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POLITICA INTERNA

               Elezioni a sfondo olimpico.
Progresso o regressione della democrazia a Hong Kong?

di Francesca CINI

1. Un sistema democratico giovane e incompleto.
Le elezioni legislative che si sono svolte a Hong Kong il 7 settembre 2008 sono le seste nella storia del territorio e le quarte dal ritorno alla sovranità cinese. Il graduale sviluppo del processo democratico della Regione amministrativa speciale (Ras) non ha attirato quest’anno la stessa attenzione di quattro anni fa. Le Olimpiadi di Pechino hanno infatti monopolizzato i media internazionali e locali. La spinta nazionalista che ne avrebbe dovuto risultare e una campagna caratterizzata dalla divisione tra candidati e dalle tematiche di vita quotidiana hanno convinto gli osservatori che queste elezioni avrebbero rappresentato un passo indietro per la vita politica di Hong Kong.

La mobilitazione di massa che aveva caratterizzato quelle del 2004 sembrava finita con la decisione del Comitato permanente dell’Assemblea nazionale del popolo del 29 dicembre 2007. Rinviando al 2017 e 2020 il suffragio universale, Pechino è riuscita a spezzare l’arma principale che teneva unito il fronte democratico, e ha autorizzato implicitamente il governo di Hong Kong a iniziare la procedura legale necessaria ad attuarlo. Eppure i risultati delle elezioni hanno ancora una volta confermato la tenace resistenza di Hong Kong al tentativo di annullamento della sua specificità, un sistema libero anche se non (ancora) democratico.

La critica più dura del sistema coloniale inglese è stata quella di Christopher Patten, ultimo governatore inglese di Hong Kong, peraltro difensore della maniera in cui gli inglesi hanno lasciato le loro colonie. Tutte tranne una: “una delle migliori e certamente la più ricca”1 restituita a uno degli ultimi governi comunisti del pianeta, priva di un sistema democratico consolidato. “Le ragioni per cui lo sviluppo democratico di Hong Kong è sempre stato bloccato sono politiche, non culturali. Il principale fallimento del potere britannico è stato di lasciar sopravvivere troppo a lungo abitudini mentali di stile coloniale e di negare a Hong Kong la possibilità di sviluppare una propria cultura politica; a velocità costante e irreversibile”2. La constatazione che Hong Kong sia da tempo più che matura per un regime democratico di stile occidentale è condivisa anche da altri studiosi3 e lo stesso regime di Pechino lo ha stipulato nella Joint declaration del 1984 e nella Basic law del 1990, dando inizio al processo democratico che dovrebbe terminare con l’instaurazione del suffragio universale4

Senza il 1989 e gli incidenti di piazza Tian’anmen, forse il processo sarebbe stato più rapido, ma questi avvenimenti hanno portato Deng Xiaoping a lasciare in bianco nella Basic law la data prevista per queste elezioni. Lo scopo era quello di ridurre le differenze fra i “due sistemi” e riunificare “un paese” lasciando il tempo ai dirigenti pechinesi di formare una nuova generazione di hongkonghesi nata sotto la bandiera a cinque stelle. Impossibile indovinare se l’anziano leader avesse già previsto che intanto, dall’altra parte della frontiera, una nuova generazione avrebbe somigliato sempre di più agli excoloni britannici5 

2. Le elezioni legislative precedenti
La Gran Bretagna ha introdotto le prime elezioni legislative dirette nel 1991 (in cui 18 seggi del parlamento su 59 sono stati eletti direttamente), promesse già per il 19886, ma sono le riforme di Patten dell’ottobre 19927 a suscitare violente reazioni da parte del governo cinese che il 1° luglio del 1997 scioglierà il parlamento eletto nel 1995 per sostituirlo con uno provvisorio privo di deputati democratici, fino alle nuove elezioni del 19988. Il Legco (Legislative council, parlamento unicamerale della Regione amministrativa speciale), eletto per quattro anni, è attualmente composto da 30 seggi eletti direttamente da cinque circoscrizioni geografiche9 con sistema proporzionale e 30 eletti da circoscrizioni professionali. Il sistema elettorale ha subito diverse modifiche dal 1991 a oggi sia per quanto riguarda il numero di seggi eletti direttamente che per l’ampiezza della base elettorale delle circoscrizioni professionali. Oltre a escludere dal Legco i deputati democratici, Pechino nel 1997 ha anche ristretto la base elettorale di queste circoscrizioni, che Patten aveva allargato nella riforma del 199210.

La creazione di veri e propri partiti politici è cominciata negli anni ’90 quando nel Territorio si diffuse una forte inquietudine sul futuro dovuta alla repressione brutale del movimento di Tian’anmen11. I due principali partiti politici odierni sono nati rispettivamente nel 1992, che ha visto la nascita della Dab, alleanza pro-Pechino12 il cui fondatore Tsang Yok-sing è oggi Presidente del Legco, e nel 1994, che ha visto la nascita del Partito democratico di Hong Kong13, prima organizzazione del territorio a considerarsi un partito politico14. Da allora questo partito è leader di un fronte democratico che, pur ottenendo la maggioranza dei voti in tutte le elezioni, è condannato a restare in minoranza al Legco finchè le circoscrizioni professionali garantiscono alle elites hongkonghesi, tradizionalmente pro-governative, una larga maggioranza di seggi.

La richiesta del suffragio universale e un atteggiamento pro o anti-governativo hanno così dato origine a due schieramenti politici opposti.

In quegli stessi anni viene nominato a Hong Kong il primo governatore non diplomatico della colonia. Christopher Patten, deputato conservatore vicino a Major e a Margaret Thatcher, avrà il compito di assicurare la transizione di Hong Kong dalla sovranità inglese a quella cinese. Convinto della necessità di instaurare un regime democratico a Hong Kong, Patten intraprende nel 1992, in netta rottura con le amministrazioni precedenti, una serie di riforme elettorali. Rispettando alla lettera i principi enunciati nella Joint declaration e nella Basic law, le riforme sono alquanto moderate15, ma portano nel parlamento destinato a coprire il periodo della transizione dal 1995 al 1999, un numero importante di deputati democratici che ottengono anche la maggioranza dei voti. Come abbiamo visto, questo parlamento verrà sciolto da Pechino il giorno della retrocessione. Se da un punto di vista diplomatico la strategia di Patten può essere considerata un fallimento, dal punto di vista politico quegli anni sanciscono l’esistenza di una comunità politica propria a Hong Kong che continua da allora una lunga e tenace resistenza a ogni tentativo di normalizzazione del governo di Pechino.

Lo scioglimento del Legco si dimostrerà peraltro inutile. Nel 1998, un tasso di partecipazione molto alto e una nuova vittoria dei democratici (in quelle che si possono considerare le prime elezioni libere svoltesi all’interno di un paese comunista), dimostra al governo centrale l’impossibilità di governare Hong Kong senza la loro partecipazione16.

3. La crisi del 2003-2004
Nel 200017 le prime elezioni regolari e prive di poste in gioco della Ras di Hong Kong, mostrano un allontanamento degli elettori dalla politica, ma i pochi votanti (43% contro il 54% di due anni prima) continuano a preferire lo schieramento democratico.18 La mobilitazione di massa e le tensioni della campagna elettorale del 2004, acuite dalla decisione dell’Assemblea nazionale del popolo dell’aprile di quell’anno di proibire il suffragio elettorale per le consultazioni del 2007 e 2008, scaturiscono invece da un biennio difficile.

La crisi della Sars (Sindrome respiratoria acuta) e la decisione presa nel 2003 dal capo dell’esecutivo di Hong Kong di promulgare una legge per punire “ogni atto di tradimento, secessione e sedizione” o “sovversione contro il Governo centrale del popolo”, avevano provocato la collera popolare, cristallizzatasi nella manifestazione del 1° luglio 2003. Nel 200419 l’impatto dei 500.000 partecipanti20 a questa manifestazione continua a farsi sentire, e malgrado la campagna di stile maoista che li accusa di essere anti-patriottici e venduti alle potenze straniere, i democratici sognano la conquista della maggioranza dei seggi alle elezioni di settembre. 

La campagna è anche inframmezzata da attacchi personali che qualche volta, come nel caso del popolare animatore di una trasmissione radiofonica Albert Cheng, perdono il posto per aver espresso le proprie idee21. Alcuni, come Emily Lau22, giornalista e “pasionaria” della politica hongkonghese, sono accusati di essere a favore dell’indipendenza di Taiwan, altri di andare con le prostitute. Pechino inoltre continua a negare il visto per la Cina continentale ai maggiori dirigenti e deputati democratici. Tutto questo non muta i risultati delle elezioni caratterizzate dalla maggiore partecipazione della storia elettorale di Hong Kong (55,6%) ma delude i democratici. Se la loro supremazia in numero di voti è confermata e permette loro di ottenere 18 seggi sui 30 nelle circoscrizioni geografiche23, i 7 seggi ottenuti nelle circoscrizioni professionali non sono sufficienti a far loro raggiungere la meta di 3124 seggi, e quindi la maggioranza assoluta.

4. Le elezioni del 2008: la campagna e le previsioni
Il 2005 segna un cambiamento di tattica del governo di Pechino che, pur mantenendo la stessa strategia, tenta di smorzare le tensioni. Il ritiro da parte del governo di Hong Kong di ogni proposta legislativa connessa alla legge “anti-sovversione” non era bastato a contrastare l’impopolarità del primo capo dell’esecutivo Tung Chee-Hwa. Pechino decide quindi di sostituirlo agli inizi del 2005 con Donald Tsang, popolare ex Segretario delle Finanze dell’amministrazione britannica, simbolo di una continuità formale col passato coloniale che garantisce libertà ma non democrazia. Il viaggio nel Guangdong, organizzato nel settembre 2005 per tutti i deputati di Hong Kong, democratici inclusi25, è infatti accolto favorevolmente dall’opinione pubblica che vede un segnale di apertura del governo centrale. 

A questo seguono le elezioni del capo dell’esecutivo nel marzo 2007 che, pur confermando di fatto la nomina di Donald Tsang, si svolgono, a differenza di quelle del 2002, dopo un confronto tra due candidati. Un dibattito televisivo di stile occidentale che lo oppone a un candidato democratico e la promessa di ottenere da Pechino una data per il suffragio elettorale danno una parvenza di democrazia, senza nessun cambiamento sostanziale. La delibera dell’Assemblea nazionale del popolo del 29 dicembre 200726 che fissa il suffragio universale pur rinviandolo a una data lontana, sembra essere la conseguenza di questo processo e non suscita che poche mitigate reazioni di protesta. 

Nel 2008, lo slancio nazionalista provocato dalle Olimpiadi e dal terremoto del Sichuan completano un quadro di pacata indifferenza nei confronti delle elezioni. Per questo la maggioranza degli osservatori è concorde nell’affermare che il governo di Pechino sia finalmente riuscito nel suo intento di spezzare l’arma principale che teneva unito il fronte democratico, la lotta per il suffragio universale, trasformando le elezioni del 2008 in consultazioni centrate sulle questioni sociali e sul cambio di generazione all’interno dei maggiori partiti27

L’interesse per le tematiche sociali, (lotta all’inflazione, salario minimo, assistenza sociale, riforma sanitaria e dell’educazione) non è nuovo a Hong Kong ed è diffuso in entrambi gli schieramenti28. Lotta alla disoccupazione e permessi di lavoro agli immigrati, avevano accomunato Dab e Pd nel passato contro le lobby del mondo degli affari. Il potere limitato del Legco e la tattica del governo di posporre a dopo le elezioni tutte le decisioni importanti, quali quelle sul salario minimo e la riforma del servizio sanitario, hanno ulteriormente smussato le differenze fra i partiti.

Sui volantini elettorali parole d’ordine contro l’aumento del prezzo del petrolio, del ticket sanitario o addirittura contro il traffico si sono alternate alle citazioni di Mao e di Martin Luther King. L’uso di Mao è simbolico della contraddizione della politica hongkonghese. La difesa dei diritti dei cittadini con parole d’ordine rivoluzionarie o social-democratiche usate in Cina dal Partito di governo coabita con l’atteggiamento anti-governativo dello schieramento democratico. L’opposizione è quindi formata da una
miscela di “destra” e di “estrema sinistra”, mentre a Hong Kong è chiamata “sinistra” l’ala pro-governativa del parlamento.

Diversamente dalla precedente campagna elettorale, questa si svolge in sordina, senza scandali nè prime donne. I toni del dibattito sono più contenuti e gli appellativi dati all’avversario meno aggressivi29. Lo scandalo che ha coinvolto un funzionario governativo corrotto ha riproposto i democratici come modello morale contro la corruzione. Mentre la fine della campagna ha dimostrato la debolezza del fronte democratico che ha messo sotto accusa il sistema dei sondaggi perchè lo davano perdente, accusandoli di influenzare la popolazione30. La mancanza di personalità quali Martin Lee, Rita Fan, presidente del Legco uscente e difensore della politica pechinese, e Anson Chan, ultimo Primo segretario dell’amministrazione britannica, simbolo della difesa delle libertà civili (che dopo un breve tentativo di unificare le forze democratiche grazie al suo carisma ha gettato la spugna e non si è più candidata), lasciano i campioni olimpici padroni della stampa e il nazionalismo auspicato da Pechino sembra avere finalmente conquistato gli hongkonghesi. 

Alla vigilia del voto gli osservatori sono quindi propensi a prevedere una sconfitta del campo democratico che teme da parte sua di ottenere meno di un terzo dei seggi in parlamento. Proprio quando la data del suffragio universale è fissata e si deve intraprendere la riforma costituzionale per deciderne le modalità, la perdita della possibilità di veto31 per i democratici avrebbe significato amputare sul nascere la giovane democrazia e dare mano libera al governo. 

5. I risultati
Contrariamente a queste previsioni32, le elezioni confermano una buona tenuta del campo democratico che ha guadagnato un seggio nelle circoscrizioni geografiche e conserva la maggioranza dei suffragi. Una partecipazione del 45%, di 10 punti inferiore a quella del 2004 ma superiore a quella del 2000, non ha impedito a questo schieramento di ottenere quasi il 60%33 dei voti e inficia la teoria ricorrente fra gli stessi democratici, secondo la quale un calo di votanti lo avrebbe sfavorito. L’alto numero di candidati34, anch’esso giudicato negativo e segno di divisioni foriere di sconfitta per i democratici ha al contrario permesso un allargamento della loro base.

Il campo pro-Pechino registra una lenta ma regolare progressione e, con il maggior numero di voti (347.000) e il maggior numeri di seggi (10 + 3 sindacalisti), la Dab rimane il principale partito del Territorio. La nomina del suo fondatore, Tsang Yok-sing, a Presidente del Legco conferma la sua aspirazione a diventare il partito di governo di Hong Kong35. Il Partito democratico mantiene il secondo posto con 313.000 voti e 8 seggi, nonostante il ritiro di Martin Lee, e anch’esso aveva presentato un candidato alla presidenza del Legco, riconoscendosi le stesse aspirazioni e gli stessi diritti del partito pro-Pechino. Il terzo partito con aspirazioni governative è il nuovissimo Civic Party, erede di Article 4536 che conquista 200.000 voti e 5 seggi.

La sconfitta del Partito liberale37 che non è riuscito a ottenere neanche un seggio nelle circoscrizioni elette a suffragio universale nonostante la candidatura di due veterani, e la vittoria della Lega dei social democratici (Lsd) sono le maggiori sorprese per quanto riguarda le formazioni politiche. James Tien, leader del Partito liberale, rappresentante dei businessmen di Hong Kong, si era reso popolare nel 2004 per aver sostenuto il suffragio universale all’indomani del veto pechinese ed essersi presentato candidato nelle circoscrizioni geografiche pur avendo la garanzia di essere eletto in quelle professionali. Questa mutazione dell’élite di Hong Kong era stata ricompensata dagli elettori che nel 2004 lo avevano votato in 68.000. Quest’anno solo 28.000 persone hanno votato una lista composta da 3 candidati tra cui James Tien, anche se il partito rimaneva maggioritario all’indomani delle elezioni nelle circoscrizioni professionali dove otteneva 7 seggi.

Il futuro di questo partito è la principale posta in gioco e il principale argomento di discussione del dopo-elezioni. Accusato di voler mantenere i piedi in due staffe38, beneficiando del sistema delle circoscrizioni professionali pur difendendo in teoria il suffragio universale e minato da rivalità interne, il Pl si è scisso un mese dopo le elezioni. La creazione di una nuova alleanza, arroccata nella difesa delle circoscrizioni professionali, sembra un tentativo di Pechino di scaricare James Tien, giudicato poco affidabile e contemporaneamente riconquistare i businessman spaventati dalla decisione di fissare il suffragio universale39. Nel campo opposto, la Lega dei social democratici (Lsd), nata 2 anni fa, ha presentato cinque candidati dei quali tre sono stati eletti. Lo scarso numero di seggi ottenuto è fuorviante poichè i 145.000 voti raccolti ne fanno il quarto partito di Hong Kong. La caratteristica principale di questa formazione radicale è la personalità dei tre deputati. Il più famoso, Leung Kwok-hung (più noto come “Long Hair”40) era già deputato nella precedente legislazione e attira facilmente l’attenzione dei media coniugando capelli lunghi, T-shirt di Che Guevara e pugni alzati in piena seduta parlamentare con slogan in difesa della democrazia, del movimento di Tian’anmen, del suffragio universale e dei diritti dei lavoratori. L’elezione di Wong Yuk-man, nuovo candidato dell’Lsd e la non ri-elezione di Lau Chinshek nella circoscrizione di Kowloon Ovest mostra una polarizzazione dell’elettorato contraria alle previsioni. Sindacalista deputato sin dal 1991, Lau era un simbolo del movimento democratico fino al suo “tradimento” nel 2004 alla vigilia dell’elezione legislativa quando ha incontrato Zeng Qinghong, allora incaricato all’ufficio politico degli affari di Hong Kong,
pretendendo di riconciliare i democratici con Pechino. Da allora strenuo difensore di una politica di riavvicinamento dei due fronti si è rifiutato fino all’ultimo41 di assumere posizioni o atteggiamenti radicali. Gli elettori hanno preferito Wong, presidente della Lega, carismatico presentatore radio, il cui tono aggressivo e provocatorio nei confronti del governo gli ha valso il soprannome di “Mad Dog”42.

Anche il numero di deputati eletti sulle liste sindacali è aumentato rispetto alle precedenti elezioni. Presenti in entrambi gli schieramenti, saranno probabilmente alleati della Lega quando si tratterà di difendere temi quali salario minimo e riforma sanitaria43. Questi elementi portano osservatori con interessi opposti quali l’International Herald Tribune, l’Economist44 e il China Worker45 a vedere in queste elezioni uno spostamento a sinistra dell’elettorato di Hong Kong e una sconfitta del mondo degli affari.

Al bipolarismo classico, con conseguente maggiore responsabilità politica di partiti sempre più maturi e consensuali, si contrappone una tendenza alla radicalizzazione e alla personalizzazione. Oltre alle personalità della Lsd già descritte, l’elezione di Regina Ip e di altre candidate femminili merita una menzione. Come in America e in Francia, a Hong Kong la massima autorità resta in mano maschili (capo dell’esecutivo, presidenza del Legco e dei principali partiti), ma come in questi paesi, Hong Kong conta un numero importante di figure femminili di primo piano. 

Le donne politiche famose non sono una novità e la rinuncia di veterane quali Anson Chan e Rita Fan46 non ha impedito che in queste elezioni i candidati più votati nei due campi siano di sesso femminile. Audrey Eu e Tanya Chan hanno complessivamente ottenuto 82.600 voti mentre la lista di Regina Ip, di ritorno sulla scena politica dopo l’esclusione dal governo in seguito alla sua difesa della legge antisovversione, ne ha ottenuti 62.00047. Emily Lau dal canto suo mantiene il seggio di Frontier grazie alla sua forte personalità di difensore dei diritti umani feroce antagonista del regime comunista cinese48.

Per concludere questa analisi, le circoscrizioni professionali meritano qualche riflessione. Considerate da molti in via di disparizione e principale pomo della discordia all’interno del Partito liberale, esse rimangono la roccaforte della classe dirigente di Hong Kong e del mondo degli affari. In questo senso è interessante notare la presenza di deputati di origine anglosassone e di membri dell’Assemblea nazionale del popolo. Le 9 circoscrizioni aggiunte da Patten nel 1993 non sono bastate a bilanciare il voto pro-governativo della stragrande maggioranza di queste circoscrizioni. Se i rappresentanti del mondo dell’educazione, degli avvocati e del social welfare hanno confermato l’elezione di rappresentanti del campo pan-democratico, i 7 seggi conquistati da questo campo nel 2004 sembrano rimanere un’eccezione.

Diventata ormai una banalità, l’imprevedibilità di Hong Kong si è ancora rivelata una costante della sua storia49. Queste elezioni, definite “uneventful” (senza avvenimenti di rilievo)50 e “lacklustre” (scialbe)51, prive persino di risvolti scandalistici all’americana su sesso e denaro, hanno confermato la maturità dell’elettorato di Hong Kong. 

Se il governo di Pechino è riuscito a impedire il suffragio universale a Hong Kong prima che la nuova generazione nata nel 1997 e educata nel nuovo sistema abbia diritto di voto52, la reazione della popolazione di Hong Kong l’ha obbligato ad accettare che la democrazia funzioni prima di quella data. La partecipazione dei democratici al processo legislativo fa già sorgere i primi dubbi53 sulle reali possibilità di attuazione di una legge elettorale che metta d’accordo il governo centrale e i difensori della democrazia e trovare un consenso è la prima difficoltà di ogni regime democratico. Per questo la principale posta in gioco di queste elezioni era il mantenimento di un terzo dei seggi al Legco da parte del campo democratico. Il potere istituzionale così conferitogli di partecipare al processo legislativo che porterà Hong Kong al suffragio universale è il primo passo verso un sistema democratico maturo basato anche su un’eventuale alternanza di partiti di governo.

Il calo di popolarità di Donald Tsang e del suo governo, che dovrà affrontare decisioni impopolari come la famosa legge anti-sovversione, quella sul futuro della radio pubblica e sul finanziamento della riforma
sanitaria, lo porterà a integrare sempre più i legislatori nelle decisioni politiche per cui alcuni osservatori sostengono che “chi governa” è diventato lo “scopo” di queste elezioni “senza scopo”54. Il primo banco
di prova per i democratici sarà già il comitato per rivedere gli accordi riguardanti gli alti funzionari che accettano impieghi nel settore privato alla fine del loro mandato55 di cui sono stati chiamati a far parte dal capo dell’esecutivo all’indomani delle elezioni.

6. Conclusioni
Questo rapido panorama dei trend elettorali a Hong Kong ci suggerisce due considerazioni. Una sul piano internazionale e l’altra legata alla situazione locale della Ras. In una fase storica in cui le democrazie occidentali si interrogano sul futuro del sistema social democratico e propendono per un liberalismo senza regole56 e in cui le libertà fondamentali sono rimesse in discussione dai grandi monopoli e dalla lotta al terrorismo, Hong Kong sembra procedere in senso inverso per servire ancora una volta da modello alla Repubblica popolare.

Rivendicazioni quali salario minimo, riforma sanitaria, difesa della radio pubblica, sussidi agli anziani, hanno portato alla vittoria candidati estremisti o legati al mondo sindacale e hanno causato la sconfitta del Parito liberale, rappresentante del mondo degli affari. Proprio mentre queste tematiche sono rimesse in discussione in Occidente, sembrano trovare un’eco in questa culla del capitalismo avanzato, “Mecca del Friedmanismo”57. La Ras sembra riaffermare la validità e il bisogno di una partecipazione politica democratica al governo, garante di un minimo di servizi sociali e di protezione dei più deboli anche, e
soprattutto, in una situazione di libertà economica quasi totale58

A livello locale, queste elezioni sono l’ennesima riaffermazione della continuità storica con un passato di libertà civili e politiche al quale non si vuole rinunciare a nessun costo. Da quando la popolazione è stata chiamata a votare, nel 1991, Hong Kong ha attraversato crisi politiche, economiche e sanitarie gravi e nessun aiuto o minaccia dei governi centrali (o coloniali, se si preferisce) ha fatto diminuire la popolarità del fronte democratico. Resistendo al cambio di generazione e al ritiro dei leader fondatori del Partito democratico, questa forza ha superato nel 2008 un’altra prova che conferma l’impossibilità per il governo della Ras e quello di Pechino di ignorarne le rivendicazioni. 
.
Benchè si tratti di elezioni per un’assemblea con potere legislativo limitato59, i cittadini di Hong Kong sembrano aver capito che la posta in gioco, eleggere legislatori che dovranno approvare modifiche
costituzionali per le elezioni del 2012 e appianare così la strada per il suffragio universale, era un evento sufficientemente importante da partecipare alla scadenza elettorale e dare la maggioranza dei voti al campo democratico. Una lezione di civismo, come la successiva discussione etica sulla neutralità del presidente del Legco60 che contrasta con gli scandali americani e l’atteggiamento da star adottato da alcuni presidenti e candidati occidentali. Anche il rifiuto di rispondere ai sondaggi quando c’è il sospetto che questi vengano usati per manipolare l’opinione pubblica61 mostra un atteggiamento civico quasi naif.

La dispersione di voti e il successo di personalità a spese dei partiti mostrerebbe invece che Hong Kong, appena uscita da 150 di esperienza coloniale per integrare un grande paese comunista e in via di sviluppo, abbia ancora un sistema democratico immaturo. In ogni caso, come sostiene uno dei principali studiosi di politica interna a Hong Kong, il professor Ma Ngok, “I risultati elettorali mostrano che, persino dopo che Pechino ha dato la tabella di marcia per il suffragio universale e che l’economia di Hong Kong è migliorata, i divari politici nella nostra comunità sono ancora ben radicati”62.


MONDO CINESE N. 136, LUGLIO - SETTEMBRE 2008

Note

1.Chris Patten, East and West, London, Macmillan, 1998, p. 11, traduzione di F. Cini.
2 Ibid, p. 24, traduzione di A. Béjà. Anche “The functional constituency were an abomination. Whoever had devised them must have had a good knowledge of the worst abuses of British eighteenth-century parliamentary history…”, p. 58.
3 Larry Diamond, “Prospects for Hong Kong’s Democratization”, Hong Kong Journal, http://www.hkjournal.org/archive/2008_fall/1.htm  .
4 “The legislature of the Hong Kong Special Administrative Region shall be constituted by elections”, The Joint Declaration, annexe I, I. Constitution, Chief Executive. Principal Officials. The Legislature. http://www.cmab.gov.hk/en/issues/jd3.htm#con  . Questa frase è la sola ottenuta dagli inglesi per giustificare l’inizio di un processo democratico nel Territorio. La Basic law aggiunge che lo scopo finale è il suffragio universale. The Basic Law of the Hong Kong Special Administrative Region of the PRC, cap. IV, sez. 3, art. 68.
5 L’applicazione della formula “un paese, due sistemi” è prevista per 50 anni a partire dal 1997. Nella Repubblica popolare, il 2019 segnerà quarant’anni delle riforme di Deng Xiaoping e trenta del movimento di Tian’anmen. I cinesi più attivi saranno quindi tutti nati nella Cina del dopo-Mao.
6 Patten, op.cit., pp. 35-36. Per un’analisi delle elezioni pre-’97 vedi J.P. Béjà, “Une victoire pour rien?”, Perspectives Chinoises, n. 31, ottobre 1995, pp. 28-33.
7 Patten (op.cit., pp. 56-61) descrive con humour il suo tentativo di salvare in extremis il sistema elettorale di Hong Kong, arcaico e inadatto al livello di sviluppo della città. Sulle riforme vedi anche M. Bonnin, “Hong Kong: David contre Goliath?”, Perspectives Chinoises, n. 8/9, ottobre-novembre 1992, pp. 8-15.
8 Ancora oggi il governo cinese considera che nessuna elezione si è tenuta a Hong Kong prima del 1997. “Before Hong Kong’s return to China in 1997, the members of Hong Kong’s Legislative Council were appointed by the British Hong Kong authorities”, in “All 60 members returned in Hong Kong’s new-term legislature elections”, Xinhua News, internet ed., 8.9.08.
9 Isola di Hong Kong, Kowloon Est, Kowloon Ovest, Nuovi Territori Est, Nuovi Territori Ovest. Da notare che il Partito comunista cinese ha mantenuto la divisione inglese che rispecchia l’umiliazione della conquista coloniale di cui la retrocessione del 1997 avrebbe dovuto sancire la fine. 
10 D.A. Brown, J.A. Robinson, “Les modes de scrutin à Hong Kong”, Perspectives Chinoises, n. 47, maggio-giugno 1998, p. 12; M.E. De Golier, “Recul des démocrates mais montée du politique”, Perspectives Chinoises, n. 61, settembre-ottobre 2000, p. 53.
11 Sullo sviluppo politico di Hong Kong e la creazione di associazioni e partiti politici vedi J.P. Béjà, “La democratisation impossible?”, in Hong Kong 1997. Fin d’un siècle, fin d’un monde?, Bruxelles, Editions Complexe, 1993, pp. 61-108 e J. P. Béjà “Hong Kong en liberté surveillée”, Politique Internationale, n. 94, inverno 2002, pp. 425-440 e J.P Béjà, F. Cini, “Hong Kong en liberté surveillée (suite)”, Politique Internationale n. 106, inverno 2004-2005, pp. 419-456.
12 La Democratic Alliance for the Betterment of Hong Kong (detta Dab, ora Democratic Alliance for the Betterment and Progress of Hong Kong), http://www.dab.org.hk/en/index.jsp  .
13 Il Democratic Party (Dp), il cui fondatore e personaggio più in vista, l’avvocato Martin Lee si è ritirato quest’anno per ragioni di età è considerato il partito più vecchio di Hong Kong. Martin Lee, già deputato della circoscrizione professionale dei giuristi, aveva fondato infatti nel 1990 l’United Democrats of Hong Kong, unione delle varie organizzazioni nate a sostegno del movimento di Tian’anmen. J.P. Béjà, “La démocratisation impossible?”, op. cit. e il sito ufficiale del Dp http://www.dphk.org/e_site/index_e.htm  .
14 I partiti politici non sono entità legali a Hong Kong, però oggi si considerano tali una decina di formazioni. Sull’evoluzione della popolarità dei partiti, vedi i sondaggi del Public Opinion Programme (Pop), University of Hong Kong, http://hkupop.hku.hk/  .
15 Patten, op.cit., pp. 56-61.
16 G. Henry, Chroniques Hongkongaises, Ginevra, Editions Zoe, 2008, pp. 65-68 e D. Brown, J. Robinson, op.cit.
17 La Basic law stipula che la prima legislatura deve durare due anni, cap. IV, sez. 3, art. 69, op.cit.
18 De Golier, op.cit.
19 J.P. Béjà, F. Cini, “Hong Kong en liberté surveillée”, op.cit. p. 425. Ogni anno a Hong Kong ha luogo una veglia per i morti del 4 giugno 1989 e il 1 luglio, festa nazionale, si svolge una manifestazione in favore della democrazia e del suffragio universale. Entrambe queste manifestazioni riuniscono ancora decine di migliaia di persone.
20 L’8% della popolazione, come se in Italia scendessero in piazza 5 milioni di persone.
21 J.P. Béjà, F. Cini, “Hong Kong en liberté surveillée (suite) ”, op.cit., http://www.politiqueinternationale.com/revue/article.php?id_revue=20&id=82&content=synopsis  .
22 Ibid., nota 34.
23 Prime elezioni in cui la metà dei seggi è eletta direttamente dalle circoscrizioni geografiche e la metà dalle circoscrizioni professionali. Nelle precedenti elezioni una parte dei seggi era nominata da un comitato elettorale. Per un’analisi delle elezioni del 2004 vedi anche Ma Ngok, “Democracy at a Stalemate”, China Perspectives, n. 57, gennaio-febbraio 2005, pp. 40-49.
24 Risultati completi disponibili sul sito del governo di Hong Kong, http://www.elections.gov.hk/elections/legco2004/eindex.html  . Per l’analisi delle elezioni vedi J.P. Béjà, F. Cini, “Hong Kong en liberté surveillée”, op.cit.
25 Ai deputati democratici era negato fino ad allora il visto per la Cina continentale. “Pro-democracy members of Hong Kong’s legislature are continuing an unprecedented visit to China”, BBC News, internet ed., 26.9.05.
26 “People’s Daily hails legislature’s decision on Hksar constitutional development”, People’s Daily, internet ed., 30.1.07.
27 C. Yeung, “A time for change”, South China Morning Post, internet ed. (SCMP), 16.8.08. Anche i sondaggi confermano questa opinione. Vedi Eva Wu, “Suffrage a low priority for voters”, SCMP, 15.8.08.
28 J.P. Béjà, “Une victoire pour rien”, op.cit.; J.Y.S. Cheng, “The Pro-democracy movement: a lost decade”, China Perspectives, n. 2, 2007, pp. 14-27.
29 Finiti gli attacchi della Dab contro il Pd accusato di essere “anti-cinese” e di “portare il caos a Hong Kong”. Viceversa i democratici, che chiamavano la Dab “partito pro-Pechino”, quest’anno si limitano a parlare di “fazione pro-establishment”. Per un’analisi più approfondita vedi C. Yeung, “What a difference four years can make at the ballot box”, SCMP, 6.9.08 e Yao Chui-Yan, “A campaign short on sex and money”, SCMP, 7.9.08.
30 Yau Chui-Yan, Daniel Sin, “The exit poll as an election tactic”, SCMP, 7.9.08.
31 La Basic law prevede che ogni modifica costituzionale deve essere approvata con la maggioranza di due terzi del Legco prima di essere presentata al Comitato permanente della Anp per approvazione finale, cap. VIII, art. 159, op.cit.
32 “It had been widely believed, even by the leaders of the pro-democracy camp, that pro-Beijing candidates would sweep the board, the Democratic Party would be reduced to a minor role, the Civic Party would assume leadership of the anti-Beijing forces, and the enigmatic ‘Long Hair’ Leung Kwok-hung and his newlyformed League of Social Democrats would be history. The new reality: slight numerical improvement for the pro-Beijing sector, slight losses for the Democratic and Civic parties but big gains for the League of Social Democrats (Lsd). Previously they had two seats, now they have three, and all three were won with handsome majorities”. Passaggio tratto da “Hong Kong sharp shift to the left”, China Worker, internet ed., 14.9.08.
33La partecipazione al voto nel 1998 è stata del 53,9%, nel 2000 di 43,57%, nel 2004 del 55,63 % e nel 2008 del 45,2%. Il campo democratico si è sempre mantenuto sul 60%: 60,5% nel 2000, 61,9% nel 2004 e 58,1% nel 2008. Il campo pro-Pechino registra una lenta progressione che lo avvicina al 40%: 34,4% nel 2000, 37,2% nel 2004 e 39% nel 2008, SCMP, 9.9.08, sito del governo di Hong Kong, op.cit.
34 I 30 seggi eletti dalle circoscrizioni geografiche sono contestati da 142 candidati mentre 59 candidati sono in lizza per i 30 seggi delle circoscrizioni professionali. In 14 di queste circoscrizioni il candidato è unico. Nel 2004 i candidati in lizza per le circoscrizioni geografiche erano 88 e per le professionali 72 di cui 11 incontestati. Alcuni osservatori spiegano l’aumento di candidati con la personalizzazione delle elezioni, ci sembra però anche probabile uno slittamento di interesse verso le elezioni dirette a scapito delle circoscrizioni professionali destinate a scomparire.
35 La polemica sull’appartenenza o meno di Tsang al Pcc, partito non registrato a Hong Kong, da luogo a diverse e inquietanti supposizioni. I sostenitori dell’integrità di Tsang chiedono di giudicarlo sul suo operato, mentre coloro che hanno la quasi certezza che sia membro del Pcc denunciano velatamente la manipolazione del Legco da parte di Pechino.
36 Associazione formata da un gruppo di avvocati per lottare contro il progetto di legge anti-sovversione e scioltasi nel 2006 per creare il Civic Party dopo il ritiro del progetto da parte del governo.
37 Definito da Patten (op. cit., p. 58), “the erroneously named Liberal Party (which was in effect the ‘colonial’ party for Britain and became the ‘colonial’ party for China)”.
38 “You are either with the public interest or with narrow functional constituency interests. Their only chance of survival is to change the party line and support the abolition of functional constituencies as soon as possible, to pave the way for universal suffrage”. A. Cheng, “What conspiracy?”, SCMP, 27.9.08 
39 Questi avvenimenti accadono nel momento in cui si scrive.
40 Soprannome di Leung Kwok-hung dovuto alla promessa di non tagliarsi i capelli fino alla riabilitazione del movimento di Tian’anmen.
41 “I am still convinced I have a unique role to play in bridging the political divide in society between the pan-democratic force and the pro-Beijing, pro-government camp” in C. Yeung, “A time for change”, op.cit.
42 La storia politica di Mad Dog è simile a quella di Albert Cheng, eletto deputato nel 2004, che non si è ripresentato quest’anno. Si veda J.P. Béja, F. Cini, “Hong Kong en liberté surveillée”, op.cit. e http://www.politiqueinternationale.com/revue/article.php?id_revue=20&id=82&content=synopsis  .
43 “Political scientist Ma Ngok, of Chinese University, predicted that the government would face more pressure on controversial livelihood issues such as legislation on a minimum wage and a competition law, as the FTU and the League of Social Democrats, both representing grass-roots voices, had a bigger say in the legislature”. “Unionists strengthen hand with extra seat”, SCMP, 9.9.08. Sulla difficoltà a legiferare vedi anche “Lessons to be learned from election results”, SCMP, 9.9.08.
44 “Bad day for business”, The Economist, internet ed., 11.9.08.
45 “Hong Kong sharp shift to the left”, China Worker, internet ed., 14.9.08.
46 Presidente uscente del Legco e indipendente pro-Pechino. Interessante la sua teoria secondo la quale l’importante presenza femminile in politica è dovuta al fatto che si guadagna poco e quindi è un lavoro da “casalinghe come me”! Intervista a F. Cini, settembre 2004.
47 L’elezione di Regina Ip con un margine così ampio di voti pone la questione del la memoria o apporta un ulteriore elemento alla tesi della polarizzazione. Membro del governo di Tung Chee-hwa propose e difese la legge anti-sovversione e fu costretta alle dimissioni nel giugno 2003 anche in seguito a una frase infelice in cui paragonava la democrazia al regime hitleriano. Riapparsa nel 2007, fu battuta da Anson Chan nell’elezione parziale del 2007 per un seggio vacante del Legco.
48 Frontier aveva 74.000 voti nel 2004 ma un solo seggio. Nel 2008 Emily Lau da sola ne ottiene 33.000.
49 Nel 2004 i democratici speravano di ottenere la maggioranza dei seggi (31). L’averne guadagnati 25 è stata vissuta come una sconfitta, nonostante il numero record di voti ottenuto. Al contrario quest’anno, temendo di non raggiungere nemmeno il terzo dei seggi (21), averne conquistati 23 è stata considerata una grande vittoria.
50 Yau Chui-Yan, D. Sin, op.cit.
51 “Lessons to be learned from election results”, op.cit.
52 Dopo la mobilitazione per il terremoto del Sichuan e le Olimpiadi, compresa la visita di 31 campioni olimpici a Hong Kong una settimana prima delle elezioni, la propaganda nazionalista di Pechino continua con la prima passeggiata nello spazio. Meno sensazionale e più tradizionalmente maoista la campagna di spot diffusa sui teleschermi affissi negli autobus hongkonghesi. L’inno nazionale e la bandiera rossa aprono la celebrazione del 1°ottobre già due giorni prima della festa nazionale. Manifesti con Tian’anmen e la scritta “Auguri per i 59 anni della Rpc” hanno sostituito su tutti i pali della luce e sui lungomari quelle delle Olimpiadi.
53 C. Yeung, “Don’t bank on universal suffrage by 2017”, SCMP, 29.9.08.
54 Gioco di parole in inglese tra “Government becomes the election issue” e “election with no issue”. Traduzione di F. Cini da C. Yeung, “Government becomes the election issue”, SCMP, 30.9.08.
55 Durante la campagna elettorale lo scandalo che ha coinvolto un alto funzionario assunto nel settore immobiliare ha provocato un calo della popolarità del capo dell’esecutivo che ha reagito istituendo un Comitato imparziale di cui ha chiamato a far parte Audrey Eu del Civic Party e Albert Ho del Partito democratico. Anson Chan dal canto suo lo incoraggia addirittura a chiamare i democratici a far parte del governo. Cfr. SCMP, 8.10.08.
56 Per lo meno fino all’ottobre 2008 in cui la crisi finanziaria sembra far riflettere gli Stati Uniti.
57 M. E. De Golyer, “The business city revolts against business”, Hong Kong Journal, internet ed., ottobre 2008.
58 Vedi la difesa di questa teoria in C. Patten, op. cit.
59 Vedi Basic law, op. cit., cap. IV, sez. 3.
60 Si discute se il presidente deve o meno votare e se può rimanere membro del partito a cui è affiliato. V. Gary Cheung, “Favourite for Legco precidency vows to retain Dab affiliation”, SCMP, 25.9.08 e Ambrose Leung, Eva Wu, “Democrat eyes Legco precidency”, SCMP, 27.9.08. Per esempio in Francia e in Italia i presidenti delle assemblee parlamentari non rinunciano al proprio partito. Non siamo riusciti a sapere se votino o meno durante le sessioni mentre in Inghilterra sono obbligati ad astenersi e a rinunciare alla loro affiliazione politica. Il precedente presidente del Legco, Rita Fan, aveva adottato la pratica inglese. F. Ching, “Rita Fan neutrality will be hard to equal”, SCMP, 30.9.08.
61 Yau e Sin, op.cit.
62 Ma Ngok, professore associato del Dipartimento di governo e pubblica amministrazione della Chinese University, “Turnout fails to seriously dent pan-democrats”, SCMP, 9.9.08, traduzione di F. Cini.

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