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Spigolature da Pechino

di Mauro Marescialli

Rosicate gente, rosicate

Al pari di noi italiani, i cinesi vanno a ragione fieri della loro straordinaria e sconfinata cultura gastronomica. Una cultura che spesso si traduce in vera e propria ossessione. Colazione, pranzo, merenda e cena, sono distinzioni che in Cina hanno una valenza del tutto relativa poiché, a prescindere dagli orari canonici delle refezioni quotidiane, i cinesi amano pasteggiare a tutte le ore del giorno. Tranne alcuni casi sporadici, da queste parti i ristoranti lavorano a spron battuto da mattina a sera e spesso anche fino a notte inoltrata. E l'offerta è ben proporzionata alla domanda. In una città come Pechino le scelte gastronomiche sono pressoché illimitate. Dalle cucine regionali alle molteplici variazioni della cucina casereccia locale, ce n'è abbastanza per soddisfare gusti di ogni tipo. 

Questa venerata ossessione nazionale per il cibo si riflette da qualche anno a questa parte nella esplosione di mode gastronomiche che investono la capitale a scadenze annuali. Alla fine degli anni '90, la moda della piccantissima cucina del Sichuan prese d'assalto l'intera città. Ristoranti tipici cominciarono a spuntare in ogni angolo di Pechino, sfornando versioni più o meno fedeli delle infuocate leccornie dell'umida provincia meridionale. 

Nel 2000 fu la volta del mala tang, una zuppa densa e rossastra a base di carne e verdure talmente piccante da annientare completamente lingua e palato anche alle bocche più audaci. L'anno successivo toccò al mala xiaolongxia, un astice di fiume servito bello pepato e purpureo in capienti scodellone di coccio, e da divorare muniti di guanti di plastica usa e getta. All'astice seguì l'invasione del shui zhu yu, un succulento piatto di pesce bollito ricoperto da una copiosa brodaglia piccante e speziata tanto gustosa quanto caustica. L'alternarsi di tutte queste mode mangerecce si manifesta con puntualità nella roboante moltitudine di bettoline e ristoranti che si snodano l'uno a fianco all'altro lungo il viale di Dongzhimennei, conosciuto ai più con l'appellativo di Gui Jie, o "viale dei fantasmi", per via del suo animarsi di masse affamate al calar delle tenebre. Con gli aromi succulenti che fuoriescono dai ristoranti accavallandosi l'un l'altro, le flatulenze dei rifiuti, lo smog del traffico e il vociare concitato degli avventori, Gui Jie riassume magnificamente in sè il fascino decadente, esagerato e pacchiano dei moderni eccessi culinari pechinesi. 

L'ultima aggiunta alla lista delle mode gastronomiche urbane si è manifestata sulla Gui Jie nella primavera di quest'anno con l'apertura di Jiu Jiu Ya, un chiosco specializzato unicamente nella vendita di ya bozi (collo d'anatra). A pochi giorni dall'inaugurazione la gente ha iniziato a formare lunghe file fuori dal chiosco per acquistare porzioni dell'apparentemente succulenta pietanza. Ma in cosa consiste lo ya bozi? In buona sostanza si tratta di un collo d'anatra stufato e aromatizzato con varie spezie, venduto alla modica cifra di 4 Yuan al pezzo (0,4 Euro): uno stuzzichino tutto da rosicare entro e fuori dai pasti.

 La popolarità dello ya bozi e, in contemporanea, del chiosco Jiu Jiu Ya è stata così grande ed immediata che in un battibaleno sono apparsi in Gui Jie dozzine di altri chioschi-imitazioni. Nonostante ciò, Jiu Jiu Ya continua ad essere il più apprezzato dai consumatori. "I colli sono belli saporiti e cucinati come si deve. - dice Miao Qingsong, un copywriter di ventisei anni - In più questo chiosco può contare su una tradizione consolidata, tanto che in città ne esistono più di quindici rivendite". 

Per chi voglia deliziarsi il palato con un bel collo d'anatra stufato non rimane quindi che seguire il consiglio dello slogan pubblicitario di Jiu Jiu Ya: se ti piaccio, rosicami! (xihuan jiu ken wo ba!). Per gli insaziabili appassionati di cucina cinese l'appuntamento è invece per questo inverno, quando con tutta probabilità una nuova moda mangereccia prenderà d'assalto la città e arricchirà all'istante il sagace ristoratore locale in grado di lanciarla per primo.

 

Stefano Bona, laureato in Scienze Politiche alla Università Statale di Milano 

Clara Bulfoni, ricercatore di Lingua cinese presso la Facoltà di Scienze Politiche dell'Università Statale di Milano 

Giorgio Cortassa, medico e responsabile in Tibet di un progetto sanitario del CISP 

Laura De Giorgi, ricercatore in Storia dell'Asia Orientale e Sud-Orientale presso la Facoltà di Lingue e Letterature Straniere dell'Università "Cà Foscari" di Venezia 

Mauro Marescialli, socio fondatore di "Standards", agenzia di comunicazione e pubblicità con sede a Pechino 

Marina Miranda, professore associato di Istituzioni politiche e sociali dell'Estremo Oriente presso la Facoltà di Scienze Politiche dell'Università "Federico II" di Napoli 

Corrado Neri, Dottorando di ricerca in Civiltà dell'India e dell'Asia Orientale presso il Dipartimento di Studi sull'Asia Orientale dell'Università "Ca' Foscari" di Venezia 

Marco Panara, esperto di economia asiatica, responsabile della sezione Affari e finanza de La Repubblica 

Antonio Pollio Salimbeni, esperto di economia internazionale, corrispondente da Bruxelles per Il Sole24 Ore - Radiocor

MONDO CINESE N. 120, LUGLIO-SETTEMBRE 2004

 

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