Senza parole
Autore ZHANG Jie (张洁 Zhāng Jié)
Editore Salani, Milano
Prima edizione 2008
Titolo originale

无字 Wú zì  (2001)

Traduzione di Maria Gottardo e Monica Morzenti
Pagine 315
Note
N. ISBN 978-88-6256-341-3

Il libro più importante della cultura cinese, il Daodejing (Il Classico della Via e della Virtù) comincia così: «L’amore più grande lascia senza parole». In questa frase è racchiusa tutta la forza di un sentimento che travolge l’anima e che spesso la prosciuga al punto da inaridirla per sempre; o che al contrario la riempie al punto da traboccare, cancellando la ragione e lasciando la persona in balia della sua forza, come un fuscello nel vento. Quell’amore inesprimibile ora è qui, nelle pagine di questo romanzo: uomini e donne in balia dei propri sentimenti, che vivono le proprie vite uniti e divisi da vicende e passioni; e sullo sfondo un paese immenso, antichissimo, dalla civiltà ricca e complessa, che è cambiato con inaudita rapidità e violenza nello spazio breve di un secolo. Senza parole ha il respiro profondo dell’epoca che racconta; la storia del Novecento, quella che ha cambiato volto e anima al mondo intero, che ha trascinato la Cina e i suoi figli in una modernità senza scampo, costata incredibili sofferenze. E ha il sapore del quotidiano nei suoi personaggi grandi e piccoli, meschini e veri, pieni di debolezze e capaci di straordinari eroismi. È un affresco memorabile che rimanda alla grandezza del Dottor Živago di Boris Pasternak, leggero e potente, un capolavoro in ogni pagina; un mosaico fatto di storie individuali e collettive, ricomposto, ricostruito e offerto alla memoria e al futuro.

Nata nel 1937 a Pechino dove risiede tuttora, Zhang Jie è tra le voci più note e acclamate della letteratura contemporanea cinese. Con Senza parole ha ottenuto un gran numero di riconoscimenti, in patria e all’estero. Membro onorarlo dell’American Academy and Institute of Arts and Letters, ha vinto nel 1989 il Premio Letterario Internazionale Malaparte. I suoi lavori sono tradotti in inglese, francese, tedesco, russo, danese, norvegese, svedese, finlandese olandese e italiano.
Nel 1981, Zhang Jie pubblicò il romanzo Chenzhong de chibang, 沉重的翅膀 (in inglese Heavy Wings) incentrato sul tema della modernizzazione dell’economia cinese e su come sia possibile portare avanti le riforme economiche necessarie all’avanzamento della Cina senza che venga attuata, allo stesso tempo, una riforma politica; tale opera le valse il premio Mao Dun nel 1985[8].
L’intero percorso creativo che ha portato Zhang Jie ad affrontare così spesso il tema della figura femminile in tutte le sue sfaccettature – in quanto madre, figlia, moglie e donna – ha avuto il suo culmine con il romanzo, primo di una serie di tre, Wuzi 无字, pubblicato nel 2002 e tradotto in italiano con Senza Parole, che le è valso il suo secondo premio Mao Dun oltre a numerosi altri riconoscimenti internazionali.

Pagina dedicata su Wikipedia

Un mosaico di passioni e parole
di Francesco Sisci
«L’amore più grande lascia senza parole».

Il titolo di questo libro è tratto da una citazione dalla Bibbia della cultura cinese, il Daodejing (Tao te ching), il Classico della Via e della Virtù, e fa i conti con un secolo di storia che ha schiacciato quella cultura come un rullo compressore, che ha cambiato la Cina per sempre. Come Laozi, l’autore del Daodejing, diceva che della Via non si poteva parlare e su questo scriveva un trattato, così Zhang Jie dice che non ci sono parole per la vita della gente del secolo scorso, e su questo scrive un romanzo impetuoso. È profondamente taoista, intimamente cinese, contraddittorio, contorto, ironico e vero.

Senza parole racconta le storie di persone che si incontrano e rincontrano – figli, madri, spose, amanti – lungo i cento anni in cui il Paese è passato dal medio evo alla fantascienza, senza soluzione di continuità. È un romanzo splendido dai personaggi memorabili, avvincente come un giallo, appassionante e leggero come un poema.

Ma in realtà, in questo libro di ‘romanzato’ non c’è niente.

Zhang Jie ha conosciuto le persone, ha vissuto la vicenda e racconta quello che ha sentito e sente nelle ossa: la storia viscerale come nessun’altra di quella Cina, del partito comunista e nazionalista, di uomini e donne, della guerra fratricida che hanno combattuto, della rivoluzione vissuta e sofferta, di qualcuno che si è perso per strada, è passato dall’altra parte, di come tutti ne sono usciti feriti, straziati, mutilati nel corpo e nella mente.

Tutto è successo perché la grande Storia si è rovesciata sugli individui come una cascata, disperdendosi in mille rivoli, mille casualità che hanno determinato e condizionato le scelte di ciascuno; esseri umani dagli ideali confusi ma privi di ideologie, con grandi passioni, grandissimi amori. I membri del partito comunista o nazionalista non erano «comunisti» o «nazionalisti»: volevano salvare la patria dai corrotti, dagli invasori stranieri, ma diversamente da tanti loro compagni europei non si battevano per il paradiso in terra. Era un’altra storia.

L’utopia arrivò dopo, frutto di una ubriacatura collettiva, quando il Partito comunista cinese aveva vinto da tempo. Prima c’era solo la battaglia con una storia che inesorabilmente metteva il Paese in ginocchio, una storia dove l’occidente imponeva valori, pensieri, idee, abitudini, sentimenti, modi di mangiare, di amministrare il corpo e la mente del tutto diversi dalla tradizione.

Senza parole è stato premiato in Cina come nessun altro romanzo contemporaneo, quasi un’ammissione collettiva, da parte della classe dirigente, che è tutto vero, che questo libro raccoglie tutti, e tutti vi si riconoscono. La Cina nel suo profondo è stata corrotta, patriottica, con voglia di rinnovarsi e di conservare, fedele o ostile a Mao, innamorata e leale al suo orgoglio, alle sue persone, ma non ideologica nel senso nostro, occidentale, di questa parola che noi e non loro, cinesi, abbiamo coniato.

E dunque, per capire cosa è davvero la Cina di oggi bisogna cominciare da qui, da questo libro. È la tragedia di un popolo che si è detto ‘comunista’ senza esserlo e sapendo di non esserlo; perché questa e altre parole non esistevano, ma sono state tradotte, svuotate della loro tradizione occidentale.

‘Comunista’ era il presente che distruggeva il proprio passato, temendolo come fosse un dio che divora i suoi figli, ma senza avere un’idea precisa, scientifica, del proprio futuro; era la Cina che correva verso la ‘modernità’ piena di spavento, senza un piano, con la pancia piena di pensieri aggrovigliati come vipere in un cesto.

Tutto questo è accaduto nel secolo scorso, in un massacro sistematico di famiglie, valori, tradizioni, sentimenti, affetti e persone in carne e ossa. È stata l’ecatombe immane di una storia millenaria. In questo volume si sentono le grida delle persone, le urla delle anime che cancellano ciò che è scritto e lasciano senza parole. Come un amore; come l’amore che cerca poi mille ragioni per giustificare i palpiti accelerati del cuore, il groppo alla gola, il pianto stretto e ingoiato nello stomaco, come fosse un boccone mal digerito.

Qui la storia tutta cinese diventa piccola e nostra, la storia eterna di quello che è andato storto, di tutto quello che poteva essere e non è stato. Come si può rinascere da tanta distruzione? Dalla fine di un mondo, dal crollo del cielo, dalla morte del sole? Ma siamo qui, leggiamo, siamo vivi, ce l’abbiamo fatta. E quel mondo che è finito, quegli affetti, sono in queste pagine, li abbiamo nel cuore, senza parole o con tutte le parole del romanzo. Perché questo è il passato recuperato, scavato pezzo a pezzo come un vaso antico in un sito archeologico. Zhang Jie ricompone il mosaico, ricostruisce il vaso, recupera la storia e la memoria e li offre per il futuro, perché la Cina e nessun altro in futuro distrugga tanto e con tanta ferocia.

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