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FICTION FUORI CONCORSO

YI ZHI HUA NAENIU (The Black And White Milk Cow) di Yang Jin, Cina, 2004, 98’

Alla morte del padre, Jinsheng deve abbandonare gli studi per occuparsi della bisnonna. Torna nel suo piccolo villaggio sulle montagne nella regione di Yangjiangou, dove lo zio, il capovillaggio, gli chiede di sostituire l’anziano insegnante della scuola. Ma Yangjiagou è una regione povera, la scuola è in rovina, le autorità non hanno altro che una mucca da latte da offrire al giovane come stipendio. Jinsheng comunque non si scoraggia. Utilizza il denaro ricavato dalla vendita del latte per comprare nuovi banchi e sedie per la scuola.

Yang Jin
E’ uno studente del College of Art and Communication all'Università Normale di Pechino. Ha girato i seguenti documentari: The Man of Dream (2002), The Villagers (2003), Not About Blindly Date (2004). The Black and White Milk Cow, il suo primo lungometraggio, ha ricevuto l’Ecumenical Jury Award, il Don Quixote Prize dell’International Federation of Film Societies (19th Fribourg International Film Festival), il Network For The Promotion Of Asian Cinema (NETPAC).

XING XING XIANG XI XI (Star Appeal) di Cui Zi'en, Cina, 2004, 86’

ET arriva da Marte sulla Terra. Qui viene portato a casa da Xiao Bo, che se ne prende cura e gli mostra con entusiasmo com’è la Terra. La ragazza di Xiao Bo, non riuscendo a distrarlo da ET, decide di vendicarsi tentando di avere con l’extraterrestre un figlio metà terrestre metà marziano. Ma ET perde conoscenza e viene risvegliato da Xiao Bo che è venuto in suo soccorso. ET, che vive esclusivamente di luce solare e non ha bisogno né di cibo né d’acqua, inizia a sperimentare vari aspetti della vita sulla Terra, impara quali siano i limiti fisici degli umani ed anche cosa sia l’amore. Prima di ripartire per Marte ET, sfruttando la massima espressione umana dell’amore, fa l’amore con Xiao Bo. Il giovane, poco tempo dopo, essendo stato “infettato” da una qualità marziana durante il rapporto con ET, torna sul luogo dove l’aveva incontrato la prima volta e scopre come raggiungere Marte.

Cui Zi'en
Cui Zi'en è regista e scrittore. Ha pubblicato dieci romanzi in Cina Continentale, Hong Kong e USA. Inizia dirigendo i cortometraggi Mass (2001) e The Positive and Negative Parties of Public Toilet (2001), per poi dedicarsi ai lungometraggi con Jiu Yue (Il vecchio testamento, 2002), Enter the Clowns (2002) presentato alla quarta edizione di Asiaticafilmmediale, Feeding Boys, Ayaya (2003).

SANTA SANTITA' (Magdalena, The Unholy Saint) di Laurice Guillen, Filippine, 2004, 108’

Malen è la figlia di Chayong, una donna che accoglie richieste di preghiera da anime disperate in cambio di offerte. Testarda e ostinata, Malen, non ascolta nessuno e fa solo ciò che vuole, a costo di andare contro il volere della madre. Inizia a frequentare Mike, un affascinante e scaltro autista turistico. Chayong, gravemente debilitata, muore di crepacuore. Malen non ha altra scelta che intraprendere il lavoro della madre. E sempre più gente si affida alle sue preghiere. Si sparge la voce del potere di Malen, la quale può guarire le persone e riesce finalmente a perdonare se stessa per i peccati e gli errori commessi nei confronti della madre. Ma deve ora affrontare la prova più grande: il figlio di Mike, da tempo gravemente malato, muore. Sarà Malen in grado di riportarlo in vita? Dio accoglierà la sua preghiera?

Laurice Guillen
Oltre che una delle migliori attrici del cinema filippino di tutti i tempi, Laurice Guillen è anche una delle più grandi registe del paese. Il leggendario cineasta Lino Brocka l’ha definita “la Jeanne Moreau filippina”. E’ apparsa in 26 film, vincendo numerosi premi come attrice cinematografica, teatrale e televisiva. E’ la principale regista emersa dalla nuova ondata filippina degli anni ’70. Nel 1981 e nel 1990 è stata insignita del titolo di migliore regista per Salome e Kapag Langit ang Humatol. Salome è considerato uno dei migliori film filippini di tutti i tempi. Nel 2001 Tanging Yaman, un blockbuster che celebra i valori della famiglia filippina, è valso alla regista ben 9 premi al Metro Manila Film Festival.

CHI TO ONE (Blood And Bones) di Yoichi Sai, Giappone, 2004, 144’

Nel 1923 Kim Shun-pei lascia Cheju, una sperduta isola nell’estremo Sud della Corea, per Osaka, in Giappone, sognando di fare fortuna nella nuova terra. La vita in Giappone si rivela però piena di discriminazione, brutalità e dure fatiche. Puntando sulla sua forza fisica, la sua furbizia e la sua crudeltà, Shun-pei supera gli ostacoli e apre una fabbrica di kamaboko (torta di pesce al vapore) che in breve ottiene grande successo portandogli la fortuna tanto agognata. Ma la smisurata ossessione per il denaro trasformerà Shun-pei in uno spietato usuraio. Il film mostra l’intrepido ritratto di un uomo profondamente legato al suo ego e alle sue ossessioni e la rete di scompiglio in cui sua moglie, la sua amante, i suoi figli e parenti si ritrovano coinvolti a causa delle sue scelte e della sua natura brutale e violenta. Il film è basato su una storia vera di Yan Sogiru. Beat Takeshi interpreta in un ruolo incisivo l’epica ascesa e caduta di un coreano della prima generazione.

Yoichi Sai
Nato a Nagano nel 1949, ha iniziato la sua carriera come aiuto regista di Nagisa Oshima e Toru Murakawa. Il suo film d’esordio alla regia, Jukkai no mosquito (1983), ha ricevuto il Best Newcomer Award al Mainichi film Competition ed ha partecipato al Festival di Venezia. Dopo aver portato a termine vari progetti cinematografici per Kadokawa Pictures e per la TV, ha girato Tsuki ha docchi ni deteiru (Tutto sotto la luna) (1993) ed ha conquistato la fama, vincendo poi 53 premi nazionali, tra cui l’Hochi Film Award ed il Nikkan Sports Film Award. Tra i suoi lavori più recenti: Keimusho no naka (2002), e Quill (2004), che ha ottenuto grande successo di pubblico. A Yoichi Sai Asiaticafilmmediale ha dedicato una retrospettiva nella quinta edizione.

YAMANAKA TOKIWA (Into The Picture Scroll -The Tale Of Yamanaka Tokiwa) di Haneda Sumiko, Giappone, 2004, 102’

Il film presenta il rotolo dipinto Yamanaka Tokiwa che si dice sia opera di Iwasa Matabei, artista vissuto tra XVI e XVII secolo. Il rotolo narra la storia, allora famosa nel teatro dei burattini, in una famiglia di samurai, di Ushiwaka-maru e sua madre, Lady Tokiwa. Ushiwaka-maru è il nome infantile dell’eroe del XII secolo Minamoto Yoshitune, uno dei più amati personaggi storici in Giappone. Il film fa rivivere il mondo del rotolo dipinto Yamanaka Tokiwa attraverso immagini e parole, con la musica joruri (ballata con accompagnamento strumentale di shamisen) appositamente composta per il film. Lady Tokiwa parte da Kyoto per far visita al figlio che vive nel nord del Giappone. Sulla strada viene crudelmente aggredita ed uccisa dai banditi nella città di Yamanaka. Il fantasma pieno di risentimento di Lady Tokiwa appare allora al figlio che, appresa la tragica fine della madre, stermina l’intera banda per vendicarla.

Haneda Sumiko
E’ nata in Cina nel 1926. Nel 1957 dirige il suo primo film, Women’s College in the Village. Ha diretto più di 90 documentari ed un gran numero di film didattici, scientifici e industriali. Tra i suoi lavori: Ancient Beauty (1958), Fuzoku-ga (1967), Cabbage Butterflies (1968), Kyogen (1968), The Cherry Tree with Gray Blossoms (1977), Ode to Mt. Hayachine (1982), Music, The Charm of Kabuki e Akiko, A Portrait of a Dancer (1985), How to Care for the Senile (1986), Kabuki Actor Nizaemon Kataoka (1992), Women’s Testimony — Pioneer Women in Labor Movements (1996), In the Beginning Woman Was the Sun, True to Her Own Self — The Life of Hiratsuka Raicho (2001). I suoi lavori hanno ricevuto molti importanti premi in Giappone.

RINDU KAMI PADAMU (Of Love And Eggs) di Garin Nugroho, Indonesia, 2004, 90’

Ambientato in un piccolo mercato di Jakarta circondato da grattacieli, il film esplora le vite e i problemi di tre bambini. Al centro della storia c’è la moschea locale dove insegna Bagja, a cui tutti ricorrono quando hanno bisogno di consigli. Rindu è stata separata dal fratello, che lavora alla costruzione della cupola della moschea: sebbene ami il disegno, la bambina si rifiuta di disegnare la cupola della moschea finché non potrà riunirsi con il fratello. La migliore amica di Rindu è Asih, la cui madre ha lasciato suo padre: quando prega nella moschea la bambina srotola accanto a sé anche il tappeto della madre perché è certa che un giorno tornerà a casa. L’orfano Bimo che vive con il fratello maggiore, venditore d’uova al mercato, nutre un grande affetto per Cantik, una donna che è per lui un surrogato della madre. Uno ad uno, i protagonisti troveranno l’amore che cercano.

Garin Nugroho
Garin Nugroho fa il suo debutto internazionale al Festival di Berlino 1994 con Letter for an Angel, quando l’Indonesia è al centro di una crisi decennale cominciata nel 1990, affermandosi come unico autore d’avanguardia del cinema indonesiano. I suoi film partecipano a festival come quelli di Berlino, Cannes e Tokyo. Tra i suoi lavori ricordiamo Letter to an Angel (1993), And the Moon Dances (1995), vincitore del premio Fipresci e del premio Netpac nel 1995 sempre a Berlino, e Leaf on a Pillow (1997), premio “Un Certain Regard” nel 1998 al Festival di Cannes. A Garin Nugroho Asiaticafilmmediale ha dedicato una retrospettiva nella quarta edizione.

SEX AND PHILOSOPHY di Mohsen Makhmalbaf, Tagikistan/Francia, 2005, 102’

Il giorno del suo quarantesimo compleanno, un uomo progetta una rivolta contro se stesso. Telefona alle sue quattro amanti ed organizza un incontro nella sua scuola di danza. Le donne, scoprendo di aver condiviso l’affetto dello stesso uomo, rimangono sconvolte. L’uomo cerca di spiegare il suo comportamento. Si è reso conto che per ognuno di noi il tempo è limitato. La totale onestà è l’unica risposta. Uno ad uno riviviamo gli inizi delle quattro storie. L’uomo e le sue amanti discutono di passione, possesso, tempo; di come l’amore sbocci anche dal seme più piccolo. L’uomo dà a ciascuna delle donne un cronografo come regalo d’addio, chiedendo loro di misurare ogni minuto di vero amore che vivranno da quel momento in poi. Più tardi, una delle donne lo invita a casa sua, dove l’uomo trova la situazione rovesciata: lui è uno dei quattro amanti della donna. Incapaci di gestire la nuova situazione, i quattro uomini discutono e vanno via. L’uomo rimane solo…

Mohsen Makhmalbaf
Nato in una famiglia povera di Tehran, inizia a sostenere la madre single dall’età di 8 anni, facendo lavori di vario tipo. A 15 anni forma un gruppo clandestino di milizia islamica e a 17 viene ferito e arrestato. L’incarcerazione, durata 4 anni e mezzo, lo aiuta ad istruirsi e lo porta ad allontanarsi dalla politica concentrandosi sulla letteratura e le arti, soprattutto il cinema. Diventa scrittore e cineasta nell’Iran post-rivoluzionario. Ha scritto romanzi, racconti, sceneggiature pubblicando 27 libri in Farsi, alcuni dei quali tradotti in molte lingue. Ha scritto, diretto, montato ed in molti casi anche prodotto 18 lungometraggi e 6 cortometraggi. Ha partecipato a molti festival cinematografici internazionali vincendo un gran numero di premi. Makhmalbaf è anche il soggetto di numerosi film e libri. Molti dei suoi lavori sono stati censurati in Iran. Tra i suoi film più noti, Ritorno a Kandahar, Pane e fiore, Il ciclista, L’ambulante.

UPAYA di Romina Power, Italia, 2005, 30’

“Upaya” è una parola in Sanscrito, significa “il mezzo”, quando una cosa viene fatta con un diverso intento in mente. Come succede ad Hans, un ragazzo che lavora in un ospedale in Germania. Un paziente in fin di vita gli dà una lettera, facendogli promettere di consegnarla personalmente ad un suo parente che vive a Varanasi, in India… Dal monastero incastonato tra le montagne dell’Himalaya, Hans ripercorre il suo approccio con il misterioso continente. Ricorda e racconta il suo viaggio, la ricerca, la trasformazione, e ciò che ha portato al suo risveglio spirituale.

Romina Power
Romina Power, nata a Los Angeles, California, ha vissuto la maggior parte della sua vita in Italia. Romina ha debuttato nel cinema come attrice a 13 anni ed ha girato 14 film nell’arco di 3 anni, principalmente musicali. Per 25 anni circa ha intrapreso una carriera canora, portando avanti parallelamente la sua pittura e la sua passione per la scrittura(Cercando mio padre, Gremese 1989, Ho sognato Don Chisciotte, Bompiani 2000, Racconto e Diario di Upaya, Fazi editore 2005). Ha lavorato in TV sia come attrice che come conduttrice. Ha interpretato sulla scena I monologhi della vagina di Eve Ensler (2000-2003). Romina fa il suo debutto alla regia con Upaya, scritto, diretto e prodotto da lei.

SARATAN (A Kyrghyz Summer) di Ernest Abdyshaparov, Kirghizistan/Germania, 2004, 84’

Lo scontento regna in un villaggio del Kyrghyzistan: il denaro non circola come si vorrebbe, ognuno cerca di mandare avanti i propri affari, se necessario di nascosto, il comunismo raccoglie ancora adesioni. Intanto il ladro di bestiame Taschmat è in azione, ricercato da Salamat, poliziotto del villaggio. La speranza degli abitanti nell’avvento di tempi migliori è debole, e lo è anche la fiducia in un Dio giusto. Più che ad Allah o Jehova tutti preferiscono dedicarsi alle gioie terrene. C’è chi riesce a trarre profitto dalla situazione e chi invece non ne ricava nulla. Quando Taschmat viene catturato, il tessuto sociale della comunità viene messo alla prova e l’amministratore cerca di tenere unito il villaggio. Le tragicomiche vicende trattano di politica e religione, tradizione e modernità, orgoglio e onore – una parabola sui “buoni vecchi tempi” e la fiducia nel futuro.

Ernest Abdyshaparov
Nato a Bishkek in Kirghizistan nel 1961, ha studiato all’Istituto di Lingua e Cultura Russa lavorando poi come insegnante per cinque anni. Nel 1988 entra come production manager e location manager al Kyrgyzfilm Studios, lavorando contemporaneamente alla rivista cinematografica satirica “Korogoch”. Dal 1993 lavora come montatore e aiuto-regista. Saratan segna il suo debutto alla regia.

THREE TIMES di Hou Hsiao Hsien, Taiwan, 2005, 130’

Three Times evoca tre momenti di euforia persi per sempre nelle pieghe del tempo. Tre periodi diversi a Taiwan, con gli stessi attori in tre ruoli diversi. Anno 1966: Una “ragazza da biliardo” ed un giovane soldato si incontrano una volta e poi lottano per ritrovarsi. Alla fine trascorrono insieme dei momenti rubati in una bella, calda serata. Anno 1911: Durante l’occupazione giapponese di Taiwan un uomo rispettabile conquista con la sua gentilezza l’ammirazione di una cortigiana, ma a causa dei suoi moderni princìpi non può farla diventare la sua concubina. Invia da Shangai una lettera che esprime il suo dispiacere ed il suo amore inappagato. Anno 2005: Sotto la minaccia della guerra con la Cina, Taiwan è destabilizzata. Una giovane donna bisessuale viene coinvolta in una folle triplice relazione amorosa.

Hou Hsiao-Hsien
Nato nel 1947 nella provincia di Guangdong in Cina, è cresciuto a Taiwan, dove nel 1972 si è laureato in regia all’Accademia Nazionale delle Arti. E’ regista, attore, produttore. Nel 1985 ha diretto il film A Time to Live, A Time to Die che ha vinto il Premio Internazionale della Critica al Festival di Berlino. Tra i suoi altri lavori: Dust in the Wind (1987), City of Sadness (1989) vincitore del Leone d’Oro al Festival di Venezia, The Puppetmaster (1993) vincitore ex-aequo del Premio della Giuria al Festival di Cannes, Good Men, Good Women (1995), Goodbye South, Goodbye (1996), Flowers of Shanghai (1998), Millennium Mambo (2001), presentato nella seconda edizione di Asiaticafilmmediale, Café Lumière (2004). Hou Hsiao-Hsien è stato eletto miglior regista degli anni 90 dall’International Society of Cinémathèques.

 

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