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IL TESORO DELLE LETTERE: UN INTAGLIO DI DRAGHI


Autore Liu Xie
Editore Luni, Milano
Collana Grandi Pensatori d’Oriente e d’Occidente
Prima edizione 1995
Pagine 382
Traduzione (dal cinese) e a cura di Alessandra C. Lavagnino
Titolo originale Wen xin diao long

Nella tradizione cinese Il tesoro delle lettere: un intaglio di draghi costituisce il punto di partenza, fondamentale e imprescindibile, per gli studi di retorica e di critica letteraria. Scritto nei primi anni del secolo VI d.C. da Liu Xie, un letterato - già monaco buddhista e traduttore di testi sacri dal sanscrito - della corte della dinastia meridionale dei Liang, il testo affronta, nei 50 capitoli che lo compongono, tutte le principali tematiche della creazione letteraria, analizzando in maniera sistematica (per la prima volta in Cina) i generi e le forme, i modi e le tecniche della composizione e i fondamenti della creazione artistica.
Quest’opera, prodigiosamente compatta, è tutta costruita intorno alla nozione di wen che è, insieme, "segno", "configurazione", "modello", ma anche "opera scritta", e perciò diviene elemento fondatore di "cultura", e quindi di "civili istituzioni" (in contrapposizione a wu, "la forza delle armi"). In un sapiente equilibrio sono qui mirabilmente intrecciate la confuciana teoria didattico-morale della letteratura con quella individualistico-emozionale di chiara influenza taoista, mostrando come queste due concezioni non siano in disaccordo ma focalizzino due aspetti diversi della riflessione poetica, quello "espressivo" la prima, quello "emotivo" la seconda. In questo modo, ad esempio, Liu Xie descrive il processo della creazione artistica: il mondo esterno, ovvero le "diecimila cose", tocca i sensi dell’autore, che risponde a questo stimolo servendosi di parole. Egli esprime il proprio pensiero per iscritto, attingendo a quell’inesauribile tesoro di sapere che solo la tradizione dei Classici può solidamente fornire. Senza la complementarietà del rapporto tra il sentire - prodotto sempre in risposta a uno stimolo esterno - e il sapere - frutto di costante studio, paziente, apprendimento e accurata scelta dei testi, i Classici - non ci può essere valida opera letteraria, che resista nel tempo e possa essere di insegnamento per i posteri. Liu Xie è infatti il primo a teorizzare in maniera sistematica la nozione di intertestualità, intesa non solo come connessione e intreccio di testi interpretati in chiave diversa, ma piuttosto come risultato di una "naturale coincidenza di alcuni generi e forme con alcuni temi e sentimenti" (va ricordato, peraltro, che l’idea di mimesis è assente dal pensiero letterario cinese, o almeno, non viene mai considerata in maniera sistematica).
È, comunque, la grande fascinazione del segno scritto, il vero trionfo del wen, quello che viene celebrato lungo tutti e 50 i capitoli che compongono l’opera, con tutto il mistero e il segreto delle infinite possibilità combinatorie che l’aggregazione tra i segni consente, e sterminato appare il patrimonio letterario che emerge attraverso la lettura.
La traduzione italiana qui proposta (curata da Alessandra C. Lavagnino, professore di lingua cinese presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università Statale di Milano) è stata interamente condotta in base ai più recenti commenti cinesi e consente, mediante un ampio supporto di note esplicative e di apparati critici, di ripercorrere il labirinto di citazioni e di connessioni intertestuali che fanno di questo testo uno dei fondamenti della tradizione cinese, paragonato, in Cina, alla Poetica di Aristotele.

Liu Xie nacque intorno al 465 da una famiglia di nobile stirpe ma ormai povera; entrato giovanissimo in un monastero buddhista diventa un ottimo traduttore di sutra dal sanscrito al cinese. Il successo letterario arriva in età ormai matura grazie a uno stratagemma col quale presenta il Wen xin diao long al principe ereditario, dispiegando il manoscritto davanti agli zoccoli dei cavalli mentre lo stesso principe passava con la carrozza, al pari di un qualunque venditore di pezze di stoffa. In tarda età si ritirò in solitudine in u7n monastero fino alla morte, avvenuta nel 530 d.C.

 

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