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L'altra metà del cielo
Chiaccherata sulla condizione della 
donna nella Cina di fine millennio

a cura di Caterina Viglione

 Il tema "donna" è sicuramente uno di quelli più discussi in questi ultimi anni in tutto il mondo, ma in particolar modo nei Paesi in Via di Sviluppo, dove la donna sta salendo alla ribalta da vera protagonista, presiedendo a due attività sociali di fondamentale importanza: la procreazione e la cura della famiglia.

Se confrontata con molti altri Paesi in Via di Sviluppo, la condizione della donna cinese è indubbiamente tra le migliori. Il governo ha emanato delle leggi che la tutelano, garantendone emancipazione e autonomia. Anche se a livelli ancora molto bassi, le donne stanno facendo la loro comparsa anche in politica.

Tuttavia, nonostante gli sforzi del governo, in particolare nelle aree rurali, le conseguenze dei maggiori problemi sociali ricadono principalmente sulle donne e sui bambini. Basti pensare alla sempre crescente disoccupazione.

In una relazione del governo sulla condizione femminile si legge:

"... Non è cosa da poco trasformare in realtà quell’uguaglianza legislazionale ormai acquisita. A questo proposito, la Cina sta attualmente affrontando le seguenti difficoltà: alcuni dipartimenti, regioni e unità, a vari livelli, preferiscono ancora gli uomini alle donne quando devono assumere studenti, lavoratori o nell’assegnare promozioni. Alcune imprese, in particolare private, /.../, sono ancora carenti nel garantire pari opportunità lavorative. La vita matrimoniale e i diritti personali di certe donne sono violati e si stanno diffondendo nuovi mali sociali e attività criminali. Inoltre, ancor oggi, nei testi scolastici c’è la tendenza ad ignorare la figura femminile. Secondo le statistiche, su 12 scuole elementari, nei libri di testo c’erano 93 personaggi di cui 82 uomini e solo 11 donne...."

A quest’ultimo proposito vale la pena aggiungere che queste 11 donne sono tutte madri-mogli modello, ottime patriote, figure insomma stereotipate che assomigliano sempre meno alle donne di oggi.

Le donne in Cina sono il 50% circa della popolazione, troppe per sottovalutarne l’enorme potenziale.

Se è vero che esse risentono molto più degli uomini della disoccupazione e degli altri problemi sociali, in realtà i 2/3 dei lavori produttivi sono svolti proprio da donne, con un guadagno che è, però, pari solo a 1/110 di quello maschile e con il possesso di appena 1/100 di quanto posseggono gli uomini. Una forza produttiva non trascurabile, dunque, anche se ancora soggetta a discriminazioni e violenze.

Le vittime più vittime sono, come è facile dedurre, le bambine. Si è sentito spesso parlare di certi orfanotrofi- carcere (ne stanno nascendo anche di nuovi ed esemplari) pullulanti perlopiù di bambine. Perché rifiutare una bambina? Perché abbandonarla o ucciderla (perché purtroppo capita anche questo!)? Ancora un pesante retaggio da superare, pregiudizi da eliminare.

Le donne cinesi stesse ne stanno diventando consapevoli. Si associano, si interessano di problemi sociali, politici e persino ambientali, si dedicano alla ricerca. Ricordiamo che esiste un rigido sistema entro cui operare, ecco allora che organizzazioni come la All China Women’s Federation e la National Women’s Studies Association, riconosciute dal governo centrale, sono le più influenti. Ma anche gruppi autonomi, perfino di femministe, stanno sgorgando ovunque, in particolare nelle grandi città.

In fondo, però, la donna è ancora essenzialmente moglie, devota alla famiglia e alla casa, e madre, attenta alle direttive del governo e ai bisogni della prole.

Quanto all’immagine ufficiale di come deve essere una madre, basti leggere una poesia del giovane Sun Daorong, dal titolo "I miei genitori mi amano più di loro stessi" e tratta da una raccolta di componimenti scritti da studenti universitari contemporanei.

I miei genitori mi amano più di loro stessi
Spesso dicono alla gente
questo è nostro figlio,
fa l’università a Shenzhen
e mentre parlano
il volto si colora
alzano gli occhi verso il sole
come se guardassero il figlio
I miei genitori mi amano più di loro stessi (...).
La mamma
non va più a teatro,
dice che non vede più bene
che non ci sente
che in fondo
sono solo favole,
che non è poi così interessante,
mentre prima, per un’opera
avrebbe fatto più di dieci li a piedi;
ma io so che è
per permettermi di andare
all’università.(...)
I miei genitori
mi amano più di loro stessi.(...)

La maternità e i legami madre-figlio non si possono liquidare dicendo che le mamme sono mamme ovunque. I rapporti familiari sono estremamente complessi in Cina ed hanno un peso estremamente rilevante nella vita di un individuo.

A partire dalla nascita ci si rende subito conto che non è ugualmente rosea per tutti. Un bambino maschio sarà vanto per la famiglia, una bambina certamente non altrettanto. Sintomatici a questo proposito due detti cinesi: "Un figlio maschio è come legna da ardere, una figlia femmina è solo una perdita (monetaria)", "Una figlia porta danno per tre generazioni".

Parlando di donne cinesi bisogna abituarsi a una duplice visione: da un lato molto positiva - le donne sono adorate e adulate - dall’altro negativa, in quanto le donne sono considerate inferiori e molto peggiori degli uomini.

La Repubblica Popolare Cinese aveva garantito fin dai suoi albori (1949) la parità tra uomini e donne, pari diritti al lavoro, alla proprietà e all’istruzione. Più libero il matrimonio, possibile il divorzio e il nuovo matrimonio, anche se molto raro. Le donne, definite da Mao "l’altra metà del cielo", possono e devono fare quello che possono e devono fare gli uomini. Ecco una poesia sulle donne-soldato scritta da Mao:

Lo sguardo attento e impavido,
il fucile di cinque spanne,
alle prime luci dell’alba,
marciano sulla piazza d’armi,
le nuove ambiziose figlie della Cina,
che al belletto preferiscono i fucili.

 Ma nelle Comuni, con la giacca blu, imbevuta dei pensieri contenuti nel Libretto Rosso di Mao, la donna era donna per modo di dire, di femminile le era rimasto solo il privilegio di fare figli, e tanti, per la patria che doveva rafforzarsi.

Ancor meno femminili sarebbero state le Guardie Rosse della Rivoluzione Culturale, quel periodo dal ‘66 al ‘70 che ha visto la Cina sconvolta da un ciclone messo in moto dallo stesso Mao e, soprattutto, dall’ala più estremista e radicale del partito, con l’intento di ravvivare la coscienza politica del popolo cinese; un periodo incontrollato e incontrollabile. Un eccitamento collettivo, un’irrefrenabile violenza che ha lasciato il segno in ogni cinese vissuto anche dopo questi fatti. E le donne parteciparono attivamente, praticando e subendo violenze, creando comitati rivoluzionari, inneggiando all’illegalità, venendo rieducate nelle campagne. Uomini e donne ugualmente, follemente coinvolti in questa rivoluzione politica, ideologica e culturale. Il rifiuto del passato, delle propria cultura, innanzi tutto Confucio, il rifiuto, anche, di quel mondo esterno che si stava pericolosamente avvicinando, per inneggiare a Mao, al suo pensiero, alle masse.

Il tutto si risolverà con un niente di fatto, gradatamente si ritornerà alla normalità, ma con tante cicatrici. Certo l’epoca di chiusura della Cina è ormai finita: la morte di Mao (1976), e ancor più l’epurazione della Banda dei Quattro (1977-78)e l’inizio del governo di Deng, segnano per la RPC l’inizio di una nuova epoca.

Politicamente, da una società chiusa, con un sistema di rigidissima pianificazione, si passa ad una società più aperta, e "legale", in cui opera un’economia sempre più orientata al sistema di mercato. Certo quest’apertura non è stata repentina, ma dal ‘78, sono state progressivamente adottate misure economiche e sociali che hanno reso i contadini responsabili del loro appezzamento di terreno e gli industriali delle loro fabbriche; hanno concesso che i prodotti in eccesso rispetto alla quota da dare allo stato, successivamente sostituita da una tassa in denaro, potessero essere venduti autonomamente, consentendo così una prima forma di ricchezza. Anche sul piano internazionale si è assunto un atteggiamento di sempre maggiore collaborazione. Naturalmente, tali cambiamenti hanno inevitabilmente influenzato i valori socio-culturali, in particolare in seno alla famiglia e nella realtà femminile.

Con il Maoismo, la donna aveva acquisito una dignità maschile, oggi, sta cercando di costruirsi un ruolo di "parte del cielo" interagente con l’altra, complementare ad essa.

Intanto, una sempre maggiore separazione tra pubblico e privato alleggerisce le famiglie e gli individui dal peso dell’influenza politica, e valori più psicologici e culturali caratterizzano i nuclei familiari. Matrimoni più liberi, per amore, per volontà dei coniugi, e l’aumento dei divorzi, testimoniano una maggiore libertà degli individui, favorita da una sempre crescente autonomia finanziaria di entrambi.

La donna lavora, guadagna, ha anche la possibilità di raggiunge-re posizioni di prestigio. Non sono rari i casi di donne-manager di successo, e anche in ambito politico, stanno conquistandosi un loro spazio.

Notevole la differenza tra città e campagna, dove la donna continua a stare in casa, molto spesso è ancora oggi analfabeta, non può occuparsi di altro che della casa e dei figli. L’idea che l’uomo stia meglio fuori casa e la donna dentro, non è ancora scomparsa. Del resto, anche quando lavora, i lavori domestici sono solitamente di sua sola competenza.

Naturalmente, in un sistema di questo genere, alla donna non rimane certo molto spazio per coltivare i propri interessi e ma-gari dedicarsi allo studio. Nelle zone più arretrate, dove molte donne non hanno potuto ricevere un’educazione regolare, dovendosi dedicare alla cura della casa e della famiglia non rimane loro il tempo neanche per seguire quei corsi serali che il governo sta ormai da tempo attivando in queste aree della Cina. L’educazione, l’unico vero strumento che possa consentire un’effettiva uguaglianza tra i due sessi, nonostante le politiche di universalizzazione propugnate dal governo, non coinvolge ancora uomini e donne allo stesso modo.

Fin dall’infanzia, se una famiglia non ha grandi possibilità finanziarie, farà studiare il figlio maschio piuttosto che la figlia. L’importanza che ancora viene attribuita al matrimonio nella vita di una donna fa sì che essa abbandoni gli studi prima di un coetaneo, per sposarsi.

Questi atteggiamenti, potremmo dire tradizionali, di per sè stessi difficili da sradicare, hanno subito un duro colpo da parte di due politiche adottate dal governo con il solo intento di contenere la crescita della popolazione, ma che inevitabilmente stanno già influenzando alcuni atteggiamenti ed abitudini della popolazione.

La prima è la famosissima e assai discussa politica del figlio unico, l’altra è quella che impone limiti minimi di età per sposarsi: 20 per le donne, 23 per gli uomini.

Quanto alla prima, un solo figlio è previsto per le famiglie residenti nelle città, due nelle campagne, se la prima è femmina o se il neonato è portatore di handicap, due per le minoranze ovunque residenti. E’ ovvio che tale politica influenzi l’atteggiamento della gente. Intanto nei confronti del bambino stesso, vero e proprio oggetto di culto, irripetibile gioiello della famiglia, nuovo piccolo imperatore! Ma, ben più preoccupante di atteggiamenti che possono interessare psicologi e pediatri, troviamo, nelle campagne più arretrate, aberrazioni come l’infanticidio che purtroppo, ancora oggi, è uno dei modi per assicurarsi un figlio maschio pur nel rispetto delle leggi. Le conseguenze per coloro che non si attengono scrupolosamente alle prescrizioni governative sono molto dure, da multe in denaro alla perdita del lavoro. Anche se l’aborto terapeutico è praticato e suggerito nei consultori disseminati per tutta la Cina, per garantire la riuscita dell’operazione di contenimento delle nascite e per evitare che l’aborto volontario avvenga per discriminazioni di sesso, la legge cinese prevede che non si possa comunicare alla madre il sesso del figlio. Tale politica del figlio unico, pur essendo stata la sola in grado di contenere con successo un problema che finirebbe con il coinvolgere l’intera umanità, è continuamente discussa in campo internazionale, in quanto limitativa della libertà della donna di gestire la propria ma-ternità. Con molti altri temi di interesse mondiale, se ne è parlato anche nel corso della Conferenza Mondiale della Donna del 1995.

Dal 30 agosto all’8 settembre, 36.000 rappresentanti di più paesi si sono riunite a Huairou, a pochi chilometri da Pechino, per partecipare agli incontri non ufficiali. Erano le Organizzazioni non governative. 18.000 delegate di 189 paesi, invece, dal 4 al 15 settembre, a Pechino, si riunirono per discutere problemi che accomunano le donne di tutto il mondo, valutando come affrontarli e risolverli. Si arrivò ad una Dichiarazione e ad un Programma d’azione orientati essenzialmente a ribadire il diritto alla sessualità basata sulla individualità e sul consenso, il diritto ai valori della religione e alla laicità, il diritto alla maternità come scelta. Sono state sottolineate la necessità di ricerche e statistiche più accurate, e per sesso, di favorire l’autovalorizzazione, la responsabilizzazione e soprattutto la volontà di intervenire nelle politiche amministrative e di governo in modo da dare anche un punto di vista femminile.

Come è stata la partecipazione cinese? Le donne che hanno partecipato erano appartenenti a quella minoranza che ha già una notevole coscienza di sè, delle proprie potenzialità e con una grande voglia di realizzarsi. Chiedendo in giro, in particolare fuori dalle grandi città, molti non sapevano neppure di cosa si trattasse.

Di questa disparità tra città e campagne sono ben consapevoli le organizzazioni femminili che appunto, in supporto alle leggi già esistenti, stanno portando avanti nume-rosi progetti specifici per la soluzione dei problemi maggiori:

Alfabetizzazione delle campagne;

Pubblicazioni femminili per le aree rurali;

Educazione sanitaria: medici ed esperti inviati nelle campagne;

Supporto psicologico: studi e appoggio psicologico per capire e prevenire i sempre più numerosi casi di suicidio femminile;

Aiuto legale: per tutte le donne in difficoltà si è attivato un servizio di consulenza e supporto legale.

Single Club: riunisce le donne sole, residenti in città, permettendo di agevolarle e sostenerle in difficoltà di vario genere.

Home: è un progetto legato al problema dell’abitazione e all’ottenimento del permesso di residenza per quelle donne che cerchino di trasferirsi in città.

La questione dell’abitazione e della residenza, nonchè di tutte le problematiche ad essa connesse, è un grosso problema nella vita dei cittadini cinesi, poichè la burocrazia è estremamente rigida al riguardo. L’alloggio è compreso nel pacchetto salariale di ogni dipendente ad un costo bassissimo, quindi strettamente connesso con l’unità di lavoro a cui si appartiene. Attualmente si sta ritoccando tale politica, a seguito di un nuovo sviluppo dell’edilizia, si cercherà di realizzare nuovi appartamenti da da-re in affitto. E’ ovvio, però, che questo sistema ha influenzato molto la vita delle famiglie,

La donna sottomessa e priva di ogni dignità del passato è ora sostituita da una donna nuova, più colta, più informata, attenta a sè e a ciò che la circonda. Come l’intero paese si dispone positivamente verso l’esterno, così anche lei, la donna cinese del 2000, si avvicina alle donne di tutto il resto del mondo.

Possiamo concludere che si può essere ottimisti per il futuro. Possiamo ritenere che, ora che la donna ha piedi liberi per correre, lo farà nel migliore dei modi, per riscattare tutte le mogli e concubine, suocere, madri e figlie, vissute per secoli entro un sistema che non le ha mai sapute rispettare.


Frammenti d'Oriente, febbraio 1998

 

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