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SAGGI

Gli studi sinologici in Italia dal 1950 al 1952

di Lionello Lanciotti

Sul numero 81 (marzo 1993) di questa Rivista venne pubblicato il testo della conferenza che il prof. Giuliano Bertuccioli dell'Università di Roma "La Sapienza" tenne il 17 aprile 1992 a Taipei sul seguente argomento: "Gli studi sinologici in Italia dal 1600 al 1950 ".
Siamo lieti adesso di pubblicare anche il testo della conferenza del prof. Lionello Lanciotti dell'Istituto Universitario Orientale di Napoli, tenuta nella stessa sede e nello stesso giorno, dal titolo "Gli studi sinologici in Italia dal 1950 al 1992 ".
Sia il prof. Bertuccioli che il prof. Lanciotti erano stati invitati dalla Fondazione Chiang Ching-Kuo per gli scambi internazionali a partecipare al "Convegno internazionale sulla Storia della Sinologia Europea". I loro due saggi costituiscono pertanto una sia pure succinta presentazione dello stato della sinologia italiana dalle origini al 1992. Questa data può spiegare anche perchè il contributo del prof. Lanciotti non tenga conto di recenti ed importanti pubblicazioni sinologiche apparse in questi ultimi anni in Italia ed all'estero e dovute a nostri sinologhi.


Il prof. Giuliano Bertuccioli ha delineato in un suo saggio la storia degli studi sinologici in Italia dalle origini alla fine della seconda guerra mondiale, offrendo un panorama che inizia con il grande gesuita Matteo Ricci e termina con un altro missionario gesuita, padre Pasquale d'Elia.
Non è mera coincidenza che sia io sia il prof. Bertuccioli siamo stati fra gli ultimi allievi di Pasquale d'Elia. Nel 1947, quando io terminavo i miei studi all'Università di Roma, quale era la situazione della sinologia italiana? In qual misura essa è andata trasformandosi negli ultimi decenni?

Debbo fornire alcuni dati statistici. Alla fine della seconda guerra mondiale in Italia, chi voleva iniziare lo studio della lingua e della cultura della Cina aveva soltanto due possibilità: seguire i corsi presso l'Università di Roma oppure presso l'Istituto Universitario Orientale di Napoli, il più antico centro sinologico europeo fondato dal missionario Matteo Ripa nel lontano 1732. Ognuno di questi due centri universitari aveva un solo professore incaricato ed un solo lettore cinese che generalmente prestava servizio a titolo gratuito.

Le biblioteche erano molto povere, anche se qualche antico fondo di libri cinesi era conservato presso la Biblioteca Nazionale di Roma e presso la Biblioteca Vaticana. In ogni caso essi erano insufficienti per qualsiasi seria ricerca sinologica.
Il numero degli studenti di cinese poteva contarsi sulle dita di una sola mano e non tutti riuscivano a completare un regolare corso. Ricordo soltanto alcuni nomi di coloro che allora iniziarono i loro studi sinologici.

Vediamo, ora, quale fu lo sviluppo delle loro carriere.
Giuliano Bertuccioli, ordinario di lingua e letteratura cinese presso l'Università di Roma "La Sapienza" iniziò molto giovane la carriera diplomatica che lo condusse in Cina e nell'area della civiltà cinese (Hong Kong, Giappone, Corea del Sud, Vietnam) per circa quattro decenni. In qualità di studente errante io giunsi a Stoccolma (1949-1950) per completare i miei studi sotto la guida del grande sinologo svedese Bernhard Karlgren e, successivamente, presso l'Università di Leida (1951) per seguire i corsi di J. J. L. Duyvendak. Martin Benedikter (1908-1969), un sinologo immaturamente scomparso, si recò negli Stati Uniti per effettuare ricerche sulla poesia della dinastia Tang. Igor de Rachewiltz emigrò in Australia, dove riuscì a continuare brillantemente la sua opera presso la National Australian University di Canberra.
Per ricapitolare, in Italia, nel 1947 c'erano due soli professori incaricati, due lettori di madre lingua bravi ma senza una formazione precedente di didattica del cinese e pochissimi studenti.

La situazione odierna è completamente cambiata. Esistono due cattedre di lingua e letteratura cinese occupate da due professori ordinari: Giuliano Bertuccioli a Roma, Mario Sabattini a Venezia; ad esse si aggiunge la cattedra di professore ordinario di filologia cinese che io occupo presso l'Istituto Universitario di Napoli dal 1979. Cattedre di storia della Cina o dell'Estremo Oriente sono ricoperte a Roma da Piero Corradini ed a Napoli da Paolo Santangelo; a Napoli la cattedra di religioni e filosofie dell'Asia Orientale è stata attribuita ad Antonino Forte. Esistono, inoltre, 15 professori incaricati di lingua e letteratura cinese o di sinologia: sei a Napoli, quattro a Venezia, ed uno nelle università di Torino, Milano, Bologna, Perugia e Roma.

Ad essi vanno ad aggiungersi professori associati di archeologia e storia dell'arte della Cina, di mancese, di mongolo e di tibetano.
Undici lettori cinesi, con buona esperienza didattica operano presso le Università di Napoli, Venezia, Roma, Milano, Bologna e Pisa.
Il numero degli studenti italiani che seguono corsi di cinese supera di gran lunga le mille unità; ad essi vanno ad aggiungersi centinaia di studenti di giapponese, i quali seguono almeno un corso biennale di cinese.

L'insegnamento delle discipline sinologiche è sinora limitato alle facoltà di lettere e filosofia, di lingue e letterature straniere e di scienze politiche.
Un elevato numero di studenti, grazie a borse di studio o a loro spese, si reca ogni anno nella Repubblica Popolare Cinese o presso l'Università di Taiwan. Da alcuni anni è possibile conseguire dottorati di ricerca in civiltà dell'Asia Orientale (Napoli /Venezia), in lingua e cultura cinese (Cagliari e Roma). Oltre ai normali corsi universitari, corsi di tre o cinque anni di lingua e cultura della Cina possono essere seguiti presso l'Istituto Italiano per il Medio ed Estremo Oriente (Roma e Milano) e presso il Centro piemontese di studi sul Medio ed Estremo Oriente (Torino).

Lo sviluppo degli studi sinologici in Italia dopo il 1945 si può spiegare con il desiderio di una concezione della cultura che superi quella eurocentrica del mondo, ed anche con il fatto che le autorità accademiche compresero finalmente che lo studio della lingua cinese o di altre lingue dell'Asia non era frutto di mera curiosità o di esoticismo stravagante, quanto invece di un'autentica necessità culturale. Pertanto, mentre antichi centri universitari come Napoli andavano arricchendosi di posti di lavoro nell'area sinologica, altri ne venivano gradualmente creati come, ad esempio, presso l'Università di Venezia.

Passeremo ora ad esaminare le principali tendenze sviluppatesi in Italia nei seguenti settori della sinologia: filologia e linguistica cinese, storia della Cina, religioni e filosofia della Cina, archeologia e storia dell'arte, storia delle scienze, ed, infine, traduzioni dalla lingua cinese.
Non è questa la sede per fornire dati bibliografici dei sinologi italiani, per i quali si rinvia alla Bibliografia sinologica italiana pubblicata nel 1988 in Roma dall'Associazione Italiana per gli Studi Cinesi (AISC), ma ci si limiterà ad indicare le tendenze principali dei settori sopraelencati con riferimento anche ad importanti ricerche in corso.

Filologia e linguistica cinese. È quasi completata la raccolta di materiali lessicali per la preparazione di un grande dizionario della lingua cinese moderna; tale progetto, iniziato da qualche anno, è frutto del lavoro di tre gruppi di studiosi dei tre principali centri sinologici universitari del nostro paese (Venezia, Roma e Napoli). Esso è coordinato dal Centro Lessicografico dell'IsMEO, dove si stanno preparando analoghe opere, come i dizionari di sanscrito, hindi, urdu, indonesiano, beluchi, giapponese e coreano.
Saggi introduttivi allo studio della lingua cinese classica e moderna sono stati pubblicati rispettivamente da Maurizio Scarpari e Magda Abbiati dell'Università di Venezia, entrambi autori di articoli di linguistica cinese. Fra i più giovani studiosi va ricordato il dr. Riccardo Fracasso per A Technical Glossary of the Oracle Bones Inscriptions (Napoli, 1988), presentato da P. Jean L. Lefeuvre, la maggiore autorità nel campo delle iscrizioni oracolari (jiagu wen). Alfredo Cadonna, dell'Istituto Universitario Orientale di Napoli, si è dedicato allo studio della lingua cinese medioevale, interessandosi in modo particolare ad alcuni testi ritrovati a Dunhuang. Federico Masini ha condotto ricerche sul lessico della lingua dei giornali quotidiani cinesi all'inizio del XX secolo e sull'introduzione di molti neologismi in cinese. Nè vanno dimenticate le ricerche di Giorgio Casacchia (Istituto Universitario Orientale) sulla linguistica cinese moderna.

Letteratura cinese. Sino a circa trenta anni orsono non esistevano storie della letteratura cinese in italiano, eccezion fatta per il breve ma magistrale lavoro di Paul Demiéville, da me tradotto per il secondo volume della serie su Le Civiltà dell'Oriente (Roma, 1957). Per tale motivo sia Giuliano Bertuccioli che io pubblicammo, negli anni '60, due diverse storie della letteratura cinese.
La letteratura classica cinese ha interessato alcuni sinologi italiani. Basterebbe ricordare i saggi su Wang Wei e sulla poesia Tang di Martin Benedikter, il traduttore delle Trecento Poesie Tang o gli studi e la traduzione dello Honglou meng di Edoarda Masi. Dopo trentacinque anni ho ritradotto ex-novo il Fou-sheng lu-chi di Shen Fu, una delle più importanti opere autobiografiche della letteratura cinese. La letteratura moderna e contemporanea ed anche la cosiddetta "letteratura del dissenso" hanno attirato molti sinologi delle più giovani generazioni, ed un certo numero di articoli sulla letteratura moderna è stato pubblicato.

Storia della Cina. Dopo la Storia della Cina del prof. Piero Corradini dell'Università di Roma, una grande storia della Cina dalle origini alla caduta dell'impero è stata scritta a quattro mani dai professori Mario Sabattini e Paolo Santangelo. Oltre a queste due opere un numero considerevole di saggi è apparso nel campo degli studi storici e sulle istituzioni politiche. Basterà ricordare le ricerche di Piero Corradini e Paolo Santangelo sul periodo delle ultime dinastie, quelle di Filippo Coccia sulla storia moderna, di Mario Sabattini sui movimenti politici. I risultati degli storici italiani sono buoni, ma sono stati quasi sempre pubblicati nella nostra lingua; fa eccezione il volume di Gabriella Molé, dell'Università di Roma su The T'u-yü-hun from the Northern Wei to the Time of the Five Dynasties o l'opera sinologica di Luciano Petech in vari articoli recentemente ripubblicati nel volume Selected Papers on Asian History (Roma, 1988). Guido Samarani (Università di Venezia) si è distinto per un numero di saggi nel campo della storia moderna, concentrandosi in modo particolare sugli sviluppi socio-economici del periodo fra le due grandi guerre mondiali.
Giovanni Stary dell'Università di Venezia, direttore del Central Asian Journal, ha pubblicato molti lavori nel campo della storia e della cultura mancese. Molto noti i lavori di Igor de Rachewiltz sul periodo del dominio mongolo in Cina.

Religioni e filosofia della Cina. Anche questo settore è ben rappresentato nella sinologia italiana. Il Confucianesimo è stato oggetto di numerosi articoli e volumi di Paolo Santangelo, Piero Corradini ed anche miei, mentre è recente un libro di Maurizio Scarpari, dell'Università di Venezia, su La concezione della natura umana in Confucio e Mencio (Venezia, 1991). Una mia ricerca si è concentrata su Wang Ch'ung e l'autonomia delle lettere. Importanti i volumi di Paolo Santangelo sul peccato in Cina, sui desideri e le sue ricerche in corso sul problema delle passioni.
Il Buddismo cinese è stato studiato sia negli anni '30 sia dopo il secondo conflitto mondiale dal massimo orientalista italiano Giuseppe Tucci, ma pochi gli studiosi italiani che oggi operano in tale settore se si escludono i lavori del Prof. Antonio Forte, il cui ultimo lavoro è quello On the Significance of the Mingtang and Buddhist Utopies in the History of the Astronomical Clocks (Roma, 1990).
Il Taoismo è stato oggetto di studi di Giuliano Bertuccioli e di alcuni studiosi quali Alfredo Cadonna, traduttore di un manoscritto cinese di Dunhuang (ms. S. 6836) e Fabrizio Pregadio. Per mia parte, nel 1981, pubblicai una versione "sperimentale" italiana del ms. del Lao-tzu ritrovato a Mawangdui, recentemente riedita (Milano, 1993). Mario Sabattini è l'autore di alcuni lavori su una importante autorità nel campo dell'estetica, quale Chu Kuang-chien.

Archeologia e storia dell'arte cinese. È un settore apparentemente meno curato in Italia, ma vanno ricordati soprattutto i lavori di catalogazione di oggetti in ceramica e porcellana cinesi, realizzati da Luci Caterina dell'Istituto Universitario Orientale di Napoli. L'Italia ha visto alcune importanti esposizioni di archeologia cinese: basterà ricordare, fra le più importanti, le due ospitate nel Palazzo Ducale di Venezia (1983-1985) e quella sui tesori del Palazzo Imperiale di Shenyang a Torino (1989), i cui cataloghi costituiscono importanti monografie su determinati periodi della storia culturale cinese.

Storia delle scienze cinesi. Questo campo di studi è stato avviato da un gruppo di studiosi e docenti dell'Istituto Universitario Orientale di Napoli, guidato dal prof. Adolfo Tamburello. Nel 1990 con il titolo di Misurare il tempo: l'antica astronomia cinese è apparso il volume degli atti di un congresso sull'astronomia cinese. L'alchimia cinese ha visto alcuni saggi di Fabrizio Pregadio. Alcuni studi sono in preparazione su antiche carte della Cina disegnate dai primi missionari italiani in Cina.

Opere in collaborazione con sinologi stranieri. La progettata Encyclopedia of Chinese History and Culture, promossa dall'Istituto Universitario Orientale di Napoli in collaborazione con l'IsMEO e con il Chinese Department della Hong Kong University ha subìto un momento di riflessione per difficoltà economiche, ma incominciano ad apparire alcuni saggi sulle due ultime dinastie, quali materiali preparatori. Tale iniziativa ha destato l'interesse di numerosi sinologi stranieri. Una collaborazione internazionale è prevista anche nei progetti sui missionari gesuiti, a cui sono interessati i professori Piero Corradini e Giuliano Bertuccioli.

Traduzioni dal cinese. Paradossalmente negli ultimi trenta anni, l'Italia ha visto pubblicati forse troppi libri sulla Cina e troppe traduzioni. Negli anni '50 alcuni grandi romanzi cinesi furono pubblicati, ma erano ritradotti da versioni inglesi o tedesche. Successivamente c'è stato un cambiamento radicale, soprattutto per merito di piccole e medie case editrici che, a differenza delle più grandi motivate soltanto da esigenze commerciali, hanno preferito una politica editoriale seria. Molti, quindi, i lavori di traduzione condotti da sinologi italiani sugli originali cinesi di opere letterarie classiche, moderne e contemporanee.

Periodici. Se dal campo dell'editoria "commerciale" ci volgiamo a guardare a quello scientifico e specialistico è quasi superfluo ricordare i periodici di orientalismo dei tre principali centri universitari, quali la Rivista degli Studi Orientali dell'Università di Roma, gli Annali Orientali di Cà Foscari dell'università di Venezia, gli Annali dell'Istituto Orientale di Napoli, ed il periodico dell'IsMEO East and West. Tre sono i periodici dedicati esclusivamente agli studi cinesi apparsi dopo la fine del conflitto mondiale. Nel 1956 apparve il primo numero di Cina, da me diretto con la collaborazione in alcuni periodi di Piero Corradini e Mario Sabattini, giunto ora al ventiquattresimo volume. Mondo Cinese diretto da vari specialisti, primi fra tutti Piero Corradini e Giuliano Bertuccioli, ha visto pubblicare sinora ottanta fascicoli. Catai, un periodico dell'Università e del Comune di Venezia, ha temporaneamente interrotto la sua pubblicazione per motivi finanziari.

A conclusione di questo sommario panorama della sinologia italiana occorre ricordare come negli ultimi decenni sia andato aumentando il patrimonio di libri cinesi nelle biblioteche italiane universitarie ed in quelle di istituzioni quali l'IsMEO di Roma e l'Istituto "Venezia e l'Oriente" della Fondazione Giorgio Cini di Venezia. Oltre al materiale librario, ricche raccolte di microfilm e di microfiches si sono andate costituendo.
La sinologia italiana è sicuramente la più antica in Occidente; iniziata da Matteo Ricci ha visto numerosi missionari dedicarsi allo studio della lingua e della civiltà della Cina. Con l'eccezione di alcuni studiosi a cavallo fra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo essa è stata inesistente per alcuni decenni.
L'opera intrapresa da alcuni studiosi della mia generazione è stata prevalentemente "pionieristica" in quanto era necessario rivolgersi ai vari settori in cui la cosiddetta sinologia si articola; è stato un lavoro duro ma necessario.
Le nuove generazioni, sotto alcuni aspetti più fortunate, hanno visto formarsi specialisti in particolari campi di ricerca, talvolta fin troppo limitati e particolari. Spetta ad esse raccogliere il testimone e correre verso più ambiziosi traguardi nel campo della sinologia.

MONDO CINESE N. 85, GENNAIO-APRILE 1994

 

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