettifica", che ha insieme fini di indottrinamento e di purificazione dei ranghi del Pcc. Gli errori ideologici-pratici presi di mira sono il "soggettivismo" con le sue componenti "dogmatica" ed "empiricista", il "settarismo" complicato da "particolarismi" e da "autoritarismo", il "formalismo" a scapito della sostanza della rivoluzione. L'epurazione interessa circa 60.000 elementi "indesiderabili", che vengono espulsi dal partito. Il VII congresso, tenuto a Yan'an 17 anni dopo il VI congresso (Mosca 1928), non solo conferma la vittoria di Mao come guida del Pcc, ma lo consacra anche come sommo ideologo della rivoluzione cinese: nello statuto approvato dal congresso, il "pensiero" di Mao Zedong è indicato come l'ideologia ufficiale, assieme al marxismo-leninismo.

VI. IL PCC AL POTERE

Dopo la resa del Giappone il 14 agosto 1945, si ha dapprima un periodo di negoziati tra Pcc e Gmd in vista di un governo di coalizione. Durante le trattative continuano le azioni militari tra le due parti, intente a precedersi a vicenda nell'occupare le aree evacuate dai giapponesi. Segue, dal marzo 1947, un biennio di guerra totale, dove la superiorità umana e ideologica dell'Armata rossa ha ragione del regime decadente di Jiang Jieshi.

Il fallimento di Jiang Jieshi, dopo un ventennio di incerto dominio, è inevitabile, di fronte a un Pcc articolato e insieme centralizzato, capace di conquistare la fiducia e la collaborazione delle masse, ricco di un'ideologia d'avanguardia e di tecniche per propagandarla, dotato di forze armate integrate nella popolazione e addestrate per un tipo di guerra agile; un Pcc che può inoltre contare sull'appoggio di larghe fasce di intellettuali e di studenti, una vera quinta colonna, anche nelle "zone bianche" .

Il rilancio del Pcc nel 1935-'45 e il successo del 1949 sono indubbiamente facilitati dall'invasione giapponese; ma proprio questa invasione ha dato la misura delle limitazioni del regime di Jiang, nato debole e compromesso fin dall'inizio da componenti politiche clientelistiche, per scelta o per necessità appoggiato alla grande borghesia, carente di idealità e strumenti idonei per rispondere alle esigenze di una società in rapida trasformazione; un regime che poteva contare su poche forze armate, che fossero allo stesso tempo fidate e motivate politicamente, e insieme addestrate in metodi di combattimento adeguati alle circostanze.

Dal 1° ottobre 1949, quando Mao proclama la Repubblica popolare cinese, la storia del Pcc, diventato partito di governo, si identifica in gran parte con la storia della Cina popolare. Di questa, i 30 anni di vita fino alla morte di Mao si possono ripartire in cinque periodi (1949-'56, 1956-'60, 1961-'65, 1966-'71, 1972-'76).

1. Trasformazione socialista

Il periodo 1949-'56 è quello della ricostruzione economica, della trasformazione socialista delle imprese produttive, del riordinamento amministrativo e dell'indottrinamento di massa. II modello sovietico e i consiglieri di Mosca hanno un ruolo essenziale.

Il vertice del Pcc fa di tutto per presentare all'estero l'immagine di un direttorio unitario. Ciononostante ha luogo nel dicembre 1953 una grave spaccatura, con l'epurazione di Gao Gang e di Rao Shushi, membri del Politburo e primi segretari, rispettivamente, del nord-est (Manciuria) e dell'est (Shanghai e province limitrofe), due zone di avanguardia nella costruzione economica. Il pericolo di un "regionalismo" anti-unitario è il movente immediato dell'epurazione; ma questa rottura al vertice è il sintomo di un disagio più profondo sul modello di sviluppo: se questo comporti la funzione trainante di aree-pilota, oppure debba essere equilibrato e diffuso in tutto il Paese.

L'impatto dell'esercizio del potere in tutta la Cina crea nel Pcc deviazioni e squilibri, affrontati attraverso una serie di "rettifiche" epurative. Non meno preoccupante per il direttorio del partito, capeggiato dal triumvirato Mao-Liu(Shaoqi)-Zhou(Enlai), è l'incipiente alienazione delle masse dal partito: c'è il pericolo, dopo l'entusiasmo e le aspettative nel periodo iniziale della Rpc, che la gente finisca per subire il regime. S'impone tra partito e base popolare un dialogo, che viene preannunciato nel 1956 alla vigilia del congresso nazionale ed è lanciato nella primavera del 1957.

L'VIII congresso (15 luglio-27 settembre 1956) approva un nuovo statuto del partito e rinnova le cariche centrali. In sostituzione della segreteria viene formato un "Comitato permanente" del Politburo, composto di sei persone: Mao, Liu Shaoqi, Zhou Enlai, Zhu De, Chen Yun (ai quali si aggiunge Lin Biao nel 1958). Per trattare gli affari correnti è istituito un segretariato con membri eletti direttamente dal Plenum del Comitato Centrale. Anche i componenti della nuova Commissione centrale di controllo sono scelti dal Plenum.

Il congresso prende nota con ragionevole soddisfazione delle realizzazioni del primo sessennio della Rpc. Tuttavia nei discorsi ufficiali si legge qualche accenno alla recessione economica allora in corso ed è anche aperto qualche spiraglio su dissidi di fondo a proposito di scelte nei metodi e nelle opportunità di sviluppo. Sul congresso pesano anche il processo di destalinizzazione, allora appena inaugurato a Mosca, ed i fatti di Ungheria: è sotto accusa la "burocratizzazione" del partito, si denuncia una sua "crisi di alienazione dalle masse". Tuttavia ci si ripromette di ovviare a tutti gli inconvenienti, salvando nel Pcc "pace e armonia".

2. Il Pcc in crisi

Visto nella prospettiva degli sviluppi negli anni successivi, il congresso del 1956 è invece il punto di partenza di discordie che si sono trascinate fino al 1976.

Viene nel 1957 la breve liberalizzazione dei Centofiori che dovrebbe aiutare il Pcc a liberarsi dalle scorie. Ma invece di un dialogo, di una fioritura pluralistica nell'ambito della fede marxista, diventa una ventata di denunce contro l'operato del Pcc a tutti i livelli, un episodio increscioso, soffocato dopo sole tre settimane e seguito subito da una fiera caccia ai "destristi" , dentro e fuori del Pcc.

Nel 1958 (5-23 maggio) un'insolita "seconda sessione" dell'VIII congresso, condotta a porte chiuse nello stile di "rettifica" , rintuzza tutte le tendenze non conformiste nel Pcc e prepara il terreno per una svolta inattesa nella scelta del modello di sviluppo. Nel maggio-luglio del 1957 vengono lanciati il Balzo in avanti e le Comuni rurali.

Nel 1959 si percepiscono già i sintomi della recessione economica che si farà strada nel 1960-'62. Mao che ha voluto la svolta nei metodi di sviluppo socio-economico si addossa una parte della responsabilità di non averne previsto tutte le implicazioni. Non accetta però che si facciano obiezioni di principio sulla linea politica che detta.

Al Plenum del Comitato Centrale convocato (2-16 agosto 1959) a Lushan, il ministro della difesa maresciallo Peng Dehuai, membro del Politburo, si fa portavoce degli scontenti, ma viene esonerato dalla carica. Chi gli si associa nel contestare viene ugualmente epurato o almeno messo da parte, come Chen Yun, economista e vice presidente del Comitato Centrale. Tuttavia Mao si rende conto della forza dell'opposizione e si "ritira in seconda linea" .

Con l'aggravarsi della crisi economica, la frattura al vertice del Pcc diventa più profonda. Nel 1961-62 sulla stampa cittadina di Pechino (Qianxian, Beijing Wanbao, ecc.) compaiono scritti di vario genere letterario, pieni di allusioni che ridimensionano il personaggio Mao e polemizzano con le sue scelte politiche. Una revisione sistematica della politica del Balzo-Comuni viene intrapresa da una commissione, incaricata da Liu Shaoqi e da Peng Zhen (membro del Politburo e primo segretario di Pechino) di raccogliere e valutare la documentazione di base per una critica totale di Mao. Zhou Enlai si tiene prudentemente neutrale.

Tutto e solo per Mao è invece il maresciallo Lin Biao, che dal 1959 sostituisce Peng Dehuai al ministero della difesa. Lin mette in opera un riarmo ideologico dei militari, incentrato nella "fedeltà" a Mao e al suo "pensiero"; prepara anche reparti scelti, pronti all'azione politica in campo civile. Mao lascia il suo ritiro in occasione del X Plenum del Comitato Centrale (settembre 1962). In qualità di presidente, mette in guardia il partito contro la perdita di entusiasmo rivoluzionario; individua nei quadri del Pcc sintomi simili all'involuzione "revisionista" in altri paesi socialisti. E lascia capire che auspica, come nel 1957, una "rettifica" con contributi da "fuori del partito".

L'apparato del partito da parte sua risponde spontaneamente, neutralizzando in pratica le direttive avanzate in proposito da Mao; ma questi non desiste: propone ripetutamente le sue scelte. L'apparato è irritato dal solo pensiero dell'"epurazione dal di fuori"; e, dopo le amare sorprese del Balzo e delle Comuni, ha perso fiducia nei metodi di rivoluzione preferiti da Mao, avverso per costituzione al sistema e ai regolamenti che per lui soffocano lo spontaneísmo e l'entusiasmo rivoluzionari. L'apparato (Liu Shaoqi, Deng Xiaoping ecc.) si affida piuttosto ad altre misure, organizzative e sistematiche, per far fronte al problema del "revisionismo".

Si assiste così nel 1963-'65 a una doppia serie parallela di direttive politiche contrastanti, specie in tre campi specifici: l'educazione dei giovani, il mondo rurale, la cultura. Solo le truppe scelte di Lin Biao seguono a puntino le direttive di Mao nei tre settori.

In un campo specifico non si rivelano invece divergenze apprezzabili tra i due schieramenti al vertice del Pcc: nella sostanza della polemica ideologica con l'Unione Sovietica. In questo dissidio essenzialmente etnico e nazionalista, oltre a fattori storici e assieme al ricordo dei soprusi perpetrati ai danni dei cinesi fin dal sec. XVII dagli antenati di quelli che vengono ora denominati "nuovi zar" , influiscono anche lo spirito di rivincita contro la dipendenza del Pvc dal Comintern durante gli anni venti, e il risentimento verso il comportamento piuttosto pesante dei sovietici durante il periodo di assistenza e collaborazione nel 1950-'60.

3. Rivoluzione culturale

Dal 1966 al 1970, con la Rivoluzione culturale il Pcc vive dapprima un'esperienza senza precedenti per un partito comunista: Mao, che l'ha rifondato a propria immagine, ne mette sotto accusa le strutture portanti e molti dei principali dirigenti, che "infedeli alle direttive e alla persona" di Mao sono abbandonati in balia degli attacchi furiosi, anche fisici, da parte di giovani "guardie rosse". Lin Biao e i "radicali" ne approfittano per saziare la propria sete ambiziosa e vendicativa.

Nonostante tutto, l'apparato finisce per averla vinta: le esigenze della produzione e dell'amministrazione si rivelano più pressanti ed esigenti perfino della personalità possente di Mao e dei suoi appelli ideologici. Qui condensiamo gli avvenimenti in alcune date essenziali:
- l'XI Plenum del Comitato Centrale nell'agosto 1966 elegge un nuovo Politburo, con Lin Biao unico vicepresidente;
- la riunione del "Politburo allargato" dell'ottobre 1966 sospende da tutti gli incarichi Liu Shaoqi (membro del Politburo, vice presidente del Comitato Centrale fino all'agosto precedente e presidente della Rpc) e Deng Xiaoping (membro del Politburo, vice presidente del CC e segretario generale del CC fino all'agosto precedente, vice primo ministro);
- "rivoluzione di gennaio" 1967: gruppi e formazioni di "ribelli rivoluzionari" invadono le sedi del Pcc e "prendono in mano il potere";
- 1967-'68 gli organi direttivi del Pcc a tutti i livelli sono sostituiti in emergenza da un "centro" e dalle cellule del Pcc nei reparti militari e in seno ai comitati rivoluzionari di nuova formazione;
- nel 1967-'68, vasta epurazione di dirigenti centrali, provinciali e periferici del Pcc, inclusi numerosi individui già impegnati nella fase iniziale della Rivoluzione culturale;
- nell'ottobre 1968, il XII Plenum del Comitato Centrale espelle formalmente Liu Shaoqi dal Pcc e prepara la convocazione del prossimo congresso del partito;
- il IX congresso del Pcc (aprile 1969) promulga un nuovo statuto, rinnova gli organi centrali (con l'abolizione del Segretariato e della Commissione centrale di controllo), designa Lin Biao come vice di Mao e suo successore; Jiang Qing, moglie di Mao, è eletta al Politburo assieme ai due esponenti "radicali" di Shanghai, Zhang Chunqiao e Yao Wenyuan; dopo il congresso si ripristinano gradualmente i normali organi direttivi del Pcc ai vari livelli;
- XIII Plenum del Comitato Centrale (agosto 1970) dove Mao sconfessa il suo vecchio segretario Chen Boda (membro del Politburo) e prende le distanze da Lin Biao; nei mesi seguenti, fino all'estate del 1971, si inasprisce il dissidio tra Mao e il suo vice Lin Biao;
- settembre 1971: scompare Lin Biao; la versione ufficiale lo dice perito in un incidente aereo, mentre tenta di rifugiarsi nell'Unione Sovietica dopo un fallito attentato terroristico contro Mao; all'incidente fa seguito l'epurazione dei più stretti collaboratori di Lin Biao nel Politburo e ai vari livelli dell'amministrazione politica e dei comandi militari.

4. Le battaglie dei radicali

Dall'indomani del X congresso fino all'indomani della morte di Zhou Enlai (gennaio 1976) si assiste a un duello, velato da simboli e sottintesi, ma non per questo meno aspro, tra una maggioranza e una minoranza. La maggioranza è radicata nell'apparato, parzialmente ringiovanito ma tuttora dominato dalla vecchia guardia. La minoranza "radicale" fa capo a Jiang Qing, moglie di Mao, e al "gruppo di Shanghai": Mao lascia nelle loro mani la stampa-propaganda e li sostiene, in quanto costituiscono un elemento di pressione, un pungolo che tiene desto l'entusiasmo rivoluzionario. Ma questa minoranza rivela sempre più velleità di potere, di monopolio dell'ortodossia.

Le tappe principali di questo periodo si possono indicare come segue:
- nel 1971-'72 Zhou Enlai riprende quota nel Pcc dopo essere stato sacrificato quando Lin Biao era in auge; inizia la "riabilitazione" di vecchi quadri;
- dalla fine del 1972 si assiste a una rapida ripresa dei "radicali" in ribasso dal 1971 dopo essere stati molto vicini a Lin Biao; allo stesso tempo si rafforza la posizione degli ex-epurati "riabilitati";
- il X congresso nazionale del Pcc (agosto 1973) promulga un nuovo statuto del partito, sostanzialmente simile a quello del 1969: mancano ovviamente riferimenti a Lin Biao; negli organi centrali rinnovati figura Wang Hongwen, il più giovane dei sommi esponenti "radicali" di Shanghai, nominato vice presidente del Comitato Centrale, al terzo posto dopo Mao e Zhou Enlai nella gerarchia del Pcc; tra i grandi "riabilitati" del X congresso c'è Deng Xiaoping. Gli iscritti al Pcc raggiungono la cifra di 27 milioni;
- nel nuovo statuto è inserito il "principio marxista di andare contro corrente"; all'indomani del X congresso dalla base di questo principio i radicali lanciano una campagna di contestazione anti-apparato, che denominano "antiConfucio" (e "confuciani retrogradi" sarebbero tutti i loro avversari); la campagna, divenuta "anti-Lin Biao e antiConfucio" per un compromesso raggiunto all'inizio del 1974, registra qualche successo, ma viene insabbiata nell'estate 1974;
- i radicali lanciano (febbraio 1975) la campagna "per lo studio della dittatura del proletariato". È un nuovo attacco contro l'apparato, imputato di voler espandere il "diritto borghese" in un contesto socialista. Nell'estate 1975 questa nuova campagna viene rafforzata con la "critica di Song Jiang", (il Robin Hood della leggenda popolare) reinterpretato come un traditore della rivoluzione popolare dei suoi tempi (sec. XIV): come lui, sarebbero traditori della rivoluzione tutti gli esponenti dell'apparato;
- si aggravano intanto le condizioni di salute di Zhou Enlai; Deng Xiaoping prende le redini del governo; contro di lui viene montata a fine 1975 la campagna denominata simbolicamente "contro il contrattacco da destra";
- l'8 gennaio 1976 muore Zhou Enlai; contrariamente alle aspettative, Deng Xiaoping non gli succede nella carica di primo ministro; anzi viene esonerato da tutti gl'incarichi nell'aprile, dopo due giornate di incidenti in piazza Tian'anmen a Pechino; Mao, deludendo le aspettative dei radicali, nomina Hua Guofeng primo vice presidente del Comitato Centrale e primo ministro;
- in luglio muore Zhu De; Mao si approssima alla fine; durante l'estate, facendo leva sulla denuncia di Deng Xiaoping e associati, i radicali premono con più forza per imporre in esclusiva la propria candidatura "ovvia" di successori di Mao; appoggiano la propria candidatura con azioni di disturbo intese a creare la confusione;
- il 9 settembre muore Mao Zedong, all'età di 84 anni: si apre il problema della successione.

VII. DOPO-MAO

L'XI congresso nazionale (12-18 agosto 1977), a un anno dalla scomparsa di Mao Zedong, dà al Pcc il primo assetto nel dopo-Mao. Successore di Mao è consacrato Hua Guofeng, confermato presidente del Comitato Centrale.

Vice presidenti sono eletti Ye Jianying, Deng Xiaoping, Li Xiannian e Wang Dongxing. Un plenum del CC del Pcc, che precede il congresso di qualche settimana (16-21 luglio), ha riabilitato Deng Xiaoping, restituendogli tutti gl'incarichi; il nuovo Politburo è composto da esponenti dell'apparato, di militari e anche di tecnici, con un'età media di 65 anni.

Il nuovo statuto non differisce sostanzialmente da quelli del 1969 e 1973, ma insiste maggiormente sulla disciplina di partito e sulla condanna di ogni individualismo: vuole il centralismo democratico applicato in pieno. Anche "andar contro corrente" viene reinterpretato nel senso di lotta contro ogni corrente che va contro lo spirito e l'autorità del partito.

Questo assetto è reso possibile dalla eliminazione, a meno di un mese dalla morte di Mao, di quella che viene chiamata la "banda dei quattro": Jiang Qing, la vedova di Mao, e i tre esponenti "radicali" di Shanghai (Zhang Chunqiao, Yao Wenyuan, Wang Hongwen); i quattro, tutti membri del Politburo, sono arrestati il 7 ottobre 1976, sotto l'accusa di aver ordito un complotto per "impadronirsi del partito e dello stato". Una riunione straordinaria del Politburo sceglie in Hua Guofeng il nuovo presidente del Comitato Centrale.

La denuncia della "banda dei quattro" è seguita presto da quella dei loro collaboratori negli organi centrali e periferici. Tra le vittime della nuova epurazione sono i primi segretari provinciali dell'Anhui, del Gansu, del Jilin e dello Yunnan, i ministri della cultura e della sanità, il rettore del Politecnico di Qinghua, un terzo dei membri del CC eletti nel 1973, oltre il 30% dei segretari provinciali, e non pochi dirigenti minori.

Il "grande ordine" è l'insegna ufficiale dell'immediato dopo-Mao. Dopo 10 anni di Rivoluzione culturale e di rinnovati tentativi da parte di una minoranza per attizzare la "lotta di classe nel partito" , il Pcc, forte di 35 milioni di tesserati, in un'ennesima epurazione si sbarazza degli elementi di disturbo, per creare nuovamente quell'unione che nel 1946-'49 gli ha permesso di conquistare il potere in Cina.

L'opera del Pcc dopo l'ottobre 1976 si può caratterizzare principalmente nei punti che seguono:

1. Riassetto del partito. La disciplina di partito viene riaffermata con vigore, contro ogni spinta contestataria e ogni debolezza da parte di chi detiene l'autorità. Vengono riattivate le commissioni di controllo, distinte dagli organi direttivi del partito, che vigilano sull'operato di membri e dirigenti, per impedire deviazioni, complotti e arbitri.

Per la formazione ideologica e organizzativa dei quadri, sono riaperte le scuole di partito rimaste inattive dal 1966; riprende così un addestramento regolare e sistematico, anche per mettere un po' d'ordine nelle idee, dopo un decennio di confusione nelle teorie e nell'azione amministrativa e di governo.

Un periodo di probazione viene introdotto dallo Statuto 1977 per i nuovi iscritti al Pcc, prima di concedere loro una tessera di membri a pieno diritto. Il biennio di probazione, prorogabile se necessario, deve permettere una selezione più severa dei candidati per il partito.

2. Nuova dirigenza. I comitati di partito a ogni livello vengono setacciati, per eliminare quanti non sono adatti o non si adattano al nuovo corso politico inaugurato dal vertice del dopo-Mao. Scompaiono così a tutti i livelli vari nomi, di dirigenti, specie di quelli che si sono fatti strada grazie alla Rivoluzione culturale (epurazioni).

Inversamente, a un numero sempre più consistente di esponenti del Pcc, deposti e combattuti con la Rivoluzione culturale, vengono restituiti incarichi dirigenziali in organi centrali e periferici. Si assiste quasi a un ritorno in massa della vecchia guardia con i suoi pupilli e protetti.

Per la prima volta dopo il 1966 si profila una dirigenza relativamente stabile; non mancano rilevabili tensioni personali e di gruppi, ma per il momento predomina una rinnovata convergenza di intenti e di metodi.

Tuttavia nel Plenum del CC del dicembre 1978 vengono operati alcuni spostamenti di persone che sembrano indicare un riassetto negli equilibri di potere. L'anziano Chen Yun diventa vice presidente del CC e membro del CP del PB, al quale vengono aggregati anche Hu Yaobang, Deng Yingchao (vedova di Zhou Enlai) e Wang Zhen; perdono invece quota, sebbene non formalmente secondo l'ordine protocollare, alcuni esponenti del PB: Wang Dongxing, Chen Xilian, Chen Yonggui (l'uomo di Dazhai), Wu De (che perde il posto di primo segretario di Beijing).

3. Riassetto organizzativo. Dopo anni di incertezze, molti organi e istituzioni riacquistano celermente la fisionomia e le funzioni normali. Nel 1972-'73 si è avuto un accenno di ripresa, dopo sei anni di congelamento; ma dopo il X Congresso del Pcc (1973), le polemiche e le lotte politiche hanno indotto una nuova situazione di stallo. Caduta la "banda dei quattro", situazioni organizzative irrisolte si sciolgono presto; come se sia stata la "banda" a imporre il blocco.

Il riassetto si opera attraverso convegni nazionali e locali, e nel quadro delle assemblee provinciali del popolo, che preparano la V Assemblea nazionale della primavera 1978. Rivivono anche le associazioni scientifiche e culturali sbandate nel 1966 e si tengono nell'autunno 1978 i congressi nazionali delle maggiori "organizzazioni di massa".

4. Scienza e tecnologia. Sottolineato come non mai dal 1949, il lavoro scientifico e tecnico è esaltato nel primo dopo-Mao con accenti che riecheggiano quelli del 1915-'20, quando i circoli intellettuali in cerca di una strada per far rinascere la Cina si appellano alla scienza come al toccasana per i mali del Paese. Viene ríaperta l'Università nazionale tecnico-scientifica per la formazione di ricercatori. Si moltiplicano gli incontri di dirigenti politici e di scienziati, allo scopo di redigere piani dettagliati in tutti i settori; si chiede la formazione di una mentalità scientifica tra i lavoratori e tra i giovani fin dai prími anni di scuola.

Da bersaglio di contestazione e di critiche politiche nel 1966-'76, intellettuali, studiosi e tecnici si trasformano in oggetto di ammirazione ed elogio sulla stampa del partito e nelle riunioni politiche. Professori e ínsegnanti di tutte le scuole partecipano di questo plauso e di questi onori, mentre solo due anni fa dovevano sorbirsi la contestazione e gli assalti, non solo verbali, dei giovani aizzati dai "radicali".

In evidente contrasto con la politica prevalente dal 1966, vengono potenziati negli istituti universitari gli studi teorici e scientifici. Duri esami di ammissione, aperti a tutti i giovani qualificati, hanno operato una severa cernita dei candidati per l'assegnazione a 200.000 posti in tutta la Cina (numero chiuso nelle università).

5. Economia. Messa da parte, almeno per il momento, una buona dose di orgoglio nazionale, la direzione politica pechinese lancia un ampio programma di importazione di tecnologia, nella duplice forma di impianti avanzati e di conoscenze tecnico-scientifiche d'avanguardia. Per far fronte alle spese relative, si conta di destinare all'esportazione anche generi di materie che fino a ieri erano ritenute tesori nazionali da non cedere.

L'accento messo chiaramente nel primo dopo-Mao sulla gestione in profitto delle imprese, contrasta con la confusione di idee degli anni precedenti tra il "dominio del profitto", escluso nelle imprese socialiste, e la "gestione economica", indispensabile per l'efficienza della produzione. Contrariamente alla condanna, nel 1966-'76, del "sistema del direttore di fabbrica che è il solo a dare ordini", viene disposto che "per evitare un vuoto di autorità, la direzione tecnica della fabbrica dev'essere nelle mani del direttore".

Dai lavoratori e dai dirigenti, il vertice del dopo-Mao chiede impegno, disciplina e serietà, e vuole che accelerino tutti il ritmo della produzione; uno dei motti dell'ora, "l'impegno nel lavoro costituisce un problema politico", suona nuovo dopo il martellamento di anni sulla socializzazione accelerata, da preporre a ogni altra cosa, anche con scapito temporaneo dell'efficienza produttiva. Contrariamente al vezzo contestatario penetrato nel decennio passato anche nel mondo del lavoro, si esige che gli operai si attengano ai regolamenti, sebbene comportino per i lavoratori quelle restrizioni e quei vincoli che nel 1966-'76 erano particolarmente deprecati.

6. Difesa nazionale. Prende l'avvio un programma di ammodernamento delle Forze Armate, accompagnato da una decisione di attuazione che non si riscontra da oltre vent'anni, da quando cioè un simile programma venne interrotto per contrasti tra i dirigenti del Pcc, e rimandato poi sine die dopo il mutamento di rotta nello sviluppo economico-sociale imposto dal Balzo in avanti del 1958. Un esercito moderno non può accontentarsi, si ripete, di punte avanzate in campo atomico-missilistico.

Come nel 1962 contro l'India dopo il consolidamento di Lin Biao al potere nell'Apl, e analogamente agli scontri armati cino-russi ai confini nel 1969 dopo la definizione del direttorio uscito dalla Rivoluzione culturale, così nel gennaio 1979 le Forze Armate sono chiamate a un'impresa militare oltre i confini, nel cosiddetto "contrattacco di autodifesa" in territorio vietnamita.

7. Ordine interno. Anche la polizia assume un ruolo politico, paragonabile a quello dei primi anni della Rpc e del periodo di ripresa 1961-'64. Un'importanza che riflette la scelta di Hua Guofeng, già ministro di pubblica sicurezza, a successore di Mao, e l'elevazione di Wang Dongxing, responsabile dei servizi segreti, a vice presidente del Pcc.

Il peso politico della polizia si accompagna con una più stretta imposizione della "disciplina rivoluzionaria" sulla popolazione e una repressione più severa di ogni opposizione "controrivoluzionaria". Allo stesso tempo acquista nuova enfasi il richiamo alla "legalità socialista" contro piccoli e grandi arbìtri di potere, che soffocano la "democrazia socialista".

8. Fronte unito. Dopo l'integralismo accentuato dalla Rivoluzione culturale, viene riattivata la politica della mano tesa, volta ad assicurare al Pcc la collaborazione di "tutte le forze valide", chiedendo solo come condizione che accettino la supremazia del partito.

Oltre che a intellettuali e tecnici residenti in Cina il fronte unito si rivolge alle varie comunità di cinesi d'oltremare. Da scienziati e operatori commerciali di origine cinese ci si aspetta un appoggio valido, a beneficio del programma di rilancio economico e scientifico della madre patria.

9. Politica estera. Anche la politica estera diventa più tipicamente frontista. Continuano la polemica-inimicizia con l'Unione Sovietica e i rapporti preferenziali con il terzo mondo; ma si accentuano anche i contatti e la collaborazione con Paesi a sistema "capitalista" e con settori apolitici o di tendenze conservatrici, senza escludere nemmeno normali rapporti con governi e circoli specificamente anti-comunisti. Questa politica estera frontista è appoggiata con la teoria dei Tre mondi dove nel "primo mondo" vengono collocate le superpotenze in quanto tali, e nel "secondo mondo" il resto dei paesi industrializzati.

Riflessi di queste scelte frontiste sono la rottura clamorosa dei rapporti cino-albanesi e un astioso disamore dei "maoisti"per la Cina di Hua Guofeng. Tutti i circoli "maoisti" più accesi, che avevano creduto di trovare in Cina la realizzazione delle proprie idealità politiche, credono di vedere nella Cina del dopo-Mao una involuzione "revisionista". Un giudizio che pare avere le stesse radici della loro precedente strumentalizzazione dell'esperienza politica cinese.

La normalizzazione dei rapporti diplomatici tra Cina e Stati Uniti (1.1.1979) si colloca in questo quadro frontista, sebbene venga interpretato da alcuni addirittura nel senso di una alleanza stabile, e non solo tattica.

10. Ripensamento ideologico. Le scelte politiche del dopo-Mao riprendono punti di vista teorici e impostazioni di principio che sono in parte prevalenti nel pre-1957 e nel pre-1966, e in parte giungono a maturazione attraverso annose polemiche. Comportano immancabilmente ripensamenti ideologici che non possono non toccare alcuni temi dottrinali di Mao.

Non si sconfessa il "pensiero di Mao", ma si proclama apertamente che va sottoposto, come lo stesso marxismo-leninismo, alla prova dell'esperienza in quanto "la pratica è l'unica norma di verità". Si obietta invece espressamente contro vari assiomi propugnati da Mao. Ad esempio, si dice, 1) la "lotta tra le due linee" non costituisce il solo criterio per comprendere e per tracciare la storia del Pcc; analogamente: 2) non vanno confusi "errori di linea", deprecabili ma non irrimediabili, con complotti controrivoluzionari; e più in generale: 3) la "scissione di uno in due", cardine della dialettica politica maoista, non deve essere assolutizzata; inoltre, 4) la "lotta di classe" non è l'arma esclusiva di azione politica del proletariato.

Sono implicite, in questi e altri ripensamenti, varie obiezioni di fondo contro il "pensiero di Mao". Il ridimensionamento del grande rivoluzionario è parziale e prudente; ma non si esita più nel 1978-'79 ad affermare che "a volte anche Mao ha sbagliato".

11. Deng Xiaoping. Nel dopo-Mao emerge la figura di Deng Xiaoping, che coordina con energia giovanile l'impegnativa impresa delle "quattro modernizzazioni" (agricoltura, industria, difesa, ricerca scientifica) della Cina.

Nato nel 1903 (o nel 1904 secondo alcune fonti) nella provincia del Sichuan, trascorre in Francia gli anni 1920-'25, e torna in Cina nel 1926 dopo una sosta di studio in Russia. Durante il soggiorno francese abbraccia il comunismo e di ritorno in Cina si fa strada tra gli uomini più attivi del Pcc, a iniziare dalla prima fase di organizzazione della guerriglia anti-Gmd e durante tutto il periodo delle basi rosse nel sud della Cina. Dopo la Lunga Marcia, alla quale prende parte, si associa al generale Liu Bocheng, in qualità di commissario politico.

All'azione sul campo congiunge quella dell'organizzazione politico-sociale delle zone controllate dalle sue truppe; pubblica inoltre vari saggi sulle riviste del Pcc, per lo più su problemi economici. Evans Carson, un ufficiale americano che ha con lui un breve incontro nel 1938, parla della sua "mente acuta" e riferisce che "in un solo pomeriggio ha spaziato magistralmente su tutti i campi della politica internazionale, con tanta abbondanza di particolari da lasciare attoniti"; oltre tutto, Deng era allora isolato dal mondo, in una base di guerriglia.

Le sue capacità organizzative vengono messe a frutto dopo la fondazione della Rpc, prima nel settore economico-finanziario e poi nel campo più vasto della direzione del partito. Dopo aver riorganizzato la provincia natale, che ha conquistato con le sue truppe nel 1949, è trasferito nel 1952 a Pechino, dove a fianco di Zhou Enlai e Liu Shaoqi prende parte all'elaborazione dei maggiori documenti organici e dei regolamenti operativi fondamentali che segnano la ristrutturazione socialista della Cina. Testimoniano del suo peso politico le importanti cariche conferitegli; le più rilevanti sono: segretario generale del CC, membro del CP del PB e vice primo ministro. Non meno rilevanti sono gli incarichi affidatigli nella preparazione della Costituzione Rpc del 1954 e dello Statuto del Pcc nel 1956, e nei rapporti internazionali. Deng prende parte attiva nella collaborazione e poi nella rottura con l'URSS, nell'esperimento di riassetto dell'economia cinese lanciato da Mao con il Balzo in avanti e le Comuni popolari, seguito poi dal tentato ricupero del 1961-'64, quando le alte gerarchie del partito avanzavano dubbi aperti sulla saggezza e sull'opportunità delle scelte politiche di Mao.

La Rivoluzione culturale travolge Deng Xiaoping (il "Kruscev cinese numero due" nel 1967) assieme a Liu Shaoqi (il "Kruscev cinese numero uno") e a quasi tutti i principali dirigenti del Pcc. La scure di Lin Biao e dei suoi associati deve però risparmiare Zhou Enlai, che nel 1972 dà l'avvio al ricupero paziente e prudente di tutto l'apparato Pcc pre-1966. Deng Xiaoping, che a differenza di Liu Shaoqi non è stato espulso formalmente dal partito, ricompare in pubblico nel 1973 con il vecchio titolo di vice primo ministro. Diventa presto il braccio destro di Zhou Enlai colpito da malattia incurabile, è nuovamente inserito nel PB ed assume nuove responsabilità come capo di Stato Maggiore dell'Apl.
Le vicende di Deng Xiaoping nel 1974-'77 sono tratteggiate negli articoli "Repubblica Popolare Cinese" e "Radicali". Le riassumiamo in breve. Vivente ancora Zhou Enlai, nel 1974 Deng mette mano al riordino della cosa pubblica, ponendo l'accento sulle forme organizzative e su scritture ispirate all'efficienza e allo sviluppo delle forze produttive. Pare non gli pesino nell'animo i precedenti sette anni di ostracismo politico; lavora con lena e con coraggio, senza piegarsi di fronte alla campagna che i radicali gli lanciano contro. La consacrazione internazionale del suo ritorno al potere avviene nel 1974, con il viaggio a New York come capo della delegazione cinese all'Assemblea straordinaria dell'ONU. Ma il vecchio Mao, che non pare riconciliato del tutto a lasciare la Cina nelle sue mani, lo degrada ancora una volta nell'aprile 1976, e la cosiddetta Banda dei quattro fa di lui il simbolo di un "risucchio di destra".

Riabilitato nuovamente al Plenum del CC del luglio 1977, riprende imperterrito il lavoro interrotto all'indomani della scomparsa di Zhou Enlai. La sua dimestichezza con l'apparato del partito, congiunta a quelle doti di statista che l'ombra dei grandi (Mao, Zhou, Liu Shaoqi) non aveva permesso splendessero in pieno nel passato, gli consentono di raccogliere tanti consensi politici da emergere nel 1978 come il successore di Zhou Enlai e Liu Shaoqi messi insieme. Resta solo "vice", subordinato formalmente a Hua Guofeng, che raccoglie la successione di Mao, senza averne tuttavia (almeno nel 1977-'79) la poderosa statura politica. 
Per la biografia di Deng Xiaoping vedi anche "Deng Xiaoping, il padre del risveglio cinese".

G. Melis

 

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