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DOCUMENTARI FUORI CONCORSO

BRIDE KIDNAPPING IN KYRGYZSTAN di Petr Lom, Canada/ Kirghizstan, 2004, 51’

Il primo film mai realizzato che documenta l’antica usanza del rapimento della sposa in Kirghizistan. Quando un uomo kirghizo decide di sposarsi, spesso rapisce la donna che ha scelto. Di solito raccoglie parecchi amici, noleggia una macchina, sorveglia i movimenti della futura sposa e la rapisce in strada. La donna è portata nella casa dello sposo. Più tardi viene inviata una delegazione alla famiglia di lei per informarla del rapimento. La donna viene trattenuta finché qualcuno della sua famiglia non venga a decidere se il rapitore potrà sposarla. Il livello di consenso e familiarità della sposa con lo sposo varia. A volte i rapimenti sono consensuali –la ragazza è fidanzata con il ragazzo ed acconsente al rapimento che in questo caso è solo un rituale giocoso. In molti altri casi invece la donna non vuole sposare il rapitore, o addirittura non l’ha mai visto prima. Studi recenti stimano che attualmente circa la metà di tutti i matrimoni in Kirghizistan vengono condotti tramite il rapimento e che in metà di questi casi la donna è forzata a sposarsi. Questo documentario segue le storie drammatiche di quattro rapimenti non consensuali.

Petr Lom
Petr Lom è nato a Praga, in Cecoslovacchia nel 1968. E’ cresciuto in Canada ed ha conseguito un Ph.D. in Filosofia Politica ad Harvard nel 1997. Ha insegnato in varie università europee, ha scritto un tedioso testo accademico sullo scetticismo e tradotto un bel libro di filosofia ceca. Ha terminato la sua carriera universitaria nel 2004 per intraprendere a tempo pieno l’attività di filmmaker documentarista. Bride Kidnapping in Kyrgyzstan è il suo primo film.

TALKING WRITING di Pushan Kripalani, India, 2004, 54’

Un documentario molto personale che tenta di esplorare la speciale relazione di Mahasweta Devi con le vite che popolano i suoi scritti e con le persone che alimentano il suo attivismo, e come questo straordinario arazzo vivente formi il terreno delle sue opere. In una serie di conversazioni con il suo editore ed amico Naveen Kishore, Mahasweta rievoca la sua vita in un documentario intessuto dentro e fuori la sua storia:giovane scrittrice che cerca di farsi strada in un mondo editoriale dominato dagli uomini, la sua crescita come moglie e come madre, il rapporto con il figlio. La storia di una nazione alle prese con la lotta per la libertà contro la schiavitù, la scelta di opporsi attivamente all’ingiustizia, di registrare attraverso la sua professione di giornalista e narratrice la vita disumana dei tribali per i quali ha combattuto tutta la vita, e di ricordare la militanza a fianco della sinistra…

Pushan Kripalani
Pushan Kripalani ha un diploma di arte in Letteratura Inglese conseguito al St. Xavier’ College di Bombay ed ha conseguito un Master in Cinematografia all’Università di Bristol. Si è avvicinato alla regia teatrale durante il college e molti anni dopo ha fondato l’Industrial Theatre Co. Si è poi innamorato del cinema. Di recente, ha iniziato a dirigere documentari.

BEHESHT ZAHRA (Mothers Of Martyrs) di Mehran Tamadon, Iran, 2004, 47’

A Behesh Zahra, il grande cimitero di Tehran con oltre 800.000 tombe, c’è un’area riservata ai martiri della guerra Iran – Iraq. Sono molte le donne che vengono qui una o due volte la settimana per visitare le tombe dei loro figli, giovani volontari morti per il loro paese o per l’Islam. Alcune di queste donne vengono ogni settimana da più di vent’anni. Questo film ritrae le vite di queste madri nel cimitero. Si ritrovano, chiacchierano, cucinano, pregano, piangono, si riposano. E’ così che trascorrono l’intera giornata del giovedì. Il film riesce a parlare della vita senza mai lasciare il cimitero e rappresenta così il paradosso di come un luogo di morte possa diventare un luogo di vita, animato da un gran numero di persone, essenzialmente donne e madri, esse stesse simbolo di nascita e vita.

Mehran Tamadon
Ha studiato Architettura e nel 2000 – 2002 ha ideato e realizzato dei progetti architettonici a Tehran e nei suoi sobborghi. Nel 2003 ha realizzato la scenografia per una pièce teatrale presentata al Fajr National Festival. Nel 2004 ha pubblicato due libri presso la casa di edizioni Mahriz di Tehran; sempre nel 2004 ha prodotto e diretto il documentario Behesht Zahra – Mothers of Martyrs.

LETTERS FROM IRAN di Nezam Manouchehri, Iran, 2004, 33’

Il film coglie alcuni aspetti della vita a Tehran dal punto di vista di un iraniano di classe medio-alta ed istruzione occidentale che torna in Iran dall’America subito dopo la guerra. Dopo oltre vent’anni dalla rivoluzione, l’Iran è ancora un mistero per gli outsider come anche per molti Iraniani che hanno lasciato il paese. Tema nodale è quello del ritorno e del contrasto tra “qui” e “lì”. Le lettere scritte ad un amico in America costituiscono la narrazione che accompagna le immagini della vita intima e sociale del protagonista. Sebbene non politico di per sé, il film tocca anche questioni di attualità come le ultime elezioni, il sistema d’istruzione ed anche i vizi innocenti quale il noleggio di video ed il possesso di un’antenna satellitare. Nel film ci sono anche riferimenti al passato dell’Iran, alla distruzione del vecchio e l’emergere del nuovo.

Nezam Manouchehri
E’ regista, scrittore e attore. Ha recitato in numerosi film iraniani tra cui il premiato Deserted Station, attualmente sugli schermi americani. Il film Letters from Iran (2004), un documentario di 30 minuti da lui scritto, prodotto e diretto, in anteprima al CCCB di Barcellona, ha avuto critiche magnifiche sul quotidiano El Pais e verrà mostrato in première ufficiale mondiale al Festival di Los Angeles 2005.

A MESSAGE FROM INDIAN WOMEN di Paolo Guglielmo Sulpasso, Italia, 2005, 22’

A Message from Indian Women è composto da tredici messaggi filmati in India e in Italia tra maggio e settembre del 2005. Le protagoniste sono donne indiane che pur occupandosi di attività differenti hanno in comune un forte impegno sociale: Mahasweta Devi (scrittrice, attivista), Vandana Shiva (fisica, ecologista, attivista), Nandita Das (attrice, attivista), Vrinda Dar (economista, impegnata in progetti di sviluppo sostenibile), Amala Shankar (ballerina, pittrice). Sono messaggi che spingono ad agire: un’azione quotidiana ispirata a valori di rispetto, solidarietà, creatività e libertà. Un’azione quotidiana volta a un cambiamento che deve necessariamente partire da noi stessi per poter estendersi a un livello globale. I tredici messaggi costituiscono la prima produzione di un progetto finalizzato a portare alla luce i valori fondanti dei “grassroots movements” (movimenti dal basso) in India.

Paolo Guglielmo Sulpasso
Nato a Milano nel 1975. Part time operatore sociale, part time cameramen, è un fortunato testimone della schizofrenia del mondo. Dopo essersi perduto per alcuni anni negli uffici di organizzazioni internazionali ha infine scoperto la via del documentario mentre lavorava come operatore sociale all’ostello della Caritas. Da allora ha maturato esperienza di cameramen su set pubblicitari e facendo riprese di spettacoli teatrali. Nel 2004 si è avvicinato alla regia con due cortometraggi: via Marsala 109 e Kanimambo. Attualmente, sta realizzando un documentario sull’artista Remo Remotti.

DEACON OF DEATH - LOOKING FOR JUSTICE IN TODAY'S CAMBODIA di Jan van den Berg, Paesi Bassi, 2004, 64’

Il film segue Sok Chea, una donna in cerca di giustizia. Le atrocità di cui è stata testimone da bambina durante il regime di Pol Pot continuano a tormentarla a quasi trent’anni di distanza. Un giorno si imbatte in Mr. Karoby, l’uomo incaricato della sua prigionia e che lei considera responsabile dell’uccisione dei suoi familiari. Egli detiene ancora una posizione di rilievo: dirige le cerimonie di cremazione. Sok Chea scopre che l’uomo non sarà processato, sente allora la necessità di superare la paura e fare i conti con il passato. Come può Mr. Karoby far fronte ai tremendi ricordi di ciò che ha commesso? E’ lui il vero responsabile? Chi è vittima e chi carnefice? La riconciliazione è possibile senza giustizia? E’ sufficiente per i cambogiani credere nel karma e nel perdono? Sok Chea giunge infine ad un confronto con Mr. Karoby nella stessa pagoda dove erano avvenute le atrocità.

Jan van den Berg
Inizia a girare documentari nei primi anni Settanta, alla luce della sua formazione in antropologia culturale (Utrecht e Leiden). La ricerca di nuove forme drammatiche diventa poi una parte sempre più importante del suo lavoro. I suoi film trattano soprattutto di persone al confine tra culture. Ha prodotto e diretto i seguenti film: El abrazo (1990), Bye Jan (1992), Prisoner of Java (1996), Taming the Floods (2000), Seven Dreams of Tibet (2001), Deacon of Death, Looking for Justice in Today’s Cambodia (2004), documentario vincitore del primo premio al Dutch Film Festival nel 2004.

NOORD KOREA, EEN DAG UIT HET LEVEN (North Korea, A Day In The Life) di Pieter Fleury, Paesi Bassi, 2004, 50’

In questo documentario privo di narrazione, la famiglia di Hong Sun Hui, operaia in una fabbrica tessile, ci accompagna in una giornata ordinaria nel paese dell’Amato Leader Kim Jong Il. La gente svolge i suoi compiti in un clima di capillare propaganda. Alla scuola per infermieri la figlia di Hong apprende che “come i fiori hanno bisogno del sole, lei ha bisogno dell’amore del Grande Leader per crescere”. Il sistema di indottrinamento, controllo e autocritica appare spaventoso e ridicolo. Inaspettatamente compare una via di fuga: le lezioni di inglese per il fratello di Hong sembrano portare un barlume di speranza. Ma Internet è ancora solo una parola: significa International Network!

Pieter Fleury
Pieter Fleury è nato nel 1955. Si è diplomato alla Dutch Film Academy nel 1978. Nel 1982 ha fondato la Golden Monkey Enterprises, una compagnia di produzione e distribuzione cinematografica. Ha realizzato circa 55 film, la maggior parte dei quali come regista, alcuni come produttore-regista. Tra i suoi lavori citiamo: Beyond Tokyo (1983), Shanghai, The People’s City (1985), Westpoint (1987), Bella Napoli (1988), Persian Waters (1989), A Leap by Six Frogs (1992), Naked (1994), The Invisible Truth (2000), Ramses (2002).

IN THE SHADOW OF THE PAGODAS: THE OTHER BURMA di Irene Marty, Svizzera, 2004, 74’

Girato in un arco di tempo di oltre quattro anni in Birmania, Thailandia e al confine tra i due paesi, In the Shadow of the Pagodas – The Other Burma è un documentario che mira a informare il pubblico internazionale in merito ad una tematica quasi sconosciuta al di fuori dei confini nazionali thailandesi: il genocidio delle minoranze etniche birmane e quello di cristiani e musulmani. Si stima che un milione di profughi viva attualmente nelle foreste birmane, eppure nessun dettaglio di questa drammatica situazione viene mostrato a chi visita il paese. Ai turisti, guidati attraverso percorsi loro riservati, viene mostrato solo il lato più attraente del paese. Irene Marty e i suoi collaboratori sono riusciti ad entrare in contatto con le armate ribelli birmane ed hanno così avuto la possibilità di raggiungere zone remote mai filmate prima da una cinepresa occidentale.

Irene Marty
Irene Marty è nata in Svizzera nel 1958. Nel 1979, trasferitasi negli Stati Uniti, inizia a lavorare come direttrice di produzione e assistente alla regia per la ZDF, seconda televisione tedesca, per la produzione di documentari negli Stati Uniti e in Asia. Rientrata in Svizzera nel 1985, segue un corso di due anni presso la televisione nazionale svizzera. Nel 1990 fonda la KAIROS-Film e da allora lavora come autrice, regista e produttrice freelance. Nello stesso anno debutta alla regia con il documentario Karibu. Ha da allora scritto e realizzato numerosi documentari, cortometraggi e spot pubblicitari per la televisione nazionale svizzera e per ARTE, coprendo una vasta gamma di tematiche.

KUDUK (The Well) di Toraniyaz Kalimbetov, Uzbekistan, 2004, 26’

Nell’inospitale Karakalpakistan, una repubblica autonoma dell’Uzbekistan, la vita ruota intorno alla scarsa disponibilità d’acqua. Gli abitanti di questa regione sono quotidianamente ostacolati dalle drastiche conseguenze ecologiche dell’evaporazione del Lago Aral. Gli uomini dei villaggi sono regolarmente costretti a cercare con il loro bastone da rabdomante nuove fonti d’acqua sotterranee. Finché non si scava un nuovo pozzo, nessuno ha acqua per bere, cucinare, lavare. Il regista Kalimbetov svela un mondo sconosciuto agli occidentali, nel quale l’acqua non può essere data per scontata. Lo stile è semplice ma incisivo, le scene prive di dialogo, visivamente ad un crocevia tra il lavoro di Bert Haanstra e quello di Mohsen Makhmalbaf. Il film osserva un anziano uomo e suo figlio che scavano un pozzo cercando l’acqua nel deserto. E’ un antico mestiere che oggi sta scomparendo.

Toraniyaz Kalimbetov
E’ nato a Nukus, Karakalpakistan nel 1954. Nel 1976 si è diplomato in regia all’Istituto di Teatro e Arte di Tashkent. E’ regista e sceneggiatore di oltre 20 film. I suoi lavori: The Poet’s Monologue (1989), Warm of Your Hands (1994), Mother (2000), The Horses’ Healer (2001), The Well (2003), Jurt (2003), Steppe Stradivary (2003), Sculptor (2004). Ha partecipato a diversi festival internazionali. E’ stato vincitore del primo e secondo Festival di Bukhara nel 2000-2001. Il film The Well ha ricevuto il Mikeldi de Plata Documental dalla Giuria Internazionale alla 46° edizione del Festival Internazionale di documentari e cortometraggi di Bilbao. Attualmente lavora come direttore dell’agenzia "Karakalpakkini".

 

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