Parlare in cinese “allena” il cervello più dell’inglese

Per ‘allenare’ il cervello, meglio parlare in cinese che esprimersi nella lingua di Shakespeare. Ricercatori britannici hanno infatti scoperto che chi ascolta un discorso in mandarino usa entrambi gli emisferi cerebrali, mentre con l’inglese se ne impiega solo uno. Un risultato che potrebbe aiutare a comprendere meglio i meccanismi alla base dell’apprendimento del linguaggio, ma soprattutto contribuire a svilluppare metodi per re-insegnare alle persone a parlare dopo un ictus o un danno cerebrale. Sophie Scott e i suoi colleghi del Wellcome Trust hanno sottoposto a scanner cerebrale un gruppo di persone che parlavano cinese o inglese.

Così hanno scoperto che il lobo temporale sinistro si attiva quando chi parla inglese ascolta qualcuno esprimersi in questa lingua. Nel caso del cinese, invece, ad ‘accendersi’ sono entrambi i lobi temporali degli ascoltatori. ”Chi parla diversi linguaggi usa il cervello in modo differente per decodificare le parole – spiega la Scott – In questo modo io ho verificato alcune teorie in materia”. Il mandarino e’ notoriamente una lingua ostica da imparare: a differenza dell’inglese e di molte lingue occidentali prevede intonazioni diverse per dare a particolari parole (apparentemente identiche) significati completamente dissimili. Ad esempio, la parola ‘ma’ può significare madre, ma anche cavallo, megera o canapa.

Secondo i ricercatori e’ proprio l’intonazione a rendere necessario l’uso di entrambe le aree del cervello per attribuire a una parola il significato corretto. Il lobo temporale destro, infatti, normalmente e’ associato alla comprensione di musica e toni. ”Sembra che la struttura del linguaggio che impariamo da piccoli – dice l’esperta alla BBC online – influisca sulla struttura del cervello che si sviluppa per decodificare le parole. E non a caso i madrelingua inglesi trovano straordinariamente difficile imparare il mandarino”.

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