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CULTURA E SOCIETA'

Comunicazione, identità, potere:
le aziende cinesi tra nuove sfide ed eredità feconde

di Giorgio STRAFELLA

1. Il prezzo dell'anonimato
Per le aziende cinesi, l’esigenza di immagine, identità e visibilità nasce da una serie di trasformazioni che hanno scosso alla base il sistema dell’economia pianificata, con i suoi soggetti omologati, immobili e privilegiati. L’introduzione parziale e regolata dal centro delle regole dell’economia di mercato nel tessuto socio-economico cinese1, gli ormai quasi sei anni di membership Wto, il crescente (anche se pur sempre molto competitivo) costo del lavoro2 e, in generale, la feroce competizione sui mercati interni e internazionali oggi alzano la posta in gioco. Le grandi aziende cinesi, e in particolare quelle che possono essere competitive nel mondo perché vantano standard di qualità e investimenti adeguati, sono sempre più obbligate a “farsi un nome” a livello globale.

La costruzione di un’identità è, per queste imprese, alla base di un percorso di sviluppo del marchio e del suo potere autonomo di attrazione. Grazie a tale processo i soggetti dell’ex-economia pianificata cercano di assumere non solo un ruolo diverso nel mercato, ma anche consistenza e, potremmo dire, una personalità agli occhi degli investitori e dei consumatori – innanzitutto, ma non solo – cinesi. In un articolo apparso sulla Far Eastern Economic Review, l’amministratore delegato di Haier Group, Zhang Ruimin, afferma che le imprese cinesi si trovano oggi ad un punto di svolta strategico: dalla competizione tra prodotti e mercati, alla competizione tra marchi. Se queste aziende non sapranno portare la competizione al livello del marchio, sostiene Zhang, alla fine perderanno la loro occasione di competere.3

Rimanere nell’ombra comporta costi diversi e, se pur solo in parte, concreti e quantificabili. Zhang riporta a questo proposito i dati dell’American Marketing Association, secondo la quale i profitti lordi sui prodotti di marca sono mediamente di otto punti superiori a quelli realizzati dai produttori di “generici” (il 27 contro il 19 percento). I profitti totali aggregati dei cosiddetti “Oem” in Asia orientale sono di appena quattro miliardi di dollari.4. Questo senza considerare che tali dati non esprimono ciò che Zhang definisce le “differenze intangibili”, come il potere di influenzare il mercato e le opportunità di stringere alleanze strategiche, chiaramente maggiori per le aziende che dispongono di marchi notori. Più in generale, è possibile affermare che, se pensiamo alla competizione spietata cui sono costretti i produttori Oem, i grandi marchi hanno molto più controllo sul proprio destino. Come è noto, infatti, è sufficiente che un produttore affermato delocalizzi parte della produzione in aree dove i costi sono inferiori perché per gli Oem diventi difficile sopravvivere nel mercato. Dal momento che i prodotti Oem non possono essere venduti che con a ridottissimi margini di profitto, si chiede Zhang, perché queste aziende non si rivolgono al mercato dei prodotti di marca, dove i guadagni sono decisamente più elevati? La difficoltà di un tale salto qualitativo è data dal fatto che, in questo secondo mercato, ad essere vendute non sono tanto le merci, quanto le reputazioni, faticosamente guadagnate in anni di esperienza e promozione, e infine cristallizzate nei marchi che le merci riportano5.

Dal punto di vista della comunicazione aziendale esterna, se l’affermazione dei marchi asiatici, a livello locale e globale, parte dalla costruzione di una reputazione presso consumatori e investitori, tale reputazione non può che poggiare sull’auto-narrazione. È infatti dicendo concretamente che cosa sono, la loro storia, i loro progetti futuri, i motivi del loro prestigio e le ragioni della loro credibilità che le aziende possono forgiare discorsivamente la propria reputazione. Dal racconto alla reputazione, dalla reputazione al marchio passando per la costruzione di un’identità. Incrementando gli utili, e ridefinendo i fattori di crescita.

2. Oggetto e ragioni della ricerca
Genere principe dell’auto-narrazione nel campo della comunicazione aziendale esterna è il comunicato stampa, strumento di uso comune con cui, da un secolo, svariati tipi di organizzazione (come aziende, ong, organizzazioni internazionali, governi ecc.) gestiscono le proprie relazioni pubbliche. Il comunicato stampa tradizionale è, in ultima analisi, un tentativo di influenzare/gestire i media fornendo loro contenuti, forme e ideologie “corrette” e preconfezionate. Recentemente, a seguito della diffusione dei siti internet aziendali, il comunicato stampa tradizionale si è evoluto in una sua versione digitale, la e-release. Carattere distintivo del comunicato on-line è la spiccata accessibilità, l’essere aperto a tutti gli utenti della rete. La press release tradizionale, al contrario, è inviata ai media affinchè sia “ripetuta” in articoli e notiziari, così da aggirare il sospetto con cui il consumatore tende a filtrare il messaggio promozionale dichiarato, e ammantare di una presunta oggettività giornalistica il punto di vista dell’azienda. La sua caratteristica essenziale, in altri termini, è proprio il suo celarsi nel passaggio dall’azienda ai mezzi di comunicazione di massa.

Nella ricerca che ho compiuto recentemente su e-release di grandi S.p.A. cinesi6 (229 comunicati in cinese emessi tra il marzo e il giugno 2006, per un totale di oltre 150 mila caratteri) sono emerse alcune peculiarità della comunicazione aziendale esterna cinese. Il dato più interessante è probabilmente l’aver riscontrato come determinati fattori (e attori) di natura politico-ideologica svolgano un ruolo di primo piano nelle strategie promozionali delle aziende. Tali fattori, influendo profondamente su forma e contenuto dell’auto-narrazione aziendale, si rivelano di importanza cruciale per lo sforzo con cui i grandi soggetti dell’economia cinese intendono conferire un’identità efficace al proprio nome. Figure e linguaggi della persuasione politica penetrano nella retorica aziendale, spesso la trasfigurano e ne vengono trasfigurati a loro volta, ma lasciano sempre un contributo che le aziende paiono valutare moltissimo. Da parte loro, i soggetti economici adottano regole e cliché dell’ortodossia politica, riversando così nella propria comunicazione promozionale l’energia e il prestigio della propaganda post-maoista. 

Delle aziende cinesi, come soggetti, si parla ancora poco. Questo è probabilmente dovuto al fatto che quel lavoro di affermazione dei marchi, insieme ai paralleli processi di innovazione tecnologica già avviati nella rpc, non hanno ancora raggiunto un grado di internazionalizzazione tale da essere avvertiti in modo diffuso nei mercati occidentali7. Ciò tuttavia non giustifica generalizzazioni, quando si parla dell’economia di questo Paese, nei confronti di soggetti economici che meritano uno sguardo più attento alle differenze e alle potenzialità individuali. Innanzitutto perché, talvolta, i concorrenti cinesi su un medesimo mercato hanno alle loro spalle origini ed esperienze profondamente diverse: basti pensare da un lato alle vecchie imprese statali nate nell’era dei piani di stile sovietico ed evolutesi in potenti soggetti del mercato sotto la spinta delle riforme e, dall’altro, alle aziende sorte negli anni delle stesse riforme grazie dall’iniziativa individuale e ad agganci nel potere politico. Si ricordi inoltre che queste aziende, anche considerate singolarmente, hanno già e continueranno ad avere in futuro un’influenza crescente sulle sorti dell’economia e della sicurezza mondiali, senza considerare che ogni anno portano il tasso di crescita dell’industria cinese attorno al dodici percento. Ed è altresì probabile che quel processo di branding, attuato dai più virtuosi di quei soggetti, abbia risvolti importanti sulle modalità e sui termini della competizione tra queste aziende cinesi ed i loro concorrenti occidentali.

3. Una fitta rete di attori e interessi
La metamorfosi ancora incompiuta del sistema industriale cinese, che ebbe inizio con le riforme degli anni Ottanta e che continua ancora oggi con il riassetto delle partecipazioni statali in molti i settori dell’economia, ha cambiato in modo sostanziale il ruolo del potere politico-ideologico e burocratico nell’economia cinese, non solo in ambito organizzativo e gestionale, ma anche nel modo in cui tali aziende interpretano il proprio ruolo nella società cinese. Ha inoltre sottilmente ma radicalmente mutato i valori di gran parte della società, traghettata in questi anni da un’ideologia radicalmente anti-capitalistica e di esaltazione “rivoluzionaria” alla celebrazione, non priva di contraddizioni e zone d’ombra, del successo imprenditoriale, del consumo, della Nazione Ricca e Potente, e del mercato che consente il realizzarsi di tutto questo. L’introduzione pilotata e parziale nell’economia cinese di concetti come “mercato” e “competizione”, pur obbligando gran parte delle aziende a investire nella creazione e nella promozione di un’identità propria allo scopo di emergere da settori sovraffollati, non ha tuttavia cancellato l’eredità della danwei, o unità di lavoro, struttura modello dell’organizzazione e del controllo sociale secondo il Partito. All’accettazione (più o meno qualificata) delle regole del mercato, in superficie, corrisponde, all’interno, una conservazione di determinati canali e organi legati sostanzialmente al Partito comunista e atti ad influenzare e controllare l’espressione discorsiva dell’azienda, incluse tutte quelle pratiche cruciali a modellare l’identità dell’azienda presso consumatori, investitori ed il pubblico in generale.

Il testo che segue illustra le due facce – quella organizzativa e quella discorsiva – della medesima continuità: da un lato il potere del comitato di partito, dall’altro il travaso di temi, norme e cliché della comunicazione politica nella comunicazione aziendale.

“Allo scopo di mettere in pratica l’importante pensiero de ”le tre rappresentatività”, fondare e mettere in atto la “Visione di sviluppo scientifico” e i “Concetti socialisti di onore e vergogna”,individuare e risolvere in modo coscienzioso i problemi salienti, siano essi individuali o del gruppo, ed infine per promuovere ulteriormente la coesione di gruppo, la mattina del 22 giugno si è tenuto presso la sede della Changtai il “Congresso per la vita democratica del gruppo dirigente Changtai”. Vi hanno preso parte tutti i membri della dirigenza aziendale. Huang Zheng, membro del Comitato di Partito e amministratore delegato della Ganyue S.p.A., insieme ad altri dirigenti ha diretto il Congresso e pronunciato un discorso”

Il brano qui riprodotto in traduzione è tratto da un comunicato stampa della Ganyue S.p.A pubblicato il giorno 23 giugno 2006 sul sito dell’azienda. La Ganyue, la quale figura tra le maggiori aziende quotate sulla Borsa di Shanghai8, gestisce un’autostrada nella Cina meridionale e la Changtai ne è una controllata. Gli esibiti riferimenti all’ideologia e alla propaganda del Partito comunista cinese (il pensiero de “le tre rappresentatività”, la recente campagna degli “Otto onori e otto vergogne”9), l’anteporre l’appartenenza al comitato di partito al titolo di amministratore delegato, l’evento stesso narrato nel testo – tutto potrebbe far dubitare che si tratti di un comunicato stampa aziendale, dell’auto-narrazione di un’impresa ad uso e consumo di clienti e investitori. Questi elementi, tuttavia, sono parte di uno schema di forme e temi ricorrenti nelle press release – così come in altre pratiche discorsive – delle imprese cinesi, e connotano in modo decisamente particolare i generi testuali con cui tali imprese, oggi, affrontano il percorso verso la definizione di una propria identità nel contesto cinese e internazionale.

Partendo dell’esempio sopra riportato, tra l’altro molto chiaro e rappresentativo, possiamo evidenziare come le molteplici modalità in cui, nei testi analizzati, si realizza un attenuarsi della linea di confine tra persuasione politica e promozione aziendale. Talvolta si tratta meramente di una paternità esibita: per attribuire maggiore importanza e visibilità ad un evento, o semplicemente per rivendicarne la legittimità ideologica, l’azienda lo definisce in rapporto ad un “grande pensiero” dell’ortodossia politica dominante, pensiero che si preoccupa di citare prima di aver introdotto l’evento stesso. L’evento, il suo essere pubblicizzato attraverso un comunicato stampa, il comunicato stesso – tutto diventa un tributo al potere, e ciò in sé rappresenta una fonte di prestigio e di vanto. Altre volte il prestigio discende direttamente dal potere e il suo conferimento diventa oggetto di un comunicato celebrativo. È il caso delle visite di personalità politiche presso aziende che poi faranno vanto dell’evento – già di per sé pubblico – tramite un comunicato stampa. Se le press release sono caratterizzate da una struttura modulare abbastanza rigida10, quella dei comunicati stampa delle aziende cinesi sulle visite dei leader politici sono dei veri moduli prestampati, tanto da sfidare in monotonia gli articoli del Quotidiano
del popolo sugli eventi ufficiali del Partito.

Essi rappresentano inoltre un altro esempio di come la supremazia della politica sulla mera dirigenza aziendale emerga chiaramente da questi testi, come già notato nel caso delle cariche11. In questi testi è solitamente contenuto sia un estratto del discorso pronunciato dal politico (posto dopo la narrazione della visita), sia un riassunto delle parole eventualmente pronunciate dall’alto dirigente incaricato di accogliere l’illustre ospite. L’estratto non solo precede (più per importanza che per rispetto dell’ordine temporale), ma è anche invariabilmente molto più lungo della citazione, rappresentando il vero punto focale dell’intero testo. Alla visita, il discorso aggiunge un’ulteriore conferma pubblica dell’importanza attribuita dal potere politico all’azienda interessata. Esso è di solito un concentrato di elogi rivolti dal potere all’azienda, elogi qui motivati non semplicemente dai risultati economici da essa raggiunti, ma soprattutto dal fatto che, con il suo impegno, la tale azienda ha contribuito al compimento di un disegno più grande – quello, appunto, concepito dal potere stesso. Che si tratti di innovazione tecnologica, di competitività a livello internazionale, o di aver sconfitto il monopolio delle aziende non cinesi in un determinato settore dell’economia cinese, i motivi di tali elogi sono frequentemente densi di patriottismo, se non di una smaccata esaltazione nazionalista. Altre volte l’elogio va esplicitamente all’impegno dell’azienda per il lavoro politico compiuto, lavoro che le è talvolta affidato dal potere stesso e spesso attuato sotto la guida dell’organizzazione di partito interna all’azienda.

L’elenco dei circoli viziosi e delle intersezioni potrebbe continuare. Soffermarsi su questioni di tipo organizzativo richiederebbe tuttavia uno studio antropologico approfondito sulle modalità di produzione di questi testi e sull’organizzazione che le fa da sfondo. Basti qui notare come un’analisi contestualizzata di questo genere della comunicazione aziendale esterna spinga a riflettere sulla complessità di relazioni che è sottesa alla definizione della/e identità di queste aziende.

Ulteriori osservazioni possono sorgere pensando all’origine del genere in esame. Il comunicato stampa è di per sé un linguaggio ibrido, compromesso tra le istanze promozionali delle aziende ed i costumi retorici dei media. Nato oltre un secolo fa, è radicato in una concezione anglosassone dell’azienda, dei media e del giornalismo, e segnato da un solco immaginario che vuole dividere gli scopi promozionali dell’azienda e il distacco dei media dell’informazione. Da un lato, le aziende cinesi paiono aver adottato questo genere della comunicazione pubblica sullo sfondo di un processo più ampio in cui rivedono la loro immagine e i loro scopi in chiave, diremmo, capitalistica e occidentale. Dall’altro, il soggetto cinese ha naturalmente rielaborato i termini del genere, così ripiantato in un contesto in cui le istituzioni dell’informazione e dell’economia esprimono una storia e delle forme di interazione molto diverse, mediate come sono spesso dal potere politico. Il genere che troviamo in Cina è in fondo declinato
sulla base dello stile retorico dominante e sulle regole in cui si realizza il potere nella comunicazione pubblica cinese. Ma è anche frutto di una complessa opera di equilibrismo culturale e dei suoi variegati esiti discorsivi.

4. Il patto tra azienda e potere: compromesso e punto di forza
Secondo la definizione di identità aziendale sviluppata da Peter Peverelli in uno studio dedicato al contesto cinese12, essa consiste in un processo di costruzione di identità durante la continua interazione tra l’azienda e il suo contesto socio-cognitivo. Tale identità emerge da un compromesso negoziato tra ciò che l’azienda intende essere e ciò che il suo ambiente – o meglio, i vari contesti con cui interagisce – vogliono che essa sia, mentre la molteplicità di tali contesti sociocognitivi può dare origine ad identità multiple. 

In ambito cinese, i contesti rilevanti includono le espressioni del potere politico e statale, sia esterne che interne alle aziende stesse. Come emerge anche dallo studio di Peverelli, i comitati di partito aziendali, un esempio dei quali abbiamo incontrato all’inizio di questo articolo, sono senza dubbio una di quelle strutture di potere che contribuiscono attivamente a plasmare l’identità e l’immagine pubblica delle organizzazioni che permeano. Sopra di loro si staglia l’origine più importante di prestigio e linguaggio nel contesto cinese, il Partito. Un contesto ulteriore e più ampio è rappresentato dalle ramificazioni degli organi di governo, ai quali, in molti casi, è da ricondurre la proprietà stessa delle aziende oggetto dell’indagine.

Se le press release rappresentano un compromesso tra gli scopi delle aziende, che le producono, e le norme che vincolano le pratiche discorsive del mondo giornalistico, dal quale esse aspirano ad essere riprodotte (almeno nel caso di comunicati stampa tradizionali), un ulteriore contesto di interazione influisce sulla produzione di questi testi: i media dell’informazione13. Per convincere i giornalisti a riportare i propri comunicati nel modo il più possibile fedele all’originale, le aziende prestano un buon grado di attenzione al rispetto delle prescrizioni formali e di contenuto più basilari del testo giornalistico. Ad esempio, si riferiscono a se stesse in terza persona, includono nei testi citazioni (più o meno reali) dei propri rappresentanti e accostano a tali citazioni le parole di presunti esperti esterni all’organizzazione. 

Nel contesto cinese, questo sforzo di preformulazione del comunicato stampa assume un significato quasi completamente sconosciuto alla press release di origine occidentale. Le norme che regolano e favoriscono il travaso del comunicato nei media dell’informazione cinesi vanno ben oltre l’uso artificioso della terza persona in riferimento all’impresa emittente il comunicato (si pensi ad esempio al primato delle cariche nel Partito su quelle di governo). È da notare come tali norme presiedano allo sdoganamento di tutta la comunicazione pubblica in Cina, e rimangono quindi valide anche per i comunicati – come quelli analizzati – che sono resi direttamente disponibili al pubblico attraverso i siti delle aziende (non si dimentichi che Internet stesso è soggetto ad un controllo efficace da parte del potere14). Tuttavia il risultato più importante della mia ricerca è di aver dimostrato come la preformulazione nei comunicati stampa cinesi non si limita ai due lati identificati da Jacobs, vale a dire quello formale e quello contenutistico, ma include un’ulteriore aspetto, cruciale tanto per il raggiungimento degli scopi strategici dell’azienda (la promozione) quanto per l’obiettivo tattico che è proprio del comunicato (passare attraverso il vaglio dei media e del censore): la preformulazione ideologica. Sia dal punto di vista formale che contenutistico, l’autore del comunicato cinese si adopera per sfruttare l’ortodossia e il prestigio del linguaggio del potere nel perseguimento di scopi che non sono solo politici, ma anche più meramente economici. Nel caso specifico cinese, le due cose non distano poi molto: attingere agli stilemi e ai temi della propaganda ufficiale (siano essi le trite campagne di moralizzazione o i tasti del nazionalismo e del militarismo dilaganti) non solo aumenta le probabilità per il comunicato di essere scelto dai media per la pubblicazione, ma ingrazia all’azienda i vertici del potere politico, il cui sguardo più o meno favorevole è molto spesso cruciale per il successo del soggetto economico. E il favore dei leader politici, quando si esprime in visite ufficiali, può essere utilizzato a sua volta per accrescere il lustro dell’azienda.

Al di sopra del compromesso che è essenziale alla funzione del comunicato stampa, quello tra gli scopi promozionali e i vincoli posti dai media dell’informazione, le aziende cinesi ne negoziano un altro, con il potere politico, che non è meramente utile alla loro comunicazione pubblica, ma è al contempo cruciale per l’accesso ai media e importante per il successo della loro immagine pubblica. 
Ma se con i media si tratta di rispettare alcune semplici norme di forma e, nel contenuto, di auto-limitare la soggettività dell’azienda per assecondare una sorta di oggettività superficiale, la natura del patto con il potere è di assai più creativa, per niente limitata al piano prescrittivo. I comunicati non si limitano cioè a non violare la venerata ortodossia linguistica della burocrazia comunista ed i clichè della sua propaganda, ma li riproduce, li proclama, e li sfrutta apertamente per conferire all’azienda quella legittimazione e quel lustro che discende solo dalle parole d’ordine della persuasione politica del Pcc15.

5. Conclusione
Identità e immagine sono risorse di cui le aziende cinesi hanno bisogno se vogliono affrontare il salto di qualità da fabbriche anonime a produttori di fama nazionale e internazionale. Una tale evoluzione, vincolata anche al livello tecnologico e qualitativo di tali aziende, è destinata comunque a mutare gli equilibri e i fattori in una competizione che ci vede tutti coinvolti. L’identità di un’azienda, tuttavia, non è qualcosa che nasca ex nihilo dai suoi uffici di pubbliche relazioni, ma è frutto di un negoziato attivo tra l’azienda stessa e i contesti in cui essa è nata, si sviluppa e progetta il proprio futuro. A questo negoziato ne corrisponde un altro, sul piano della comunicazione pubblica, dove l’identità dell’impresa trova espressione in termini a loro volta negoziati e dai molteplici livelli di senso. Come abbiamo visto, nel genere dei comunicati stampa – rappresentazioni di auto-narrativa e celebrazione aziendali – si svolge un’interazione parallela che rispecchia non solo la volontà di emergere delle aziende, ma soprattutto la loro posizione negoziale nei confronti del potere politico e burocratico.

Il diffuso e articolato impiego di espressioni formulari mutuate dai codici della propaganda di Partito, e soprattutto di slogan coniati dall’azienda stessa ma che prendono a modello quelle espressioni, testimoniano una trasformazione in corso che chiama in gioco l’identità culturale e politica della società cinese nel suo complesso. In quel duplice negoziato, infatti, è racchiuso un più ampio complesso di tensioni e la profonda lacerazione che attraversa la vita e i valori dei cinesi di oggi. Basti pensare alla condanna e alla persecuzione di ciò che rappresentava il demone capitalista e occidentale nella Cina maoista. Di questi sentimenti e valori, radicati o sopiti in parte della società cinese, le aziende cinesi dimostrano di tenere conto quando esprimono il proprio essere parte di questa società. Alla realtà dei rapporti economici e sociali, così lontani dalla vita di quegli anni, si intreccia un’altra realtà, quella del discorso pubblico, in cui si tenta un compromesso audace tra le modalità espressive della tradizione sinocomunista e la volontà insopprimibile di dipingere con i colori più attraenti l’attuale trionfo del capitalismo cinese. Questo significa anche asservire formule e schemi collaudati ai sempre mutevoli contenuti dell’ortodossia politica (cosa che il pcc ha sempre fatto) e, oggi, anche alle logiche delle aziende e del mercato (sdoganate dal Pcc).

Contemplando lo skyline di Pudong16 seduti sulla riva delle vecchie concessioni europee si potrebbe pensare ad un’approssimarsi, persino ad una sorta di evoluzione il cui destino sarebbe già scritto nell’esperienza capitalistica e democratica dell’Occidente. Nell’ultimo trentennio la Cina delle riforme ha però stupito con soluzioni originali e risultati inaspettati. Le trasformazione avviate dalle riforme e dall’apertura sono il frutto di un percorso non certo lineare che tuttavia è stato seguito finora con una certa dose di coerenza, ma che comunque non rappresenta – come il potere vorrebbe far credere – un progetto “scientifico” definito una volta per tutte la cui realizzazione verrà in un modo o nell’altro portata a compimento. Lo scenario in cui si colloca la ricerca di identità qui descritta è in vivace e costante trasformazione, ed è perciò arduo prevedere gli esiti del processo dialettico che sta ridefinendo il volto delle aziende cinesi.

MONDO CINESE N. 133, OTTOBRE - DICEMBRE 2007

Note

1. A tale proposito, si vedano ad esempio: J. Spence, The Search for Modern China, New York, Norton, 1999; M.C. Bergére, La Cina dal 1949 ai giorni nostri, trad. it., Bologna, Il Mulino, 2000; G. Guthrie, China and Globalization, New York, Routledge, 2006..
2 Il Chinese Statistical Yearbook (ed. del 2002, Pechino, National Statistical Bureau of China Press) mostra un aumento complessivo dei salari annui medi superiore al 150% dal 1993 al 2001..
3 Zhang Ruimin, “Building Asian Brands”, Far Eastern Econiomic Review, novembre 2006, pp. 61-62. .
4 .L’espressione “Oem” (Original Equipment Manufacturer) indica, propriamente, i produttori di componenti originali utilizzate da altri soggetti (detti “Var”, Value Added Retailer) i quali le rivendono “incorporandole” nei loro prodotti (si pensi ai processori di Intel, Oem per eccellenza, rivenduti in pc da numerosissimi Var). Recentemente, tuttavia, si è formata la consuetudine di chiamare Oem i rivenditori/ assemblatori stessi, stravolgendo il significato originario dell’acronimo. Nel suo contributo Zhang Ruimin adotta questo secondo significato, e lo stesso vale per il presente articolo. In particolare, con “Oem” Zhang indica quelle aziende che vendono i loro prodotti non grazie alla propria reputazione/nome/marchio, bensì grazie a quella del produttore delle componenti. È facile quindi capire perché gli Oem (nel significato adottato da Zhang) godano di profitti limitati, visto che la loro competitività è legata quasi solo al costo del lavoro. Un vantaggio degli Oem che si avvalgono di una componentistica commerciale è di potersi proporre più competitivi sui mercati internazionali.
5 Si tratta, in fondo, dell’idea espressa dalla nozione di marchio “notoriamente conosciuto”, di cui all’art. 6bis della Convenzione di Parigi. Si veda soprattutto la disciplina in materia di marchi notori contenuta nell’Accordo Trips: tale disciplina si basa sull’assunto che determinati marchi detengono un potere di attrazione proprio, che va al di là dei prodotti sui quali sono posti, e chi li rende degni di una tutela ultramerceologica. La Cina ha aderito alla suddetta Convenzione nel 1985, ed è vincolata dall’Accordo Trips in quanto membro Wto dal 2001..
6 Un corpus di 229 comunicati in cinese emessi tra il marzo e il giugno 2006, per un totale di oltre 150 mila caratteri. I testi sono stati reperiti dai siti web delle aziende incluse nello sse 50 Index (al 3 luglio 2006; link ai siti sono disponibili sul sito della sse, www.sse.com.cn . Tale indice raccoglie le cinquanta grandi aziende ritenute più influenti tra quelle quotate sulla Borsa di Shanghai..
7 Naturalmente il salto di qualità da Oem a brand-name passa dalla triade reputazione- marchio-identità, ma anche dall’innovazione tecnologica e, dunque, da una maggiore indipendenza sul piano dei diritti di proprietà intellettuale. È questa un’altra sfida fondamentale – la cosiddetta zizhu chuangxin (“innovazione autonoma”) – a cui spesso fanno riferimento i rappresentanti del pcc e del Governo cinese nei loro discorsi. Si tratta di un tema ricorrente, in particolare, nei discorsi pronunciati da tali personalità in occasione di visite presso le aziende studiate, discorsi citati poi nei comunicati stampa di queste aziende. Si consideri infine che il prezzo della tecnologia e dei diritti di proprietà intellettuale occidentali, spesso impiegati entrambi dai produttori asiatici per essere competitivi a livello internazionale, può ben essere annoverato tra le ragioni che li spingono a passare dall’identità di assemblatori anonimi a quella di produttori di marca che investono in ricerca..
8 Per la precisione, essa occupa la posizione 27 nello sse Index del 3 luglio 2006 (cfr. nota n.6)..
9 Il pensiero de “le tre rappresentatività”, formulato da Jiang Zemin, può essere considerato al contempo una concezione ideologica di stampo sociale e politico e una nuova interpretazione del ruolo del Pcc. Secondo tale teoria, il Pcc rappresenterebbe “le esigenze di sviluppo delle forze produttive più avanzate, gli orientamenti della cultura più avanzata e gli interessi fondamentali di larghissima parte della popolazione”. Con questa espressione il Partito ha legittimato un processo di fatto già in corso nel 2002, vale a dire l’inclusione nella classe dirigente comunista di componenti provenienti dal mondo dell’economia e degli affari, veri e propri “capitalisti”, un processo questo che fino ad allora non aveva ricevuto piena giustificazione e riconoscimento sul piano ideologico. Quanto alla Campagna degli Otto onori e delle Otto vergogne, estremamente popolare fin dalla sua promulgazione nel 2006, si tratta di un recente contributo dell’attuale leadership all’opera di moralizzazione dei cittadini cinesi. Detta anche “Sistema dei valori fondamentali”, consiste di fatto in una serie di brevi slogan come “amare il proprio Paese è un onore” e “l’essere pigro è una vergogna”..
10 La struttura generica delle press release delle aziende è l’oggetto di alcuni studi di Y. McLaren e C. Gurau (in particolare: “Characterising the Genre of Corporate Press Release”, LSP and Professional Communication, vol. 5, n. 1, 2005) e P. Catenaccio
(“New(s) genres: The changing face of corporate news management in the age of the Internet”, in Garzone G., Poncini G. and P. Catenaccio (a cura di), Multimodality in Corporate Communication. Web genres and discourse identity, Milano, Franco Angeli, 2007, pp. 56-67). Entrambi gli studi, rifacendosi al concetto di moves avanzato da V.K. Bhatia (Analysing Genre: Language Use in Professional Settings, Londra, Longman, 1993), evidenziano una ricorsività modulare nella struttura testuale di questo genere..
11 La supremazia vale, in modo ancor più cruciale, tra Partito e Stato: nel caso si tratti della medesima persona, la carica ricoperta nel pcc precede sempre quella eventualmente ricoperta negli organi di governo (es. «il membro del Comitato Permanente di Shanghai e vicesindaco Zhou Yupeng»), mentre nel caso si tratti di due persone distinte, l’autorità del Partito similmente precede quella dello Stato (es. «il segretario del Comitato di Partito di Mianyang Tan Li e il sindaco della città Tang Limin»).
12 Peverelli P., Chinese Corporate Identity, Londra e New York, Routledge, 2006.
13 Su questo concetto cardine nello studio del genere dei comunicati stampa si veda il fondamentale G. Jacobs, Preformulating the News: An Analysis of the Metapragmatics of Press Releases, Amsterdam e Philadelphia, John Benjamins, 1999. Il termine
“preformulazione” si riferisce alle strategie adottate dagli autori dei comunicati stampa per aumentarne le prossibilità di essere riutilizzate dai media dell’informazione nel modo più fedele possibile all’originale. Tale sforzo, che si esprime tanto a livello formale quanto a quello del contenuto, è finalizzato a massimizzare il controllo da parte dell’organizzazione – l’azienda, nel nostro caso
– sul modo in cui l’informazione sarà veicolata al pubblico dei media..
14 Si veda a proposito l’autorevole report di OpenNet Initiative (Internet Filtering in China in 2004-2005: A Country Study, 2005, disponibile all’indirizzo www.opennetinitiative.net/china ), una partnership tra Università di Toronto, la Harvard School of Law e Università di Cambridge..
15 Sull’importanza della codificazione linguistica nella propaganda maoista e post- maoista si vedano: A.R. Kluver, Legitimating the Chinese Economic Reforms. A Rhetoric of Myth and Orthodoxy, New York, State University of New York Press, 1996; M. Shoenhals, Doing Things with Words in Chinese Politics. Berkeley, Institute of East Asian Studies, University of California, 1992. Su propaganda e retorica politica si vedano inoltre: R. Heisey, (a cura di), Chinese Perspectives in Rhetoric and Communication. Stamford, Ablex, 2000; e Lu Xing, Rhetoric of the Chinese Cultural Revolution. The Impact on Chinese Thought, Culture, and Communication, Columbia, University of South Carolina Press, 2004..
16 A Shanghai, sulla riva ovest del fiume Huangpu, sorgono gli edifici storici del Bund e delle concessioni delle potenze imperiali straniere. A est del fiume – nell’area di Pudong – sono sorti negli ultimi anni i modernissimi edifici che simboleggiano il successo di Shanghai come polo finanziario dell’Asia Orientale, tra cui la sede della Borsa.. 

 

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