Il paese dell'alcol
Autore MO Yan (莫言 Mò Yán)
Editore Einaudi, Torino
Prima edizione 2015
Titolo originale 酒国 Jiǔ guó (1992)
Traduzione di Silvia Calamandrei
Pagine 363
Note A cura di Maria Rita Masci
N. ISBN 978-8806155155

L’ispettore Ding Gou’er è sulle tracce di un orrendo traffico che consente ad alcuni selezionati ristoranti di offrire ai propri clienti un cibo prelibatissimo: la carne di neonato. Inviato a Jiuguo per verificare la fondatezza delle anonime accuse ricevute in Procura, Ding è costretto a continue libagioni nei banchetti ufficiali a cui è invitato dalle autorità locali, e, obnubilato dai fumi dell’alcol, non riesce mai a capire se quanto gli viene imbandito è veramente carne umana o una presentazione ad effetto frutto della manipolazione di altri ingredienti: le braccine che gli vengono offerte come leccornia si rivelano gambi di fiori di loto abilmente modellati dal coltello del cuoco. Nelle indagini trova antagonisti e compagni, non sempre fidati, e incontra una serie di incredibili personaggi, dalla seducente autista di camion al diabolico nano imprenditore, dal boss locale alla responsabile dell’Accademia di cucina che insegna a cucinare gli ornitorinchi, dal guardiano del Cimitero dei martiri rivoluzionari al venditore ambulante di ravioli, una fantasmagoria di personaggi che spesso sfumano nel fantastico e nel demoniaco. Nei dieci capitoli dedicati all’inchiesta, sono incastonati uno scambio epistolare tra l’autore e un aspirante giovane scrittore esperto di distillazione di alcolici, e un suo racconto breve con personaggi e vicende che rimandano o echeggiano la narrazione cornice: si viene cosí a creare un gioco di specchi tra realtà e finzione in cui Mo Yan finisce per ritrovarsi personaggio nel capitolo conclusivo che non offre né una soluzione dell’enigma né una catarsi, perché i protagonisti e i loro alter ego restano invischiati e presi in trappola, inseguendo le proprie ambizioni e i propri fantasmi e lasciandosi catturare dai meccanismi perversi del potere. Il Paese dell’alcol è forse il romanzo in cui Mo Yan dà la miglior prova di quel «realismo allucinato» che gli ha meritato il Premio Nobel. È un’invettiva contro la corruzione che pervade la società, coltivata dai funzionari al potere ma divenuta una necessità di sopravvivenza per ciascuno, in una Cina che vive uno sviluppo tumultuoso a caccia del successo e del guadagno ad ogni costo.

Mo Yan

Mo Yan, che (in cinese classico) significa “non parlare”, pseudonimo letterario di Guan Moye (cinese tradizionale: 管谟业) (Gaomi, 17 febbraio 1955), è uno scrittore e sceneggiatore cinese. Premio Nobel per la Letteratura nel 2012, nasce nel 1955 da una famiglia numerosa di contadini poveri, a Gaomi, nella provincia dello Shandong. Nel febbraio del 1976 abbandona il povero e isolato paese natale per arruolarsi nell’esercito. Fa il soldato semplice, il caposquadra, l’istruttore, il segretario e lo scrittore. Nel 1997, congedatosi dall’esercito, inizia a lavorare per un giornale. Nel frattempo si è laureato presso la Facoltà di Letteratura dell’Istituto Artistico dell’Esercito di Liberazione Popolare (1984-1986) e ha ottenuto un Master in Studi letterari e artistici presso l’Università Normale di Pechino (1989-1991). Inizia a pubblicare nel 1981.
Fra le sue numerose opere narrative, sono stati finora pubblicati Sorgo rosso, 1994, L’uomo che allevava i gatti, 1997, Grande seno, fianchi larghi, 2002, Il supplizio del legno di sandalo, 2005, Le sei reincarnazioni di Ximen Nao, 2009, Le rane, 2013, Le canzoni dell’aglio, 2014, Il paese dell’alcol, 2015, I quarantuno colpi, 2016, I tredici passi (2019). Delle sue undici novelle si ricordano Felicità, Fiocchi di cotone, Esplosioni, Il ravanello trasparente. Tra i racconti, Il cane e l’altalena e Il fiume inaridito, (pubblicati nella raccolta di racconti L’uomo che allevava i gatti) e Cambiamenti, pubblicato nel 2012 con i tipi di Nottetempo.
Ha anche scritto opere teatrali e sceneggiature cinematografiche come Sorgo rosso, Il sole ha orecchie, Addio mia concubina. Il film Sorgo rosso è stato premiato con l’Orso d’Oro al Festival del cinema di Berlino e Il sole ha orecchie con quello d’Argento. Nel 2005 gli è stato assegnato il Premio Nonino per la sua intera opera.

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